L’Unione Sarda propone oggi alcune storie di italiani all’estero che, al tempo del Covid, hanno deciso di fare rientro in Patria, lasciando tutto ciò che hanno costruito oltre confine per cercare riparo in famiglia, nei luoghi della propria infanzia.
“Alcuni – si legge sul quotidiano sardo – hanno resistito a tutto: lo tsunami alle Maldive nel 2004, l’instabilità politica in Medio Oriente, la difficoltà di una lingua da imparare da zero. A tutto, ma non al coronavirus che a migliaia di chilometri dall’Italia fa ancora più paura”.
Ilenia Cardia a 34 anni ha lasciato la sua casa nel nord di Londra, un lavoro al Bloosmbury hotel, il master all’Anglia Ruskin University ed è tornata a Dolianova: “Francamente ho pensato: se devo morire, meglio morire in Sardegna”.
“Ben più complicato imboccare la via di casa per Romina Portas, 47enne di Samassi che dal 2014 vive a Islamabad, in Pakistan, dove lavora come coaching e come consulente per l’ambasciata e aziende private. Per raggiungere casa – si legge ancora su L’Unione Sarda -, Romina è dovuta volare da Islamabad a Doha, prendere la coincidenza per Roma, salire su un volo per Cagliari e finalmente imboccare la 131 in direzione di Samassi dove qualche giorno dopo è arrivato anche Francesco Tanas, 54 anni, emigrato nel 1996”.
“Non ha esitato a far le valigie e salire su un aereo insieme alla moglie Francesca e alla loro bambina di pochi mesi neppure Carlo Murgia, 47 anni, partito diversi anni fa da Seulo alla volta di Londra. Da tre anni faceva base a Guildford, cittadina di poco meno di 100mila abitanti a sud del Big Ben, dove lavorava in un ristorante italiano come barman. Riccardo è stato il più veloce: il 14 marzo, quando l’Italia stava per entrare nella sua fase più nera, lui è volato via dal Regno Unito ed è atterrato a Cagliari”.