Imperversa una strana bufera sul tema del canone Rai. Come per IMU, TASI e TARI vale la pena ricordare che stiamo affrontando un tema che riguarda la situazione specifica di comunità residenti all’estero. Non si tratta di diritti negati. Non si tratta di discriminazione. Per tutti, in Italia e nel mondo, le condizioni sono analoghe.
Purtroppo un errore iniziale che ha alimentato l’idea, sbagliata, che con una nuova procedura di pagamento si potessero escludere i residenti all’estero dal dovere del canone Rai, contribuisce ora ad alimentare una bufera di richieste e analisi fuorvianti.
Il canone Rai è dovuto da tutti coloro che posseggono un apparecchio televisivo. Lo dice la legge e lo confermano numerose sentenze della Corte di Cassazione. L’uso, frequente o sporadico, dell’apparecchio televisivo, non rileva ai fini della norma. La domanda è: possiedi un televisore? Se la risposta è sì, il canone è dovuto. Se la risposta è no, con un’apposita procedura, ogni anno, si dovrà presentare una dichiarazione che consente di non pagare il canone.
Quindi non si tratta, nuovamente, di cattiveria nei confronti dei residenti all’estero. Era già un pagamento dovuto e tale rimane. Forse qualche evasore – con utenza elettrica a suo nome – sarà ora costretto a pagare un canone che prima evadeva.
La domanda è cosa fare. Per IMU, TASI e TARI, le motivazioni per dare una risposta, non ad un diritto negato, ma ad una situazione oggettiva che riguarda i Comuni d’Italia, molti nel meridione, con un ingente patrimonio immobiliare a rischio abbandono, le abbiamo trovate e sono forti. Al punto che la prima equiparazione ha riguardato i pensionati di prestazione estera o in convenzione e stiamo lavorando ad altre soluzioni.
Per il canone Rai la risposta è più complessa. Come qualcuno ha suggerito, forse la risposta potrebbe essere paghiamo meno e paghiamo tutti. Ma come motivazione non è molto forte. Credo possa essere forte un richiamo alla necessità si riconosca nuovamente l’unicità e specificità della condizione di italiano residente permanentemente all’estero, quindi iscritti all’AIRE, che non solo non ha la residenza negli immobili posseduti in Italia ma non usufruisce per la maggior parte del periodo di imposta delle trasmissioni radio-televisive italiane nei suddetti immobili. Inoltre la stragrande maggioranza paga un analogo canone nel Paese di residenza oppure finanzia le reti televisive pubbliche con la fiscalità generale e non riesce a capire i motivi per i quali debba finanziare il servizio pubblico televisivo in Italia visto che non può usufruire di tale servizio. A ciò si aggiunge il fatto che per usufruire del canale Rai Italia nel mondo è necessario pagare un abbonamento.
L’orientamento prevalente, quindi, è di presentare una proposta di legge che preveda una riduzione per i residenti all’estero pari a 50% dell’importo del canone.
*deputato Pd eletto all’estero, residente in Australia
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