Pochi giorni bastano per riempire l’edizione odierna di notizie che hanno a che vedere con la nostra comunità e sulle quali potremmo e dovremmo dibattere ampiamente con spirito aperto. Per fare solo un elenco parziale delle notizie che ci riguardano e che trovano spazio nella TRIBUNA ITALIANA di questa settimana: “Amparo” sul pagamento in pesos delle pensioni italiane, presentato dal Comites; Premio Fontana; Buenos Aires celebra Italia; celebrazione, venerdì prossimo della Festa di Colombo; la lettera del prof. Romano Martinelli sulla scomparsa della collettività; le numerose manifestazioni organizzate per la Settimana della Lingua Italiana nel mondo; la proposta del sen. Malan per modificare l’esercizio del voto all’estero; i Giochi della Gioventù.
Come si vede un elenco lungo, non esauriente, variegato, con tanti argomenti diversi sui quali non è possibile un commento approfondito, ma una semplice traccia su cui il dibattito potrebbe svilupparsi.
Facciamo il caso dell’ “amparo” presentato dal Comites di Buenos Aires. Una iniziativa lodevole, che segue e si unisce ad altri ricorsi presentati dal Difensore civico della Città di Buenos Aires, dal Maie e da privati cittadini, finora senza successo. Valeva la pena che il Comites ne presentasse un altro? Si tratta di una semplice mossa politica per salvare le apparenze, mentre off the record tanti consiglieri si dicono stanchi e stufi di dover continuare a far parte di un organo decaduto da quattro anni?
Facciamo il caso delle numerose manifestazioni organizzate in occasione della Settimana della Lingua italiana nel Mondo. Sono tante, in tanti posti, presentate da vari enti e istituzioni. Si ha l’impressione però, che manchi un coordinamento per rendere più efficace ed incisiva la mole di proposte presentate, perché arrivi a un pubblico più ampio e abbia una eco più diffusa nei media locali. Ma la famosa proposta di fare sistema, che le autorità diplomatiche propongono ogni volta che si presentano, per adesso sembra solo una bella frase, ma non l’espressione di una volontà di aprire un dialogo con le diverse espressioni della collettività per cercare minimamente intese e coordinamento.
“Buenos Aires celebra Italia”, la bella festa promossa dal governo della Città di Buenos Aires, si è svolta domenica scorsa con un bel successo di pubblico. Tema da proporre al dibattito è se è sufficiente presentare una trentina di stand, la maggior parte dei quali offrendo folklore e gastronomia, fatti con tanta passione ed entusiasmo, ma che incollano l’immagine della nostra collettività solo a quei due tradizionali aspetti. Ma non siamo molto di più? In duecento anni di Argentina gli italiani hanno solo fatto salumi e ballato tarantelle in questo paese? In questo senso è stata lodevole l’iniziativa dello stand dei Marchigiani che proponeva una serie di fotografie antiche delle opere dell’arch. Francesco Tamburini, autore, tra l’altro, del progetto originale del teatro Colon, dell’attuale assetto della Casa Rosada, dell’attuale “Colegio Nacional Mariano Acosta”, tutti gioielli del patrimonio edilizio della Città di Buenos Aires (ce ne sono tanti altri) di cui tanti “porteños”, turisti e appartenenti alla nostra collettività ignorano “la firma”. Ma c’è anche presente e futuro nel contributo dato dalla nostra collettività e questi aspetti erano praticamente assenti. Forse per l’edizione dell’anno venturo si potrebbe proporre un dibattito sulla convenienza o meno di presentare solo folklore e gastronomia.
I Giochi della Gioventù, organizzati da quasi tre decenni dal delegato del Coni in Argentina, l’ultimo fine di settimana ha convocato, come nelle edizioni precedenti, migliaia di ragazzi di scuole e associazioni, sotto tre bandiere: l’argentina, l’italiana e la bandiera del Coni. Un appuntamento che ogni anno semina nei cuori di circa quattromila ragazzi provenienti da tante città dell’interno dell’Argentina (e anche di altri paesi quali Cile e Uruguay, o altri presenti in passate edizioni), l’emozione di un fine di settimana gareggiando, condividendo, conoscendo il sapore del successo o della sconfitta nel nome dello sport. Riuniti nel nome dell’Italia. Una importante esperienza, di successo, che rimane isolata nell’anno. Non sarebbe possibile svilupparla ancora di più perché abbia un’eco maggiore?
Romano Martinelli, docente della Dante di Buenos Aires, collaboratore del nostro giornale, si chiede in una lettera (…) se esista ancora una collettività oppure se sono rimasti solo alcuni italiani, ma la collettività non c’è più. Difficile non dargli ragione. Specialmente quando constatiamo quanto sia ininfluente nella società o tra le autorità locali, o assente nei media argentini e italiani (d’Italia), la nostra collettività. E a dimostrarlo stanno le piazze chiuse alle nostre richieste di celebrare Colombo, l’assenza di autorità locali negli eventi, anche importanti dal punto di vista della presenza numerosa di pubblico, o la mancanza di consapevolezza di quanto hanno fatto gli italiani in questo paese in gran parte della società argentina. Oppure i cliché con i quali continuano a descriverci in Italia.
Su questi e su tanti altri argomenti (per fare altri pochi esempi: turni per i servizi consolari; futuro della cittadinanza italiana dei nostri discendenti; voto degli stranieri in Argentina; proposta di modifica della legge sul voto degli italiani all’estero; futuro delle scuole e dell’insegnamento dell’italiano in Argentina) ci vorrebbe un dibattito, ma sembra non esistere la volontà di incontrarsi e dialogare, a scambiare punti di vista, ad ascoltare le proposte altrui. In fondo ci manca la consapevolezza delle nostre radici e un progetto per valorizzarle e rendere utili i valori che le accompagnano. E’ vero che alcuni sono impegnati a organizzarsi per le prossime elezioni (se ci lasceranno votare), ragion per cui hanno poco tempo per occuparsi di queste cose. Ma tutti gli altri?
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