La settimana scorsa a Roma si è ripetuto il copione che da un po’ di tempo viene interpretato in ogni seduta del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Come succede con le recite di una stessa opera, a volte gli attori sono più bravi, a volte sono un po’ stanchi, qualche sera s’inventano qualcosa, qualche altra improvvisano una parte con più o meno successo. Ma in fondo l’opera è sempre la stessa.
L’assemblea plenaria del CGIE della settimana scorsa ha evidenziato tutta la stanchezza degli attori di un’opera recitata troppe volte. Da una parte il “cattivo”, interpretato dal sottosegretario agli Esteri con delega agli italiani all’estero. Dall’altra il popolo, sempre nobile, a reclamare giustizia.
Il sen. Alfredo Mantica, infatti, esercitandosi nella parte del “cattivo” non solo ha ribadito la politica dei tagli, in linea con quanto ha fatto il governo dall’inizio della legislatura, ma ha anche confermato, se qualcuno era ancora incerto, che tutte le politiche rivolte agli italiani all’estero dovranno fare i conti con le ristrettezze del bilancio, imposte dalle successive manovre, a loro volta determinate dalla crisi economica. “La priorità del pareggio di bilancio è dirimente nella valutazione delle politiche da adottare”, è stata la sintesi della relazione del sottosegretario agli Esteri, per la parte che riguarda i fondi.
Sulle varie riforme della struttura di rappresentanza, al vaglio del Parlamento, ha precisato che la riforma di Comites e CGIE deve essere fatte entro giugno, altrimenti si andrà a votare, comunque, entro la fine del 2012, anche se, nel caso non fosse modificata la legge, ci sarebbero problemi con i fondi necessari per far svolgere le elezioni secondo l’attuale legge sui Comites. Questo è così, tra l’altro, perché la nuova legge prevede un numero minore di Comitati.
Per quanto riguarda il voto degli italiani all’estero, ha precisato che il governo non intende proporre l’abolizione della Circoscrizione Estero e, anche se in molti tra i presenti all’assemblea del CGIE non erano molto convinti di tale affermazione, si sono sentiti meno incerti quando Mantica ha detto che comunque non ci sono i tempi tecnici per farla.
Dall’altra parte del quadrilatero, c’erano i consiglieri del CGIE e alcuni parlamentari. Dagli interventi riportati dalle agenzie stampa, c’è stata una coincidenza quasi totale, compresi alcuni esponenti dei partiti della maggioranza, nel condannare i tagli, nel ritenere insufficiente e sbagliata la politica impostata dal governo nei riguardi degli italiani all’estero. Meno unanimi le posizioni per quanto riguarda la riforma di Comites e CGIE, così come sulla riforma del voto all’estero.
Ci sono stati numerosi appelli alla mobilitazione da parte delle comunità all’estero, a cominciare dall’invito fatto dal segretario Elio Carozza, ed è stato deciso di chiedere un incontro del CGIE col presidente della Repubblica, nel mese di dicembre, per presentargli il quadro dei rapporti tra le istituzioni italiane e l’altra Italia. Ci sono state lamentele nei riguardi delle rappresentanze delle regioni e nei riguardi anche dei parlamentari eletti all’estero.
La domanda è a cosa sia servita l’assemblea della settimana scorsa, domanda che si potrebbe fare anche per quanto riguarda le precedenti assise del CGIE degli ultimi tempi. Chiariamo subito, a scanso di equivoci, che riteniamo il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero uno strumento che può essere utile nel quadro della rappresentanza degli italiani all’estero, per meglio collegare le realtà dei singoli paesi alle istituzioni italiane. Si tratta di un ente che, messo a lavorare in modo sinergico con le altre strutture di rappresentanza degli italiani – Comites e parlamentari – dovrebbe poter contribuire a far sì che il nostro dialogo con l’Italia diventi veramente costruttivo. Ma fare del CGIE solo un muro del pianto o, peggio ancora, un terreno utile per lanciare attacchi alla maggioranza, in assenza di altre alternative, contribuisce a renderlo inoperante e ininfluente, rendendo più facile l’azione di quanti nella maggioranza, come ha denunciato giustamente Carozza, hanno portato “un attacco subdolo e poi frontale alla rappresentanza espressa dagli italiani residenti fuori dai confini nazionali, avvenuto in questi ultimi tre anni, un attacco accompagnato da un costante e forte ridimensionamento delle risorse finanziarie”. Ma la sola denuncia, gli appelli, i riti di sempre, non sono più sufficienti.
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