La notizia della morte dell’ex ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, ha provocato un generale sentimento di cordoglio per la scomparsa di un uomo che, come è stato riconosciuto quasi all’unanimità, dedicò la sua vita politica, ma anche gran parte della sua esistenza, a lottare per i diritti degli italiani all’estero, degli emigrati e dei loro discendenti. Dell’“altra Italia”, come Tremaglia amava definire le comunità italiane sparse nel mondo, i sessanta milioni di italiani e discendenti per i quali si impegnò fino all’ultimo giorno di vita.
Come è noto il percorso di Mirko Tremaglia iniziò nei suoi anni giovanili, aderendo alla Repubblica di Salò, l’ultimo sussulto del regime fascista al quale questo bergamasco aderì da ragazzo. Non rinnegò mai quel passato e per decenni, fedele alle sue idee, fu emarginato dalla politica che contava, proprio per essere coerente con la propria visione. Anni durante i quali visitava le comunità all’estero, si interessava dei problemi degli emigrati che l’Italia aveva dimenticato. Tremaglia, frutto della sua cultura, delle sue esperienze, aveva uno sviscerato amore per l’Italia, che manifestava forse con un po’ di retorica, ma con tanto sentimento, interpretando così i sentimenti di buona parte degli italiani all’estero. Profondi sentimenti di italianità del “nostro” ministro, che sono stati sottolineati nel suo saluto di cordoglio anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Tremaglia capì gli italiani all’estero e si fece portavoce e paladino delle richieste degli emigrati. Ma la fedeltà alle sue idee non gli impedì di maturare políticamente e aprire il dialogo con le altre forze presenti nel Parlamento italiano, allo scopo di tessere convergenze per consentire l’approvazione di quelle leggi che dovevano riavvicinare le due Italie, per ragioni di giustizia, ma anche con visione di futuro, strategiche che, purtroppo, la stragrande maggioranza dei politici italiani ancora non ha capito.
“Ci avevano persino cancellato dall’Anagrafe”, esclama ancora scandalizzato Luigi Pallaro, per descrivere come l’Italia aveva deciso di tagliare ponti e dialogo con quanti erano emigrati. Ebbene, la prima grande conquista di Tremaglia in Parlamento, fu proprio la legge che riaprì l’Anagrafe per chi era emigrato e per i loro discendenti. Fu il primo tassello nella costruzione del pieno riconoscimento dei diritti degli italiani all’estero che costruì, proprio costruendo consenso attorno a quei due principi: fare giustizia nei confronti di una parte dei cittadini che erano stati dimenticati e costruire ponti con un’altra Italia, più aperta ed esperta in rapporti con altri popoli, che avrebbe potuto arricchire l’Italia dello Stivale.
Non tutti lo capirono in Italia e Tremaglia perse le elezioni del 2006, anche politici della sua coalizione si schierarono contro di lui e contro lo stesso riconoscimento del voto agli italiani all’estero. Ma soprattutto, come dicevamo sopra, non hanno mai capito l’importanza che possono avere gli italiani all’estero per l’Italia.
Ma anche all’estero, anche qui da noi, l’opera di Tremaglia è stata banalizzata da quanti hanno approfittato della generosità delle leggi per diventare cittadini italiani solo di passaporto o, peggio ancora, per diventare senatore senza essersi mai interessati né dell’Italia né degli italiani all’estero prima delle elezioni, scagliandosi addirittura contro lo stesso Tremaglia e contro le istituzioni di rappresentanza che lui sosteneva.
Un omaggio che merita l’on. Mirko Tremaglia, il “nostro” ministro per gli italiani nel Mondo – anche da parte di noi italiani all’estero – è di mantenere in alto quei suoi sentimenti di amore per l’Italia, di conoscenza e la valorizzazione della realtà degli italiani all’estero, della ricerca delle coincidenze per costruire politiche che devono portare alla costruzione di ponti, di legami più profondi tra l’Italia e le sue comunità all’estero, per cogliere le grandi opportunità che da quelle relazioni possono scaturire per gli uni e per gli altri.
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