Un ‘blitz’ ‘fallimentare’ fatto scattare da inglesi e nigeriani tagliando volutamente fuori l’Italia, i cui 007 hanno saputo solo ad azione in corso ed hanno trasmesso subito l’informazione a Roma. In oltre due ore di audizione davanti al Copasir, il direttore dell’Aise, generale Adriano Santini, ha ricostruito gli eventi che giovedi’ scorso hanno portato all’uccisione in Nigeria di Franco Lamolinara e Christopher McManus. Al termine, il presidente del Comitato Massimo D’Alema, ha ribadito la necessita’ di un ‘ulteriore chiarimento’ con le autorita’ inglesi.
Santini ha illustrato quanto accaduto giovedi’ scorso nella provincia di Sokoto. In mattinata, fonti del MI6 (il servizio segreto militare inglese) hanno comunicato all’Aise che un raid di forze speciali inglesi e nigeriane era stato avviato per liberare i due ostaggi che stavano – sempre secondo le informazioni inglesi – per essere passati da un gruppo ad un altro con il pericolo di perderne le tracce. L’Aise ha avvertito il Dis a Roma e lo stesso direttore Gianni De Gennaro ha avvertito personalmente in mattinata il premier Monti di quanto stava accadendo. Dunque, avrebbe sottolineato il direttore dell’Aise, la comunicazione italiana ha seguito i protocolli previsti e non ci sono state falle.
Il problema, naturalmente, sono stati i rapporti con i servizi britannici e nigeriani che hanno completamente escluso gli italiani dal momento decisionale dell’azione. L’arrivo degli specialisti dell’Sbs (Special boat service) in Nigeria a meta’ febbraio non era passato inosservato agli occhi italiani, che lo avevano registrato. Nessuna indicazione era pero’ arrivata da parte inglese o nigeriana sull’imminenza dell’azione. Eppure con l’intelligence britannica, cosi’ come con quella nigeriana, avrebbe riferito Santini, le relazioni sono ‘forti e costanti’. Dal momento del sequestro, lo scorso maggio, i contatti a livello di servizi non si sono mai interrotti. Da qui la sorpresa e l’irritazione per l’operazione di giovedi’ scorso.
Un elemento che puo’ aver pesato e’ quello delle differenti ‘dottrine’ tra Londra e Roma: quando si tratta di ostaggi, il blitz e’ sempre la prima opzione per gli inglesi, mentre gli italiani puntano alla trattativa. E trattative per il pagamento di riscatti a presunti rapitori c’erano state, parallelamente alla ricerca di una soluzione di forza. La svolta, in questo senso, ci sarebbe stata nella notte tra il 5 e il 6 marzo, quando le forze di sicurezza nigeriane hanno arrestato tre membri del gruppo Boko Haram, probabile responsabile del sequestro. Un quarto componente, il capo, pero’ e’ riuscito a fuggire. Dagli interrogatori degli arrestati, si e’ saputo il luogo dove gli ostaggi erano tenuti. Il timore che venissero spostati ed uccisi avrebbe fatto scattare l’operazione.
A Santini e’ stato quindi chiesto conto della presenza dell’Aise in Nigeria, Paese dove l’Italia ha forti interessi economici. ‘Antenne’ del servizio sarebbero attive soprattutto nel Sud del Paese, dove ci sono i pozzi ‘italiani’, mentre le fasi del sequestro si sono svolte al Nord, area non coperta dagli ‘occhi’ del servizio nazionale, che si e’ dovuto quindi appoggiare ai colleghi inglesi che vantano invece una presenza storica in Nigeria. Questo aspetto e’ stato evidenziato anche da D’Alema, che ha parlato di ‘problemi sulla nostra presenza li’, sulla nostra capacita’ operativa autonoma e sul rapporto tra servizi italiani ed alleati’.
Quanto alle modalita’ del blitz, il responsabile dell’Aise, sarebbe stato fortemente critico. Alcune fonti hanno parlato di 60 teste di cuoio inglesi ed altrettante nigeriane alle prese con tre-quattro sequestratori. Netto e’ stato il presidente del Copasir, secondo cui e ‘c’e’ stata una battaglia di almeno un’ora e mezza che difficilmente puo’ essere definita blitz: si e’ conclusa con la morte degli ostaggi e quindi certamente non è stata condotta secondo criteri ragionevoli’.
Dopodomani il Copasir proseguira’ l’indagine sugli eventi nigeriani ascoltando il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola ed il direttore del Dis Gianni De Gennaro, per capire cosa non ha funzionato e come si puo’ porre rimedio. Al termine, ha concluso D’Alema, ‘intendiamo discutere con il premier Monti e portare a lui le nostre valutazioni’.
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