Per affrontare il tema che riguarda i Comites e il loro rinnovo (le elezioni dovrebbero tenersi entro la fine di quest’anno), parto dalle conclusioni finali dell’intervento dell’On. Marco Fedi, Pd, pubblicato nei giorni scorsi su ItaliaChiamaItalia: “Spero non ci si debba pentire di aver imboccato la strada del rinnovo e non quella della riforma, forse più complessa e sicuramente più lunga, che ci avrebbe consentito di rivedere radicalmente il sistema della rappresentanza dopo la riforma costituzionale. La risposta è già nell’aria”.
Fedi, che ogni tanto riesce ad essere intellettualmente onesto, a differenza di alcuni suoi compagni di partito accecati dalla partigianeria, ci regala queste sue riflessioni e, a chi sa leggere fra le righe, l’eletto all’estero offre, più che un punto interrogativo, una risposta chiara: abbiamo sbagliato, abbiamo scelto la strada più facile, quella delle elezioni perché sì, e invece sarebbe stato meglio affrontare una volta per tutte la riforma di questi organismi e andare a votare più in là, magari nella primavera del 2015, ma per dei Comites rinnovati, potenziati, più vicini ai connazionali e alle loro reali necessità. Invece, la frittata ormai è fatta.
Questo governo a guida Pd ci ha voluto propinare il rinnovo dei Comites come una grande conquista, una grande concessione che l’attuale esecutivo sta dando agli italiani nel mondo. A parte che di concessione non si tratta affatto, perché è un diritto dei connazionali votare per rinnovare i propri organismi rappresentativi, a noi, semplici osservatori, sembra che quella del governo sia piuttosto una mossa elettorale per accaparrarsi i consensi di quegli italiani all’estero meno informati o di quelli che non hanno il tempo né la voglia di approfondire i temi politici. Va di moda il renzismo? Buttiamoci anche noi su quel carro.
E infatti le elezioni dei Comites ce le danno loro, che sono i più bravi, i migliori: questo il messaggio subliminale – ma nemmeno più di tanto – che il governo ha voluto lanciare al mondo dell’emigrazione. Li abbiamo letti i comunicati stampa dei parlamentari Pd eletti oltre confine, ormai tutti renziani convinti: tutti sdraiati nei confronti del governo, di Matteo Renzi, di un esecutivo che – rivendicano – non abbandona gli italiani all’estero. In realtà la verità è proprio l’opposto: questo esecutivo, più di ogni altro, come abbiamo già raccontato su queste pagine, ha abbandonato a se stesse le comunità italiane nei cinque continenti, tagliando i servizi essenziali e mantenendo le spese superflue. Interpretazione tutta particolare della spending review. Del resto, lo stesso Renzi lo ha rivendicato: Cottarelli indica, ma è il governo che decide. La scelte, dunque, sono politiche, altro che questioni di bilancio.
Fedi, nel suo intervento, scrive: “E’ legittimo pensare che le elezioni per il rinnovo dei Comitati si svolgeranno attorno al 12 dicembre e che quindi la data ultima per la registrazione sarà il 23 ottobre. In questo caso, la prima seduta dei nuovi Comitati per l’elezione del Presidente dovrà svolgersi prima del 1 gennaio 2015”. Il deputato residente in Australia parla di “ipotesi plausibili”, bisognerà vedere quel che accadrà. Già, perché quel che accadrà, in molti casi, non è chiaro fino in fondo nemmeno a quei burocrati della Farnesina, come vi spiegheremo in un prossimo articolo su ItaliaChiamaItalia.
Secondo quanto ipotizza Fedi, tuttavia, ci troveremmo a votare sotto Natale. Una campagna elettorale da portare avanti in prossimità delle feste natalizie, periodo durante il quale – si sa – l’attenzione di tanti va verso i regali, le vacanze, le cene coi parenti, le celebrazioni religiose. Già dei Comites se ne fregano tutti, figuriamoci in un clima natalizio quanto appeal potranno avere sulle nostre comunità. Voi che dite?
Come giustamente ricorda Fedi, questa volta, a differenza del passato, per poter votare bisognerà iscriversi a quel “registro degli elettori” di cui tanto si è parlato anche nel dibattito che da tempo, da troppo tempo ormai, ruota intorno alla riforma del voto all’estero. Chi spenderà il proprio tempo per inviare una mail, un fax, al Consolato di riferimento, con aggiunta una fotocopia del proprio documento d’identità? Pochi, pochissimi. Lo farà certamente chi è più legato ai partiti, alle associazioni, ai sindacati. Ancora una volta i patronati la faranno da padrone. E allora chi eleggerà i nuovi Comites? Saranno davvero le comunità italiane, nel loro insieme, o soprattutto gli addetti ai lavori?
Intendiamoci: personalmente, se volete la mia opinione, condivido l’idea di un registro degli elettori. Non è più possibile inviare schede elettorali a tutti, ai morti e alle persone che hanno cambiato la propria residenza senza comunicarlo; a chi è disposto a vendere la propria scheda, come è successo ogni volta, ad ogni elezione politica, dal 2006 ad oggi. Tuttavia certi punti di domanda rimangono: i Comites saranno espressione della collettività o dei soliti noti?
Queste elezioni dei Comites, se davvero si faranno, puzzano di bruciato fin da adesso. Sembrava che finalmente ci fosse stata data l’opportunità di dire la nostra, attraverso il nostro voto, ma a guardar bene sembra tutto un modo per mantenere lo status quo, per continuare ad avere Comites senza alcun potere, quindi non in grado di difendere come si deve i connazionali che dovrebbero rappresentare, incapaci di contrapporsi con forza a eventuali scelte sbagliate delle nostre istituzioni diplomatiche.
L’argomento è complesso e ci ritorneremo: nelle prossime settimane, nei mesi a venire, in tanti diranno la loro. Ma per noi una cosa è certa: di elezioni così, ne avremmo fatto volentieri a meno.
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