L’ultima ricerca del Centro Studi e Ricerche IDOS sulle collettività italiane nel mondo, a cura di Franco Pittau e mons. Silvano Ridolfi, è dedicata all’emigrazione italiana in Australia.
La prima parte dello studio, dedicata all’evoluzione dei flussi migratori, è stata pubblicata il 1° maggio sulla rivista online “Dialoghi Mediterranei”, dove il 1° luglio apparirà la seconda parte, che si soffermerà sulla situazione attuale e sulle prospettive dell’emigrazione italiana in Australia.
La ricerca auspica l’introduzione di politiche innovative che consentano di dinamizzare i rapporti tra il nostro capitale sociale all’estero e gli Stati ospitanti, spianando la via a benefici economici, culturali e sociali.
Quella dall’Italia verso l’Australia è un’emigrazione di lunga data, che parte dall’inizio dell’Ottocento: a emigrare per primi furono, infatti, i missionari per la predicazione agli aborigeni. Tuttavia, tra chi sbarcava in quella terra, in pochi sceglievano di radicarsi, scoraggiati dalla fredda accoglienza riservata a chi non era un wasp, cioè bianco, anglosassone e protestante (fatta eccezione per gli irlandesi, la collettività più numerosa dopo quella inglese).
Nella seconda metà del Novecento, gli italiani sono arrivati ad essere la terza collettività estera più numerosa. Solo una parte di loro preferì rimpatriare, mentre la maggioranza, superando le difficoltà linguistiche e i problemi sociali, si insediò stabilmente e diede inizio alla collettività italo-australiana che, tra cittadini e oriundi (la componente più numerosa), conta un milione di persone su un totale di 25 milioni di residenti.