L’On. Fabio Porta, deputato Pd eletto nella ripartizione estera Sud America, è stato intervistato da “Comunità Italiana”. Al centro dell’intervista, firmata da Stefania Pelusi, i temi che più da vicino interessano gli italiani nel mondo, come i servizi consolari, per esempio. Porta ha anche parlato del suo lavoro parlamentare e di quello sul territorio.
“La comunità italiana del Sudamerica è la più grande del mondo”, osserva, “per me è un grande onore rappresentarla in Parlamento, ma anche una grande responsabilità. In questi anni ho viaggiato in tutti questi Paesi e con tutte le comunità italiane ho mantenuto un rapporto costante”.
“Credo che la prima vera e grande rivendicazione di questa collettività è quella di essere riconosciuta e valorizzata; in questi Paesi la presenza italiana non è solo rilevante quantitativamente ma costituisce un nostro punto di forza in tutti i settori: economia, politica, società e cultura. Questi italiani chiedono di essere rispettati, a partire dai servizi a loro destinati, e quindi dal funzionamento dei consolati. All’Italia si chiede più presenza, in tutti i settori: sostegno alle Camere di commercio, al sistema di rappresentanza, alla stampa italiana prodotta in loco e agli scambi culturali, giovanili e universitari e tra le piccole e medie imprese. Infine una grande attenzione alla nuova emigrazione, considerando che sempre più italiani sono arrivati in questi anni in Sudamerica, soprattutto in Argentina e Brasile”.
Tra le difficoltà riferite dagli italiani in Sudamerica ci sono la situazione dei servizi consolari, le prenotazioni on-line, l’emissione dei passaporti e il riconoscimento della cittadinanza. Parallelamente la rete consolare all’estero soffre la carenza di personale e di risorse. Cosa potrebbe essere fatto per migliorare i servizi?
L’Italia deve investire di più nella sua politica estera e nella sua rete consolare nel mondo; dopo anni di tagli stiamo finalmente riprendendo a farlo e in Sudamerica sono riuscito a impedire in questi anni chiusure di consolati in Argentina, Brasile e Venezuela. Adesso si deve fare di più; vanno destinate maggiori risorse ai servizi per gli italiani all’estero, anche perchè questo investimento si tradurrà poi in vantaggi, non solo per l’immagine complessiva del nostro Paese nel mondo ma per il miglioramento e il rafforzamento dei rapporti con gli italiani e i loro discendenti.
Vanno individuate nuove risorse e non dobbiamo limitarci soltanto a chiedere senza individuare soluzioni concrete. E’ quello che ho cercato di fare in questi anni, riuscendo a convincere per la prima volta nella storia d’Italia il nostro governo a restituire ai consolati (e quindi alle nostre comunità all’estero) le risorse che proprio grazie a queste grandi collettività i consolati incassano ogni giorno. Un “circolo virtuoso”, quindi, che migliorerà considerevolmente nei prossimi anni i servizi ai cittadini grazie alle risorse che invece di tornare in Italia rimarranno presso gli stessi consolati: è questa l’unica soluzione concreta per offrire migliori servizi consolari e in questo senso stiamo lavorando in Parlamento grazie a proposte che posso rivendicare con grande orgoglio.
La legislatura sta completando il suo ciclo. Ci potrebbe fare un bilancio del suo mandato? Quali le iniziative che ha promosso? C’è qualcosa che non è riuscito a realizzare?
Nel programma che ho presentato ai miei elettori mi impegnavo a lavorare su questi temi: Cittadinanza e servizi consolari; “difensore civico”; giovani, lingua e cultura, “storia dell’emigrazione” nelle scuole e maggiore cooperazione economica tra Italia e Sudamerica. In tutti questi settori posso dire di avere prodotto risultati importanti e concreti, in alcuni casi già risolutivi, in altri in corso di realizzazione (come nel caso del miglioramento dei servizi consolari e per l’introduzione nelle scuole dell’insegnamento delle migrazioni).
Su quasi tutti questi impegni sono stati approvati in questi anni emendamenti a mia firma e alcune leggi specifiche saranno in calendario nelle prossime settimane. Ho lavorato moltissimo con la rete delle Camere di Commercio italiane nel mondo e grazie a questo lavoro abbiamo per la prima volta ripreso a investire in questo settore. Anche la presenza del governo italiano in Sudamerica, mai così presente come nei due anni della Presidenza di Matteo Renzi, è un risultato di questa inversione di tendenza; l’America Latina è tornata ad essere una priorità nell’agenda del governo italiano, e questo soprattutto grazie al lavoro sviluppato in Parlamento con il sostegno e in raccordo con le nostre grandi collettività.
Anche il Venezuela, Paese del quale mi sono occupato come nessun altro parlamentare in questi anni, è stato seguito in questi anni di crisi con una attenzione e risultati concreti relativamente ai problemi dei nostri connazionali; gli italiani di quel Paese conoscono bene il mio lavoro e sono i migliori testimoni di questo grande sforzo.
Il Brasile sta vivendo un momento di crisi, lei ritiene che questo possa influire sulle relazioni con l’Italia? Come vede le attuali relazioni tra i due paesi? Qual è l’area o il settore in cui si potrebbero intensificare i rapporti?
Le relazioni dell’Italia con il Brasile, un Paese dove vivono oltre trenta milioni di italo-discendenti, non potranno mai dipendere dall’andamento delle rispettive economie, nè dalle rispettive crisi politiche o istituzionali. Sono Paesi destinati ad un rapporto fraterno, in virtù del sangue italiano che scorre nelle vene di almeno un brasiliano su cinque e dell’enorme influenza che l’Italia ha esercitato e continua ad esercitare in tutti i livelli della vita dei brasiliani.
Sul momento di difficoltà e di crisi che attraversa il Brasile di oggi, mi piace citare le parole di una persona alla quale ero molto legato, Edoardo Pollastri (ex senatore e Presidente della Camera di Commercio italo-brasiliana di San Paolo): “Il Brasile è come un treno che in questo momento sta rallentando, quasi fermandosi… Ecco, forse questo è il momento migliore per salire su questo treno; certamente arriverà presto il momento in cui il treno riprenderà a correre, e allora saranno stati fortunati coloro che sono saliti in tempo…”.
Il Brasile è un grande Paese, il prossimo anno ci saranno anche qui elezioni politiche generali e finalmente il popolo potrà esprimersi per eleggere un nuovo Parlamento ed un Presidente della Repubblica che dovranno essere in grado di rispondere in maniera adeguata alla più grande crisi economica, politica e istituzionale dall’inizio del nuovo secolo.
Io e l’Italia facciamo il tifo per il Brasile; sappiamo che in Brasile esistono risorse umane e materiali e tutte le conoscenze le competenze per uscire da questo difficile momento. Ho moglie e figlie brasiliane; anche per questo non posso che essere fiducioso e ottimista. Credo in questo grande Paese; ci hanno creduto nei secoli milioni di italiani e non hanno fatto male e farlo…
La “tassa della cittadinanza” che prevede il pagamento di 300 euro per coloro che richiedono la cittadinanza italiana è stata criticata da una parte della comunità italo-brasiliana, visto che il 30% di queste risorse – destinate a migliorare i servizi consolari – ancora non è stato trasferito ai consolati dal Ministero italiano della Economia. Lei pensa che questo intervento possa risolvere il problema dei lunghi tempi di attesa per il riconoscimento della cittadinanza italiana?
La comunità italiana all’estero non è contraria a collaborare economicamente alla soluzione dei problemi consolari e alla soluzione del problema della lunga “fila della cittadinanza”; la nostra collettività reclama, giustamente, la destinazione di queste risorse ai consolati e chiede quindi l’eliminazione delle lunghe attese. E’ esattamente quello che stiamo cercando di fare; lo sta facendo il governo grazie ad un mio emendamento approvato dal Parlamento su indicazione del gruppo del Partito Democratico. Nelle prossime settimane, finalmente, i consolati riceveranno la prima tranche di queste risorse; il mio emendamento prevede una copertura economica di 4 milioni di euro (quasi 15 milioni di Reais!) e obbliga i Consolati a utilizzare questi fondi per contrattare personale locale dedicato unicamente alla trattazione delle domande di cittadinanza in attesa.
Risolveremo il problema? Io credo di sì, se i soldi arriveranno presto e se i Consoli lavoreranno non solo per contrattare questo personale ma anche per organizzare bene il lavoro di tutto il Consolato in questo senso. Sono certo che lo faranno e tutto il sistema di rappresentanza (dai Comites, al Cgie, ai parlamentari) seguirà da vicino questo lavoro. Sto già lavorando per semplificare e accelerare le procedure per i fondi del 2018; dobbiamo aumentare con queste risorse anche il personale di ruolo, il personale locale con contratto a tempi indeterminato e non solo i cosiddetti “digitatori”.
Dobbiamo poi evitare che i soldi partano dai consolati per arrivare a Roma e poi… tornino nuovamente ai consolati; una perdita di tempo e di risorse inutile. Tutte cose possibili e sui cui sto già lavorando. Ovviamente tutto funzionerà se l’Italia si convincerà finalmente del fatto che investire in questi nuovi cittadini (non solo sui “nuovi passaporti” ma su lingua, cultura e partecipazione) vorrà dire guadagnare in competitività internazionale, migliorando la nostra immagine nel mondo.
Ad aprile il MAIE ha mobilitato i cittadini italiani e gli italo-discendenti per protestare davanti ai consolati di diverse città dell’America Latina. Altre simili manifestazioni verranno organizzate anche da altri movimenti. Como considera queste iniziative?
Tutte le forme di partecipazione democratica, anche le manifestazioni, sono benvenute perchè esprimono la volontà dei nostri connazionali e dei loro discendenti di essere parte attiva nella soluzione dei problemi che li riguardano. Quando anni fa si cercò di organizzare una prima manifestazione per chiedere migliori servizi consolari mi dichiarai subito disponibile a collaborare. Dirò di più: grazie alla “petizione on-line” promossa dai cittadini italiani del Brasile e del Sudamerica, sostenuta da Comites e Cgie e sottoscritta da migliaia di persone, siamo riusciti a fare una giusta pressione sul governo affinchè destinasse risorse importanti ai consolati per la fine della “fila della cittadinanza”; ero presente quando questa petizione è stata consegnata a Rio de Janeiro lo scorso anno nelle mani di Matteo Renzi, all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri.
Vedo che queste manifestazioni continuano e che chiedono le stesse cose sulle quali sto lavorando in Parlamento con i miei colleghi eletti all’estero, a partire da quelli del PD. Se tutti remiamo nella stessa direzione, quindi, sarà più facile che le soluzioni arrivino presto. Io ho solo criticato il fatto che qualche movimento politico volesse strumentalizzare queste manifestazioni, lanciando candidati alle elezioni e promuovendo questi eventi soltanto a pochi mesi dalle prossime elezioni.
Tutto qui; per il resto, ripeto, sono a favore di più partecipazione. A condizione che insieme alla rivendicazione dei diritti ci sia una seria assunzione dei doveri; essere parte di una comunità, acquisire una cittadinanza, significa infatti adempiere a importanti compiti di carattere civico e anche essere pienamente consapevoli del significato di questa scelta così importante e delicata.
Lei è stato eletto deputato nel 2008 e rieletto nel 2013. Cosa ci può dire di questa sua esperienza?
Un’esperienza unica, entusiasmante e irripetibile; ma anche difficile e impegnativa. Piena di soddisfazioni, ma anche di sacrifici. L’esperienza del 2008 è stata importantissima; nel corso della mia prima legislatura ho acquisito competenze ed esperienze che si sono poi rivelate fondamentali. Nel corso di questa legislatura, anche grazie ai governi guidati dal Partito Democratico, ho potuto mettere a frutto il bagaglio accumulato nel corso del lavoro fatto tra il 2008 e il 2013; sono stato molto orgoglioso per essere arrivato ad essere il terzo parlamentare più produttivo in Italia. Un successo del quale vado fiero, perchè so che va condiviso con chi mi ha sostenuto in questi anni, con le collettività italiane del Sudamerica in primo luogo. Un risultato che ha premiato non solo la mia “presenza” in Parlamento ma anche la “produttività”, cioè la qualità e l’intensità del mio lavoro.
Come dico sempre a chi mi critica o a chi vuole conoscere meglio il lavoro parlamentare, o semplicemente a chi esige di più da chi è stato eletto, è importantissimo conoscere il lavoro di ogni parlamentare, soprattutto dopo la sua elezione. Credo di avere fatto un buon lavoro, anche perchè al grande lavoro alla Camera dei Deputati ho potuto associare una costante presenza sul territorio, non solo in Brasile ma in tutti i Paesi del continente.
Quali saranno i suoi prossimi progetti?
Tanti sono i progetti; non potrebbe essere altrimenti, considerando la grandezza della presenza italiana all’estero e le enormi potenzialità per l’Italia che da essa derivano. Per adesso voglio citarne solo alcuni. Voglio intensificare un lavoro iniziato alcuni anni fa con Piero Bassetti, l’autore del libro-manifesto “ITALICI!”; si tratta di un progetto che si rivolge ad oltre di 200 milioni di italici (tanti sono nel mondo le persone legate all’Italia per qualche motivo, interesse o vincolo di sangue). Un progetto che potrà divenire la prossima grande frontiera della presenza italiana nel mondo, traducendosi in uno straordinario fattore di crescita e di sviluppo per l’Italia se il nostro Paese avrà il coraggio e la lungimiranza di investire in questo senso.
Vorrei poi dare vita ad un grande progetto di scambio permanente tra le famiglie italiane del Sudamerica e le famiglie italiane; un altro grande progetto che prevede lo scambio scolastico (permettere ai giovani di studiare in Italia un anno o agli italiani di farlo in Sudamerica) ma anche una riscoperta dei luoghi di origine dei nostri emigrati, con il sostegno delle amministrazioni locali italiane e sudamericane. Infine i servizi consolari; non solo più risorse ma anche un nuovo modo di assistere i nostri connazionali all’estero, anche grazie all’utilizzo migliore delle nuove tecnologie. Non entro in dettagli, ma credo che una delle prime cose da cambiare sarà il cosiddetto sistema elettronico di “agendamento”, che oggi non permette di prenotare un appuntamento in Consolato e che viene invece utilizzato da agenzie di servizi e approfittatori opportunisti, che addirittura “vendono” appuntamenti on-line. Una vera vergogna da eliminare!
Sta già considerando la possibilità di una nuova candidatura come deputato per le prossime elezioni italiane?
Una candidatura non nasce da una decisione personale; non è nemmeno possibile candidarsi al Parlamento italiano per vanità personale o solo per vedere il proprio nome scritto su una lista elettorale. Dico questo perchè vedo ogni giorno il nascere di candidature “fai da te”; a volte non si sa nemmeno con quale partito e per cosa ci si candida. La mia cultura e la mia storia personale vanno in un’altra direzione; la politica ha senso se è il frutto di esperienze associative, se il tuo impegno è espressione di un gruppo e non di una ambizione personale.
A San Paolo, in Brasile e in Sudamerica ho sempre lavorato a nome di un “gruppo”: così è nata la mia candidatura al Comites e poi al Parlamento; così lavora il Partito Democratico all’estero e sono orgoglioso del lavoro fatto proprio perchè so che è il lavoro di una equipe, di una squadra più grande di me, della quale io sono solo il rappresentate alla Camera dei Deputati. Nel 2008 ho ottenuto 16 mila voti; nel 2013 ho sottoposto il bilancio del mio operato egli elettori: il risultato è stato il raddoppio dei miei consensi, 30 mila voti.
E’ solo questo consenso ad orientarmi e, visto che il mio partito prevede la possibilità di svolgere tre mandati in Parlamento, sono disponibile a candidarmi per un terzo mandato. Sono certo che, se gli elettori mi confermeranno fiducia e aspettative e se – come spero – il Partito Democratico si confermerà il più grande partito italiano, la prossima esperienza in Parlamento potrà diventare ancora più produttiva, magari con responsabilità ancora più grandi, in grado di incidere direttamente nell’attività del governo e quindi nella soluzione dei problemi dei nostri connazionali all’estero. Lo farò, se sarò sostenuto da chi ha creduto in me fino ad oggi, nell’interesse dell’Italia e degli italiani nel mondo.
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