“Se da una parte l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (dopo averne fatto parte per 47 anni!) sta creando molti dubbi e incertezze interpretativi sull’applicabilità dei diritti (sull’insieme delle regole e dei principi volti a disciplinare i futuri rapporti sociali, economici e politici) di cittadini, consumatori, imprese, investitori, studenti e ricercatori (sono in attesa che il Governo risponda alla mia interrogazione con la quale ho chiesto chiarimenti su diritti e doveri dei nostri connazionali – che soggiornano o soggiorneranno nel Regno Unito – in materia di libera circolazione, sicurezza sociale e assistenza sanitaria), dall’altra possiamo essere garantiti con certezza che il vigente accordo tra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni fiscali rimane in vigore”. Lo dichiara in una nota l’On. Angela Schirò, deputata Pd eletta nella ripartizione estera Europa.
“Infatti – prosegue – tali trattati fiscali entrano a far parte dell’ordinamento giuridico dei Paesi contraenti all’esito di un procedimento di ratifica da parte dei rispettivi Parlamenti seguito con legge ordinaria che conferisce piena e integrale esecuzione al trattato.
La convenzione entra in vigore a seguito dello scambio degli strumenti di ratifica tra i Paesi firmatari e la conferma dell’avvenuto scambio degli strumenti di ratifica è resa nota (in Italia) attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Poi, di prassi, per dare attuazione alle disposizioni delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, i Paesi contraenti possono stipulare accordi di natura amministrativa volti a favorire lo scambio di informazioni e/o l’effettuazione di verifiche simultanee”.
“L’accordo fiscale tra Regno Unito e Italia è entrato in vigore il 16/11/1990 dopo essere stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15/11/1990. L’accordo con il Regno Unito è stato stipulato per regolare l’esercizio della potestà impositiva dei Paesi contraenti al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti. Oltre che ad evitare le doppie imposizioni l’accordo ha lo scopo di prevenire l’evasione e l’elusione fiscale tramite la cooperazione amministrativa”.
“Sono numerose le imposte considerate. Tra queste, per il Regno Unito, l’imposta sul reddito (income tax), l’imposta sulle società (the corporation tax), l’imposta sugli utili di capitale (the capital gains tax), per l’Italia, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, l’imposta locale sui redditi (prima Ilor ora Irap). Sono altri quindi i profili fiscali toccati dalla Brexit – conclude Schirò – ed hanno soprattutto a che fare con operazioni commerciali e doganali”.