Si è svolto oggi alla Camera dei Deputati l’incontro dal titolo “Il lavoro e la mobilità” al quale ha partecipato il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti. L’incontro, promosso dal Cgie e dal Comitato permanente sugli Italiani nel Mondo e la promozione del Sistema Paese della Camera, è stato un utile momento di confronto e di approfondimento su un tema che è frequentemente al centro del dibattito accademico e politico di questi ultimi tempi, seppure non sempre con analisi puntuali ed aggiornate. Credo, inoltre, che sia stata un’occasione per promuovere sulle problematiche del lavoro e delle nuove mobilità, che coinvolgono numeri sempre più significativi di cittadini italiani, un interesse della nostra comunità nazionale.
Nel mio breve intervento ho svolto due considerazioni di ordine generale che ritengo necessarie per affrontare adeguatamente la problematica.
La prima considerazione riguarda il contesto politico. Da questo punto di vista, ritengo doveroso contrastare, cominciando dall’Italia, le logiche nazionalistiche e i populismi che spingono alla chiusura: le nostre frontiere sono il mondo ed ogni scelta che limiti la libertà di movimento, la mobilità delle idee, delle persone, dei diritti e delle prestazioni – anche di sicurezza sociale, del lavoro e dello scambio culturale, economico, commerciale, è una scelta sbagliata. Gli italiani all’estero, stabilmente residenti o di nuova emigrazione o temporaneamente fuori dai confini nazionali, sono i migliori rappresentanti di una visione positiva della mobilità della conoscenza e dell’interscambio.
Nel nostro lavoro ci troviamo ad affrontare quotidianamente le realtà dei Paesi di residenza dei nostri connazionali eppure, in molti casi, non riusciamo ad esprimere con doverosa forza le nostre preoccupazioni sulle scelte politiche che quei Paesi intraprendono, soprattutto in termini di limitazioni della mobilità, di nuove restrizioni in materia di cittadinanza, della piena portabilità di diritti sanciti dalla Costituzione, quando insomma non attuano un principio sul quale lavoriamo da anni: la piena parità di trattamento per gli italiani, in Italia e nel mondo. Con i regolamenti comunitari, ad esempio, in alcuni Paesi vengono rimessi in discussione i trattamenti assistenziali, che noi, in base agli stessi regolamenti comunitari, non esportiamo più in ambito UE. Succede così che i nostri connazionali in condizione di indigenza rischiano, in quei Paesi, di subire una ulteriore limitazione dei loro diritti.
In questo ambito, ho l’impressione che spesso non si riesca ad assumere posizioni politicamente più incisive per il fatto che il nostro Paese risulti ancora deficitaria su questioni cruciali: dalla cittadinanza, ai trattamenti pensionistici fino all’accesso alla PA.
La seconda considerazione riguarda la sfera dei diritti pensionistici e previdenziali.
Al Ministro Poletti ho posto la necessità che su queste materie vi sia da parte del governo una maggiore attenzione, sia per quanto riguarda gli aspetti più tradizionalmente legati all’emigrazione storica che per quelli riguardanti le nuove mobilità. Da questo punto di vista, è emblematica la questione PA e SPID che, proprio di recente, ha dimostrato una significativa lentezza a prendere atto della realtà attuale, fatta anche di italiani che lavorano ed operano all’estero. Ci sono poi questioni che, già da tempo, auspichiamo trovino risposte adeguate, come ad esempio i sistemi di verifica di esistenza in vita e pagamento delle pensioni.
Al Ministro Poletti ho sottolineato che sull’insieme delle questioni è possibile arrivare ad azioni positive attraverso una maggiore conoscenza dei fenomeni e un concreto coordinamento capace di monitorare l’evoluzione delle vecchie e delle nuove mobilità, sia sotto il profilo fiscale che sotto il profilo della sicurezza sociale ed ho auspicato, in conclusione, l’utilità di un tavolo di concertazione tra i ministeri del Lavoro, degli Affari Esteri e dell’Economia.
Marco Fedi, deputato Pd eletto all’estero e residente in Australia
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