Eletti all’estero sì, eletti all’estero no, ne abbiamo piene le scatole. A Roma si parla del futuro degli italiani nel mondo – è giusto che siano rappresentati in Parlamento?, la Circoscrizione estero va abolita o mantenuta?, ma ‘sti parlamentari all’estero servono o no? – mentre i nostri connazionali residenti oltre confine continuano ad avere a che fare con gli stessi problemi di sempre: consolati che non funzionano e che nella maggior parte dei casi sono circondati da un muro di gomma, Comites che hanno l’acqua alla gola, presidenti di Comites e consiglieri Cgie ormai stanchi perchè troppo vecchi e delusi per credere ancora in ciò che fanno, giovani italiani nel mondo che non parlano nemmeno italiano e che si sentono a torto o a ragione sempre più lontani – non solo geograficamente – dal proprio Paese.
E che dire del made in Italy?, delle sue eccellenze mai valorizzate quanto meriterebbero? Intanto quello che viene chiamato “italian sounding” va a gonfie vele, con un giro d’affari che supera quello dei prodotti italiani originali. E nessuno fa niente.
L’Imu è stato l’ultimo esempio di una politica dedicata agli italiani nel mondo fallimentare, a tratti persino punitiva, distante, spocchiosa, del tipo – scusate l’audacia, ma rende bene il concetto – “noi siamo noi e voi non siete un cazzo”. A parlare con alcuni eletti all’estero si legge nei loro occhi un forte sentimento di rassegnazione: “Non ci fanno fare niente, il sistema ci divora e ci imprigiona”. Eppure sono 18 parlamentari, mica pochi: avessero saputo agire insieme, in maniera compatta, avrebbero potuto ottenere almeno qualche risultato. E invece niente, non ci sono mai riusciti.
E così a smenarci sono sempre quei poveri dimenticati degli italiani all’estero. Del resto, mentre deputati e senatori eletti all’estero possono permettersi di pagare due, tre, quattro volte l’Imu, e mentre alcuni di loro con i soldi destinati ai collaboratori parlamentari si sono addirittura comprati casa nel proprio Paese di residenza, i pensionati italiani che vivono fuori dallo Stivale dovranno probabilmente vendere la propria abitazione nel BelPaese, non essendo in grado di pagare tasse così alte. E ci perderà tutta l’Italia, e la spinta economica al settore turistico, alimentato anche dai nostri connazionali che vorrebbero trasmettere il legame con le radici anche alle nuove generazioni: perché nella loro bella Penisola e nei paesi d’origine non torneranno più; preferiranno altre mete per le loro vacanze, e vorranno dimenticare di essere stati di fatto derubati dal proprio Paese. Derubati non solo della propria casa in Italia, ma dei ricordi, dei sentimenti, delle emozioni che quella proprietà, spesso modesta, suscitava in loro.
E poi ci sono tanti altri piccoli e grandi problemi pratici che affliggono gli italiani nel mondo e ai quali nessuno degli eletti all’estero ha mai pensato: non si capisce, ad esempio, perché la valigia di un italiano all’estero debba pesare al massimo 20 chili, quando prende un aereo, se l’italiano nel mondo ogni volta – o quasi – che si sposta, si porta dietro la casa. Possibile non si riesca a stringere degli accordi con alcune compagnie aeree per fare in modo di portare questo limite almeno a 30 chili per tutti coloro che sono iscritti all’Aire? Possibile non si riesca a pensare all’iscrizione all’Aire come a una “carta dei diritti”, per fare in modo di incentivare l’iscrizione degli italiani all’estero, altrimenti spaventati, visto che una volta iscritti perdono pure l’assistenza sanitaria in Italia? Proviamo a riflettere un attimo: perché un italiano all’estero dovrebbe iscriversi all’Aire?
Rischio di annoiare i lettori, ma la verità è che ci sarebbe tanto da fare e invece è stato fatto così poco di concreto dal 2006, ovvero da quando esistono 18 parlamentari eletti all’estero a Roma. Per non parlare della situazione che riguarda i partiti: talmente presi a risolvere i loro problemi interni, che si ricordano di quelli dei cittadini soltanto in prossimità delle elezioni. Figuriamoci quanto possano interessare alle forze politiche tradizionali gli italiani nel mondo! Fare di tutta l’erba un fascio è sempre sbagliato, ma non c’è futuro per gli eletti all’estero se le cose non cambieranno.
Forse solo una grande forza compatta che rappresenti in Parlamento unitariamente gli italiani residenti nei cinque continenti, potrebbe raggiungere – il condizionale è d’obbligo – almeno alcuni di quegli obiettivi per tanto tempo perseguiti, ma in realtà mai conquistati. Non sappiamo se questa grande forza in grado di dare sviluppo concreto ai desideri dei connazionali oggi esista, meno ancora possiamo sapere se esisterà domani: certo è che all’estero qualcuno si comincia a muovere, gli italiani nel mondo in generale, e ancor di più quelli che partecipano attivamente al dibattito politico di ogni giorno. E stanno sognando, sogni che potrebbero diventare progetti per poi trasformarsi in realtà. E chissà che oltre confine non nasca un unico Movimento compatto che sappia resistere al sistema, a quel sistema malato che alcuni eletti oltre confine usano come facile alibi per giustificare il loro dolce far niente.
ricky@italiachiamaitalia.com Twitter @rickyfilosa
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