Domenica scorsa la maggioranza degli argentini ha accettato di rinnovare per altri quattro anni il mandato presidenziale di Cristina Fernandez de Kirchner, votandola alle elezioni presidenziali. Noi non ci occuperemo dei risultati delle elezioni argentine. Su di esse però, ci piacerebbe conoscere un dato: quanti italiani hanno esercitato il diritto di voto, riconosciuto dalla Provincia di Buenos Aires e da altri stati argentini, per eleggere, non le autorità nazionali, ma sì per quelle provinciali e comunali? Il dato forse, sarebbe stato più importante dieci, venti, trenta o più anni addietro e non oggi, quando gli italiani nati in Italia, residenti in Argentina e che hanno ancora la voglia di votare non sono tanti. Infatti, la maggioranza dei cittadini italiani oggi residenti in Argentina, sono persone nate in questo Paese, figli, nipoti o pronipoti di emigrati italiani.
E’ importante, ma non è più determinante il voto degli italiani emigrati e questa è la ragione per la quale, da tempo, l’Associazionismo insiste sul fatto che sono le nuove generazioni, i discendenti degli emigrati, quelle che devono impegnarsi nella politica argentina, sia a livello nazionale, che a livello locale. Lo ha fatto in quasi tutti i diciassette congressi di giovani organizzati dalla FEDITALIA e il presidente della Confederazione, Luigi Pallaro, non ha mancato di insistere sull’argomento in ogni riunione o incontro. L’ultima volta la settimana scorsa durante la riunione dell’Esecutivo della FEDITALIA.
E’ superfluo sottolineare l’importanza di questo discorso per il futuro della presenza italiana in Argentina e nell’America Latina. Come abbiamo scritto altre volte, l’Argentina sarà più fedele a se stessa, alle sue radici, alla sua cultura, nella misura in cui conoscerà meglio e valuterà nella sua determinante realtà l’importanza dell’influenza dell’emigrazione italiana. Per fortuna ci sono numerosi esempi di nuovi dirigenti argentini che sono fieri e consapevoli delle proprie radici – senza nulla togliere al loro legittimo orgoglio di essere argentini – e che conoscono le nostre associazioni o, addirittura, hanno partecipato alla loro vita.
E i Comites, e il Cgie e i nostri parlamentari? Sicuramente sottolineare l’importanza della partecipazione consapevole dei discendenti nella politica argentina, può far sorgere a qualcuno il dubbio sul ruolo dei Comitati degli Italiani all’estero, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, dei deputati e senatori eletti nella Cirscoscrizione Estero. Infatti, negli ultimi anni, tanti dirigenti della nostra comunità hanno guardato a queste strutture, sperando di trovare nei rapporti con l’Italia il toccasana ai problemi della nostra comunità.
La realtà di una crisi italiana che stenta a chiudersi e l’indifferenza – quando non direttamente l’ostilità – dell’Italia nei riguardi degli italiani all’estero, avrebbe dovuto consigliare un ripensamento sulla strada da percorrere.
La struttura di rappresentanza delle comunità italiane all’estero, per la quale anche i dirigenti della nostra collettività si batterono per anni, è lo strumento che siamo riusciti a conquistare, per poter dialogare in modo proficuo con l’Italia. L’impressione è che tale struttura oggi sia diventata inconsistente, in parte a causa della volontà di settori politici, economici e culturali italiani e in parte per gli sbagli e l’esaurimento dell’entusiasmo della spinta iniziale, specialmente nel caso di Comites e Cgie, i cui mandati sono scaduti nel 2009 e che dovranno rimanere in carica almeno un altro anno ancora.
Si tratta quindi di tornare alle fonti, a guardarci come comunità, di tornare al dibattito a partire dall’Associazionismo che, almeno per quanto riguarda l’Argentina, ma non solo, continua ad essere la forza determinante nella quale si identifica la nostra comunità. Dibattito che comprende la nostra identità e il nostro futuro, una nuova impostazione da proporre nelle relazioni con l’Italia, nella consapevolezza che ormai è tramontata un’epoca in cui potevamo sperare di risolvere alcuni problemi della nostra comunità affidandoci ai fondi inviati da Roma.
La realtà è che se tornasse d’attualità il problema degli anziani emigrati italiani indigenti, pur reclamando perché sono cittadini italiani, perché hanno sofferto, perché sarebbe ingiusto il loro abbandono da parte dell’Italia, la nostra comunità e i nostri dirigenti, dovrebbero cercare altre soluzioni. Soluzioni che, tra l’altro, sono già state proposte non molto tempo fa, senza però trovare eco da parte delle autorità.
Abbiamo fatto l’esempio del problema degli anziani indigenti, perché è quello che ci colpisce di più, perché potrebbe essere il più pressante. Ma la tematica che ci riguarda come comunità è vastissima.
Per questo, visto il panorama che abbiamo descritto, sembra molto opportuna la decisione della FEDITALIA di rilanciare il ruolo dell’Associazionismo, di farlo tornare interlocutore di primo piano. Per continuare a promuovere la partecipazione e l’impegno dei discendenti degli italiani nella realtà argentina. In attesa che possa ridare forza, se sarà il caso, alle strutture di rappresentanza degli italiani all’estero nei rapporti con l’Italia.
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