Le lavoratrici e i lavoratori che vivono in un Paese che ha ratificato una Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con l’Italia sono generalmente tenuti a pagare le tasse nel Paese di residenza. In questo caso si applica la regola generale che è: “tutti i cittadini italiani che lavorano all’estero e che non sono iscritti all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) sono fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi ovunque prodotti.
Nel caso si ometta di presentare la dichiarazione dei redditi o non si indichino in essa i redditi prodotti all’estero, non spetta la detrazione delle imposte pagate nello Stato estero (comma 8 dell’art. 165 del Tuir)” – dalla guida dell’Agenzia delle Entrate “LAVORATORI ITALIANI ALL’ESTERO: come evitare la doppia tassazione e usufruire del credito d’imposta”, del settembre 2017.
La notizia, anzi il problema, non è dover presentare due dichiarazioni dei redditi quando si è mantenuto il centro dei propri interessi economici in Italia pur vivendo all’estero: è sempre stata questa la condizione di partenza.
Non è una notizia che l’iscrizione AIRE non è sufficiente ad esonerarci dal dover presentare dichiarazione dei redditi in Italia! Non iscriversi all’AIRE, però, significa che anche quando non hai mantenuto il centro dei tuoi interessi economici in Italia, sei tenuto a presentarvi dichiarazione dei redditi!
Nella trascorsa legislatura ho lavorato per chiarire questi punti: se vivi e lavori all’estero, in un Paese che ha ratificato un accordo contro le doppie imposizioni fiscali con l’Italia, e non hai mantenuto il centro dei tuoi interessi economici in Italia, iscrivendoti all’AIRE non sei tenuto a presentare dichiarazione dei redditi in Italia.
Se, invece, non sei iscritto all’AIRE, pur non avendo mantenuto il centro dei tuoi interessi economici in Italia, sarai tenuto a presentarvi dichiarazione dei redditi pur avendola già presentata all’estero. Non solo.
Se non presenti dichiarazione dei redditi ogni anno, non potrai avvalerti del credito d’imposta che consente di vedersi ridotte le tasse da pagare in Italia in base a quelle pagate all’estero. Ancora: la eventuale applicazione di provvedimenti di “sanatoria”, come con la voluntary disclosure, non si applicheranno se la propria situazione non è in regola.
Ed è proprio su questi temi che si dovrebbe intervenire. In generale, parliamo di lavoratori dipendenti, cioè persone che non hanno mantenuto il centro dei propri interessi in Italia, di lavoratori che risiedono all’estero, i quali, iscrivendosi all’AIRE, non rischierebbero di dover pagare le tasse due volte. Ma se anche si trovassero nella condizione di dover pagare le tasse due volte, tassazione concorrente, potrebbero almeno utilizzare il credito d’imposta previsto dalle stesse convenzioni basate sul modello OCSE.
Le attuali disposizioni in materia fiscale hanno una chiarezza di fondo: se si mantiene il centro dei propri interessi economici in Italia, indipendentemente dalla iscrizione AIRE, si è tenuti a presentare dichiarazione dei redditi in Italia. Il tema vero però è che non iscrivendosi all’AIRE si è tenuti a presentare dichiarazione dei redditi in Italia anche se in Italia non solo non si vive più ma non si hanno interessi economici.
I temi sui quali impegnarsi dovrebbero quindi essere:
1. Continuare ad informare, come ha fatto molto bene l’Agenzia delle Entrate con la guida del settembre 2017, rispetto a diritti, doveri ed obblighi fiscali.
2. Lavorare affinché sia comunque sempre possibile, accedendo a forme di collaborazione volontaria, voluntary disclosure, utilizzare il credito d’imposta previsto dal modello OCSE delle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali, anche quando non è stata presentata dichiarazione dei redditi in Italia.
3. Assicurare altre “sanatorie” di collaborazione volontaria evitando che siano eccessivamente penalizzanti per lavoratrici e lavoratori che comunque hanno prodotto un reddito tassato in un Paese convenzionato con l’Italia.
4. Rivedere, aggiornandolo, il modello OCSE, sia per le Convenzioni fiscali, poiché propone, ad esempio, un modello superato che distingue tra pensioni pubbliche e private, sia per le Convenzioni di sicurezza sociale.