Roma – Finché non si sarà votato anche l’ultimo emendamento, la circoscrizione estero non potrà dirsi in salvo. A parlare è il senatore Pd Claudio Micheloni che, a colloquio con ItaliaChiamaItalia, spiega perché “la politica italiana non ha mai compreso il valore del legame con gli italiani nel mondo”.
Senatore, la riforma che vedrebbe gli eletti all’estero salvi, seppur diminuiti nel numero, campeggia sulle pagine di molto giornali. Qual è, in realtà, lo stato dell’arte sull’argomento? Il voto estero è salvo?
Lo stato del cantiere è molto semplice: nei documenti elaborati da questo gruppo di lavoro informale, che arriveranno al dibattito in Parlamento, sono rimasti otto deputati e quattro senatori.
Questa è la versione ufficiale. I rumors, però, parlano di un tentativo di soppressione…
Si sono già tenuti dibattiti informali sulla questione, abbiamo organizzato due riunioni per sapere come vanno i lavori di questo gruppo e sono stato io stesso a porre una domanda specifica sul tema, per sapere se esisteva la volontà di cancellare la circoscrizione estero.
E qual è stata la risposta?
Ho chiesto al mio gruppo quale fosse il loro orientamento e loro hanno negato qualsiasi intento negativo nei confronti del voto estero.
Per quale motivo non sembra convinto?
Penso che l’ultima notte utile a votare gli emendamenti, tra aprile e maggio, ci sarà chi ne presenterà uno per la soppressione della nostra circoscrizione. Il mio sentore è che qualcuno proporrà di sopprimerla, ma non ci sono certezze.
Basa questo ragionamento su una ipotesi o su fatti concreti?
Chi mi conosce sa bene che fin dal 2006 denuncio quanto sia a rischio il voto dei nostri concittadini nel mondo. Lo è per due motivi, innanzitutto la politica italiana non ha capito l’importanza degli eletti all’estero, non ha compreso che la nostra presenza è più utile all’Italia che alle comunità italiane. È un mezzo importante per mantenere il collegamento con un mondo globalizzato e per creare promozione culturale ed economica.
“La politica italiana non ha capito l’importanza degli eletti all’estero”, ma gli eletti all’estero hanno fatto di tutto per trasmettere la propria importanza?
Il secondo motivo è proprio questo. Purtroppo alcuni parlamentari esteri si sono impegnati troppo nello scimmiottare la politica italiana riprendendone gli aspetti peggiori. Senza nominare casi specifici, alcuni eletti non hanno dimostrato autonomia e tutto questo non ha spinto i politici italiani a capire il nostro ruolo, come non ci aiutano le vicende in stile ‘Di Girolamo’.
Insomma, anche quando è fatta da gente che viene dal territorio e dall’associazionismo, la politica italiana si trasforma in qualcosa di poco efficiente?
Purtroppo bisogna sottolineare che, spesso, il collegio estero è stato percepito da partiti, sindacati e patronati come una riserva indiana composta da 18 seggi, da conquistare con i più bassi metodi della politica italiana, piuttosto che come seggi da valorizzare in virtù di una nuova rappresentanza.
Tutto questo la induce a pensare che la cancellazione sia sempre dietro l’angolo?
È solo un’idea di rischio realistico. Negarlo totalmente, o essere troppo allarmisti, sarebbe sbagliato. Bisogna essere vigilanti e convincenti, fare in modo che questa normale riduzione di parlamentari non diventi la scusa per eliminarci.
Vista la sua naturale diffidenza, vuole spegnere anche i toni ottimistici con i quali alcuni suoi colleghi stanno salutando l’operato dell’esecutivo Monti?
L’attuale governo, su questo tema, non si è ancora pronunciato in maniera formale. Le dichiarazioni del ministro Terzi fanno pensare ad una attenzione positiva e interessata, nei fatti bisogna aspettare che dia ascolto all’indagine che stiamo conducendo in Senato e alla spending review che stiamo elaborando per fermare la distruzione della rete estera. Sono questi i segnali che mi aspetto.
Quali atti pratici si attende?
Certamente gli interventi sulla rete consolare e su scuola e cultura. Mi attendo una risposta ai tre emendamenti da me presentati all’ultima finanziaria del governo Berlusconi: il richiamo degli insegnanti di ruolo per l’insegnamento di lingua e cultura, la riduzione delle spese per diplomatici e funzionari e del numero di funzionari impiegati nella rete consolare e diplomatica, così da aumentare le assunzioni in loco e migliorare risparmi e servizi. Per ora, non ho motivi di pensare che il governo non risponda positivamente.
C’è chi dice che questo efficiente governo dei tecnici, anche se contestato, stia offuscando la politica italiana…
Non sono affatto d’accordo con questa idea. Chi, in questa fase, sta dimostrando i propri limiti sono le strutture dei partiti, che appaiono perdenti. La politica, invece, fa il suo lavoro. Il governo fa le proposte e il Parlamento sta facendo la sua parte, dimostrando di sapersi assumere le proprie responsabilità.
Dall’esterno sembra che il Pd e il Pdl siano quasi in luna di miele, lasciano che a governare siano i tecnici e intanto portano avanti idee spesso comuni.
Per me all’interno del collegio estero non è cambiato nulla. Ognuno cerca di fare quello che ritiene giusto, si lavora come prima, i nostri elettori decideranno chi ha lavorato bene.
Non si tratta di ‘inciuci’, ma di un astio momentaneamente messo da parte per una causa comune. Non è così, per voi eletti all’estero in cerca di salvezza?
Oggettivamente no, io lavoro in Senato e, tra noi, non c’era nemmeno prima un sentimento di astio. Abbiamo sempre ragionato e dialogato tra schieramenti opposti, spesso non eravamo d’accordo ma in Senato si lavorava in clima normale. Non so quale fosse la situazione alla Camera.
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