Roma – Il Nord America si tinge di rosa, grazie alle ultime elezioni che hanno consegnato ai democratici di questa ripartizione, per la prima volta, una parlamentare donna. Francesca La Marca spiega a ItaliaChiamaItalia il suo programma e, a proposito delle tematiche connesse al ruolo femminile, ricorda la necessità di un “pieno riconoscimento della facoltà delle donne di trasmettere la cittadinanza, acquisita a livello giuridico ma non ancora a livello amministrativo”.
Onorevole La Marca, quali sono i punti principali del suo programma? Quali sono le prime azioni da realizzare per il settore degli italiani nel mondo?
“Il mio programma elettorale per gli italiani all’estero – spiega l’onorevole a Italiachiamaitalia.it – l’ho costruito ascoltando e dialogando. Il modo come rapportarsi agli elettori, infatti, per me non è una questione di forma, ma di sostanza. Lo sottolineo non tanto perché ho usato questo metodo durante la campagna elettorale, ma perché intendo continuare a muovermi in questo modo, ad interpretare veramente il mio nuovo ruolo come dialogo e servizio. I punti salienti del mio programma sono la cittadinanza, l’incremento degli scambi culturali tra le giovani generazioni, il consolidamento dell’insegnamento della lingua e della cultura italiana, la semplificazione e la sburocratizzazione dei servizi consolari, un trattamento rispettoso e dignitoso dello stato italiano verso le comunità all’estero”.
Come si è avvicinata al Pd e che cosa l’ha spinta a interessarsi della politica italiana come parte attiva?
“I miei genitori sono emigrati in Canada da giovani e l’emigrazione è stata una grande esperienza di lavoro e di solidarietà. In più, nella mia famiglia, che pure si è integrata pienamente nel nuovo Paese, si è sempre mantenuta alta l’attenzione per la vita sociale e politica italiana. Vedere nel Partito Democratico il riferimento più serio e costruttivo per gli italiani all’estero è stato dunque quasi naturale. I valori e il senso di responsabilità nazionale di questo partito mi sono sembrati quelli più coerenti con il desiderio degli italiani all’estero di vedere che l’Italia è ben governata e si muove sulla via del risanamento”.
Lei è alla sua prima elezione, quali sono le sue sensazioni verso il nuovo incarico? Quale opinione si sta facendo del Parlamento italiano in questi suoi primi giorni di mandato?
“La mia prima sensazione, quando ho varcato il portone di Montecitorio, è stata di emozione e di responsabilità rispetto agli elettori che mi hanno dato questo importante mandato. Per un italiano all’estero, poi, che discende da persone che hanno dovuto lasciare l’Italia alla ricerca di lavoro e di miglioramento, ritornarvi per concorrere con tanti altri parlamentari – ‘senza vincoli di mandato’, come dice la Costituzione – per aiutarla a ritrovare il suo cammino in un momento difficile, è una sensazione particolare, molto intensa. Vedere che in Parlamento vi sono tanti giovani che, al di là dei rispettivi orientamenti, sono arrivati con molta energia e voglia di fare, mi porta a dire che sarebbe veramente un peccato se un potenziale così elevato fosse vanificato per opportunismi di partito”.
È favorevole o contraria alla soppressione del Cgie e dei Comites?
“I Comites sono lo strumento diretto di autogoverno e di rappresentanza delle nostre comunità e vanno difesi con convinzione. Semmai, dovrebbero essere dotati di risorse adeguate per potere funzionare, magari rinnovandone le forze con elezioni troppo a lungo rinviate. Il CGIE, a sua volta, è stato e può ancora essere lo strumento di rappresentanza generale e di raccordo delle comunità a livello nazionale e continentale. Con un’opportuna modifica può diventare, ancora di più di quanto già non lo sia, un anello di congiunzione e un soggetto di costante dialogo e collaborazione tra le comunità e i parlamentari”.
Che cosa pensa del riordino della rete consolare? Esistono dei consolati da eliminare o, al contrario, andrebbero ripristinati anche quelli soppressi dal precedente governo?
“Il problema non sono i consolati in sé, ma i servizi che lo stato italiano deve assicurare, con regolarità ed efficienza, agli italiani all’estero, dovunque si trovino. La chiusura dei consolati, finora, ha risposto più a logiche di risparmio che di riorganizzazione e di efficienza. Credo, dunque, che non si debba chiudere nessun consolato senza la certezza che i cittadini non ne soffrano. Semmai, si tratta di riflettere su quelli giù chiusi, anche in Canada, per vedere come corrispondere al diritto che i cittadini hanno nei confronti dell’amministrazione italiana. Per un Paese come il Canada, ma anche per tanti altri di grande dimensione, va prestata anche molta cura ai consolati onorari, che in genere arrivano dove altri non sono presenti”.
Quali sono le problematiche specifiche degli italiani che vivono nella sua ripartizione, il Nord e Centro America?
“Sono quelle a cui ho fatto cenno all’inizio, nelle indicazioni programmatiche. Vorrei, però, che oltre che di problematiche si parlasse di energie e di risorse. Le nostre comunità nella ripartizione nordamericana sono ben integrate e da tempo concorrono alla formazione delle classi dirigenti, del tessuto produttivo, dell’intellettualità di paesi come gli Stati Uniti, il Canada, il Messico, che non sono proprio gli ultimi arrivati. Dobbiamo fare uno sforzo comune perché l’Italia capisca che, prima ancora di dare, può avere molto dagli italiani nel mondo, soprattutto in questo momento di crisi”.
La sua elezione è stata definita da alcuni uno ‘tsunami rosa’ in riferimento al fatto che, per la prima volta, il Nord America sarà rappresentato in Parlamento da una donna. Ritiene che esistano delle problematiche tipicamente femminili, legati al ruolo della donna italiana all’estero, che andrebbero affrontate con un’azione mirata?
“Non solo in Nord America, ma anche nelle altre ripartizioni le candidature femminili sono state apprezzate, ancor più se per la giovane età hanno corrisposto alla domanda di nuovo che si è chiaramente manifestata. E’ un buon segno per le donne, ma è anche un buon segno per la democrazia che in un momento di profondo disorientamento incontra energie fresche e lo spirito di concretezza che le donne portano nel loro impegno. Credo che due segnali importanti possano essere il pieno riconoscimento della facoltà delle donne di trasmettere la cittadinanza, acquisita a livello giuridico ma non ancora a livello amministrativo, e la garanzia che negli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero le quote di genere siano più apprezzate e rispettate”.
Ha già avuto la possibilità di confrontarsi con i colleghi degli altri partiti? Ritiene che potrete collaborare per raggiungere risultati concreti a favore degli italiani nel mondo?
“Le occasioni di incontro e di dialogo con gli altri colleghi sono state ancora poche, ma come ho già detto, le mie sensazioni sono positive. Sono convinta che non appena il lavoro parlamentare entrerà a regime e soprattutto le commissioni entreranno in funzione, si allenteranno certe pregiudiziali propagandistiche e ideologiche e ci si potrà misurare sui problemi concreti, che sono molti e acuti. A quel punto, ognuno dovrà fare la sua parte”.
Lei è figlia di italiani emigrati ed è, quindi, una ‘seconda generazione’. In base alla sua esperienza in Canada, ritiene necessaria una riforma della legge di cittadinanza per le ‘seconde generazioni’ in Italia (ossia i figli degli immigrati presenti nel nostro Paese)?
“Assolutamente sì. Non c’è ragione per cui chi è nato in Italia e frequenta le scuole in Italia non debba essere cittadino italiano a tutti gli effetti. E’ un principio ormai riconosciuto in tutti i Paesi più civili del mondo. Noi emigrati, che abbiamo dovuto fare un faticoso cammino di cittadinanza, sappiamo quanto sia importante essere cittadini come gli altri e quali benefici possano derivarne per il Paese che ci ha accolto. Nei nostri Paesi di insediamento, siamo stati accettati e ospitati, ma nessuno ci ha regalato niente, abbiamo dovuto fare il nostro cammino con il nostro lavoro. Così facendo, però, abbiamo contribuito al progresso e al miglioramento civile del Paese che ci ha ospitato. Riconoscere e integrare, quindi è un grande beneficio per tutti”.
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