Tagli, tagli e ancora tagli. L’argomento è di nuovo al centro della polemica ed è rimbalzato agli onori della cronaca. Questa volta grazie a “mamma Rai”. Il suo Consiglio di amministrazione, nei giorni scorsi, ha reso noto che, a causa della crisi e delle conseguenti ristrettezze economiche, l’azienda dovrà prendere decisioni dolorose. Decisioni che, è già stato anticipato, incideranno negativamente su Rai International e sulla sua futura programmazione. Ma non è tutto. C’è chi paventa la chiusura del canale. E’ una ipotesi che, per quanto assurda, nessuno può escludere.
Il futuro di Rai International, oggi, è incerto. Basta un’occhiata ai numeri. La convenzione con la presidenza del Consiglio, qualora non dovessero esserci ripensamenti, passerà da 20 a 8 milioni di euro. Poco, troppo poco, per mantenere in piedi una struttura che, sebbene ridotta all’osso – uno staff di appena 48 giornalisti e non più di un centinaio di impiegati -, richiede pur sempre un impegno economico.
Si ipoteca, dunque, il futuro del canale. Se su di esso non calerà definitivamente il sipario, pare comunque inevitabile un suo ridimensionamento. Insomma, che possa essere spogliato di quei programmi “autoprodotti” quali, ad esempio, “Sportello Italia” e “Italia chiama Italia”.
Rai International nacque con l’ambizione di trasformarsi in una autostrada a doppio senso. Era questo il sogno di chi la tenne a battesimo. Da un lato, attraverso la produzione migliore di Rai1, Rai2, e Rai3, doveva proporsi quale vetrina dell’Italia moderna e intraprendente dei nostri giorni. Dall’altro, trasformarsi in un ponte per l’informazione di ritorno, mansione che i nostri quotidiani e la stampa periodica in lingua italiana all’estero svolgono attraverso le proprie pagine web.
Bisogna riconoscere purtroppo che Rai International non sempre ha raggiunto gli obiettivi preposti e non sempre ha proposto programmi di qualità, che sono poi quelli che esige l’Italia fuori d’Italia. Anzi, troppe volte nel palinsesto sono incluse trasmissioni che non proiettano l’immagine dell’Italia dei nostri giorni, quella moderna immersa nella globalizzazione che non dimentica il proprio profondo entroterra culturale.
Così come l’Italia del secolo XXI non è più quella povera che stentava a recuperarsi dal disastro provocato dall’ultima grande guerra; così i nostri emigrati non sono più quelli che lasciarono la Madrepatria con una valigia di cartone e una manciata di lire. Così come l’Italia, lo scriviamo con orgoglio, è oggi una delle nazioni più sviluppate al mondo, nell’ambito economico, sociale e culturate; così le nostre seconde e terze generazioni, ed anche questo lo scriviamo con orgoglio, sono composte da professionisti di successo, capitani d’industria, scientifici che conservano la valigia di cartone nel cuore, per non dimenticare le loro umili origini, ma viaggiano con la ventiquattr’ore, una laptop e lo ‘smarthphone’ in mano. Oggi, per le seconde e terze generazioni, anche la scelta d’essere casalinga avviene dopo un percorso universitario e, a volte, post-universitario. Per questo, le giovani donne sono sempre più esigenti di fronte allo schermo di un televisore, come lo sono nella vita quotidiana.
Francia, Spagna, Germania, a differenza di quanto deciso da ‘mamma Rai’, continuano ad investire nei loro canali internazionali. Proprio così, non una spesa, un fardello nell’economia dell’azienda televisiva; ma un investimento per il Paese. Un concetto che la dice lunga sull’importanza che queste nazioni attribuiscono all’estero, in un mondo globalizzato e sempre più competitivo.
Il senatore Claudio Micheloni, eletto nella Circoscrizione Estero, ha proposto – cogliendo a nostro avviso nel segno – l’impiego del criterio della "spending review", già adottata dai ministeri per rendere trasparente e razionale il contenimento delle proprie spese. Perchè non farlo anche in seno alla Rai? Dopo tutto, come afferma il senatore Micheloni, “si può risparmiare intelligentemente”. E così non solo mantenere ma rinforzare lo staff di Rai International e dare più spazio alle informazioni di ritorno, che potrebbero essere affidate alle redazioni dei nostri quotidiani e periodici presenti un po’ ovunque.
Investire in Rai International è permettere all’Italia di avere una vetrina nel mondo; di proiettare la propria immagine, di mostrare le proprie conquiste sociali e i progressi tecnologici e scientifici. Anche, di rivendicare il ruolo delle nostre Collettività nella promozione del ‘Made in Italy’ e nel coltivare le proprie ‘eccellenze’. Insomma, sarebbe, a nostro avviso, una scommessa vincente.
*direttore ‘La Voce’, quotidiano italiano edito a Caracas
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