Nel Corno d’Africa è ancora emergenza carestia. A causa di fame e sete, ma anche a causa delle guerre in corso, è costante il flusso di profughi somali verso il confine con il Kenya. Gli aiuti promessi dalla comunità internazionale arrivano a destinazione, se arrivano, in maniera molto lenta. Pensate: al momento, solo il 56 per cento e’ giunto a destinazione. Per questo crescono i timori che possano essere impiegati per altri scopi. La questione assume una rilevanza fondamentale a fronte di un’emergenza di ampia portata. Cosa fa l’Italia?
"Posso garantire che tutto quello che diamo viene monitorato attentamente", assicura Elisabetta Belloni, a capo della Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina, che così garantisce sul percorso degli aiuti, ricordando che "l’Italia e’ attiva nel Corno d’Africa in vari settori, in particolare l’agricoltura, e continuera’ a fare la sua parte". Nella gestione degli aiuti, inoltre, "c’e’ una grossa responsabilita’ dei Paesi destinatari". Anche per questo il BelPaese "da tempo sta puntando sul principio della corresponsabilizzazione del destinatario finale".
Il capo della Dgcs spiega anche che i finanziamenti "sono monitorati in loco" e anche "quando si tratta di progetti di lungo periodo, il nostro impegno e’ far si’ che uffici e ambasciate facciano un attento monitoraggio".
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