I segnali di novità che il nuovo governo, presieduto dal sen. Monti, sta inviando nei suoi pochi mesi di vita sono ricorrenti e da non sottovalutare. Nel campo del risanamento finanziario, primo banco di prova in questi drammatici frangenti, ma anche in quello dell’etica pubblica e del dialogo con le forze sociali e con lo stesso Parlamento. Per quanto ci riguarda come parlamentari, la sensazione è quella di uscire da un incubo, da una condizione, prolungatasi per gli anni di questa legislatura, nella quale un’autonoma attività parlamentare era stata di fatto cancellata, in nome di una governabilità che aveva ridotto la più alta istituzione della repubblica ad una sede di ratifica e a una platea di propaganda..
Qualche novità, soprattutto di metodo, si percepisce anche nel campo delle politiche emigratorie. Il Ministro Terzi, tra i suoi primi atti, ha congelato il programma di ulteriore chiusura dei consolati, si è incontrato con il Presidente dell’INPS per valutare la possibilità di una migliore collaborazione con l’istituto previdenziale sul tormentato tema della previdenza per gli italiani all’estero, si appresta, forse, a riannodare il dialogo con il CGIE dopo le drammatiche rotture dell’era Mantica. Da parte dello stesso governo, poi, si è manifestato almeno un atteggiamento di ascolto nell’incontro richiesto dagli eletti all’estero con il Sottosegretario Catricalà, senza tacere che nel cosiddetto “Salvaitalia” si è risentito finalmente qualche accenno all’esigenza di puntare su una rinnovata internazionalizzazione per uscire dalla crisi che ci stringe.
Nei momenti di più grave necessità è un bene che ognuno sia chiamato a fare la sua parte e che le energie si uniscano per reggere meglio al terribile urto delle difficoltà. E tuttavia, la disponibilità e la buona volontà rischiano di non bastare. La destrutturazione del ponte che si era costruito con tanto lavoro tra lo stato italiano e le comunità all’estero è andata tanto avanti che non basteranno pochi atti di buon senso per riattivare un circuito virtuoso, come se niente sia accaduto. Tanto più che le risorse disponibili restano così limitate e il tempo che resta fino alla fine della legislatura è così breve che non è possibile sperare nei miracoli.
E allora? Monti ha detto ripetutamente che vuol caratterizzare il suo metodo di governo con un approccio realistico ai problemi sul tappeto. Bene, è la strada giusta. Ma dovrebbe diventarla anche per gli italiani all’estero. I segnali sono importanti, ma i fatti lo sono ancora di più. E di cose da fare ce ne sono fin troppe. Tanto per capirci: la Cassazione ha sancito che i discendenti di donne che in passato hanno perduto la cittadinanza per matrimonio con stranieri possono chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana. Tutti d’accordo, ma allora perché non si fa una leggina per rimuovere gli impedimenti amministrativi?
L’offerta di lingua e cultura italiana nel mondo, una delle leve strategiche per una nuova internazionalizzazione, è ormai sotto i livelli di guardia. E’ illusorio pensare che quello che si distrugge oggi, possa rinascere d’incanto domani. Per tenere la barca almeno in linea di galleggiamento ci vorrebbero appena 10/15 milioni per reintegrare il minimo indispensabile. Sarebbe questa una cifra capace di fare affondare il bilancio dello stato italiano?
Rai International è stata svuotata della sua funzione specifica perché ha dovuto pagare non solo la restrizione delle risorse destinate al servizio pubblico ma anche i tanti sprechi di mamma RAI. Non si potrebbe cercare di ridurre almeno in parte gli sprechi e di conservare la produzione mirata per le comunità? Nel giro di un paio d’anni sono saltate le convenzioni sanitarie per gli italiani indigenti in America Latina e migliaia di nostri connazionali rischiano, letteralmente, di non avere l’essenziale per sopravvivere. Anche la vita degli uomini è soggetta ai tagli lineari?
I pensionati italiani si vedono richiedere somme insostenibili per indebiti non richiesti ma incautamente erogate da chi doveva controllare. Nonostante il salto di regime nella tassazione della casa, il fatto che degli italiani all’estero debbano pagare per una casa in Italia, che usano qualche settimana all’anno, come tutti gli altri continua ad apparire come una cosa non giusta. I cittadini che lavorano all’estero per l’amministrazione italiana a contratto locale non vedono migliorare il proprio salario da una decina d’anni e ogni anno debbono strappare il diritto alle detrazioni per carichi di famiglia. Agli stessi non si riescono ancora ad assicurare i diritti sindacali che sono riconosciuti a qualsiasi altro lavoratore.
Convenzioni bilaterali in materia di diritti sociali e di regolamentazione del trattamento fiscale non si rinnovano da decenni o non si mettono in cantiere. Altre, pur rinnovate, non si ratificano.
La legge sul voto per corrispondenza, che soddisfa la fondamentale esigenza di poter esercitare il primo dei diritti di cittadinanza, quello di voto, può essere messa in sicurezza, praticamente a costo zero, solo che lo si voglia. COMITES e CGIE sono orami esangui per l’eccessivo protrarsi di un impegno basato sul volontariato. Basterebbe rinnovarli con le leggi esistenti. I soldi sono in bilancio, che si aspetta?
Potrei continuare, ma non per fare l’elenco della spesa. L’ho detto prima: il tempo è poco e le risorse limitate. Si tratta, allora, di scegliere. Di valutare, in dialogo tra Parlamento e Governo, ascoltato il CGIE, quale sia la selezione più giusta da fare, quali cose considerare prioritarie e quali proiettare in un tempo più propizio.
I segnali di discontinuità vanno bene, ma ora si tratta di fare presto per chiudere questa legislatura horribilis con qualche atto di discontinuità. Per riaprire, tra le nostre comunità, la speranza che si possa riprendere il cammino e che dell’Italia ci si può ancora fidare.
*deputato Pd eletto nel Nord e Centro America
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