Quelli del Pd si sono svegliati dal loro torpore estivo e ci hanno fatto sapere, bontà loro, che la rete consolare italiana nel mondo è al collasso. “Manca personale, sono necessari più fondi”, sottolineano. Ma questo noi, umili osservatori dell’universo dell’emigrazione, lo sapevamo già.
Che la rete consolare sia ridotta a un colabrodo lo sappiamo da tempo, viste tutte le lamentele che ogni giorno riceviamo da italiani che vivono lontano dalla Madre Patria e che si sfogano con noi, ci sollecitano a continuare a sollevare il tema dei servizi consolari inefficienti e lenti, lentissimi.
Noi raccogliamo l’appello e – per quello che può contare – non ci stanchiamo di sottolineare la necessità di investire maggiori risorse nella nostra rete diplomatico-consolare; purtroppo, però, non siamo noi a dover decidere dove vanno i soldi del bilancio nazionale.
Insomma, gli amici del Partito Democratico, quelli che hanno governato fino all’altro ieri e sono stati nella stanza dei bottoni negli ultimi dieci anni, oggi puntano il dito contro un governo che è in carica da solo un anno e che quei problemi che loro segnalano – come quello dei servizi consolari che non funzionano come dovrebbero – li conosce bene, solo che a livello economico ha ereditato una situazione davvero disastrosa ed è costretto a ripartire quasi da zero.
La rete diplomatico-consolare è il nostro biglietto da visita davanti al mondo, sarebbe sacrosanto investirci maggiori risorse. Del resto, è questo che chiedono gli italiani nel mondo come priorità: servizi consolari degni di un Paese civile, quale l’Italia si vanta di essere.
Abbiamo letto le dichiarazioni della senatrice Francesca La Marca, eletta con il Pd in Nord e Centro America, che chiede al governo di stanziare maggiori risorse per i Consolati; letto anche quelle del suo collega deputato dem Toni Ricciardi, lui eletto nella ripartizione estera Europa. Entrambi sanno bene che, come dichiara Ricciardi in una recente intervista, le richieste maggiori degli italiani nel mondo “riguardano i servizi consolari”, dunque la possibilità di rinnovare in maniera facile e veloce un passaporto, poter certificare una firma, registrare la nascita di un figlio, o – ancora – “il riacquisto della cittadinanza e in genere una più ampia comunicazione e vicinanza con le istituzioni”, sottolinea Ricciardi.
Proprio di questo si tratta. Di far sentire i nostri connazionali a casa propria quando entrano in un Consolato; oggi, invece, troppo spesso i nostri Consolati rappresentano per gli italiani nel mondo giganteschi muri di gomma, impossibili da attraversare. Perchè, se ogni Consolato italiano all’estero dovrebbe rappresentare una casa sicura e accogliente per tutti i connazionali?
Ricciardi sottolinea che gli ostacoli maggiori sono “la mancanza di adeguate risorse finanziarie e la carenza di personale nei Consolati”. Ha ragione, ma ha scoperto l’acqua calda, l’onorevole. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire.
Oggi parla bene il deputato targato Pd; peccato che il partito di cui fa parte, quando è stato al governo, ha chiuso decine e decine di sedi consolari in tutto il mondo, tra Ambasciate, Consolati e Istituti italiani di cultura. Una vera carneficina, uno schiaffo in faccia agli italiani all’estero e un pugno nello stomaco al Sistema Italia nel mondo. Ci chiediamo, per questo, quale credibilità possa avere chi appartiene a tale partito.
Oggi, al di là delle chiacchiere, ci vorrebbe una concreta volontà politica di mettere a posto questa benedetta rete consolare una volta per tutte. Via il famigerato sistema Prenotami, si utilizzino canali alla portata di tutti, quali email o whatsapp, e si renda più facile ai connazionali comunicare con le istituzioni italiane locali. Altrimenti non ne usciremo mai. Non sempre, infatti, è questione di soldi e personale, moltissimo dipende anche dall’organizzazione, dal modus operandi delle diverse sedi nel mondo. Abbiamo più volte raccontato sulle pagine di questo giornale i casi di Consolati virtuosi – pensiamo a Zurigo, qualche anno fa, o a Caracas nel periodo più recente -, che riescono a portare avanti il lavoro nel migliore dei modi, con ottimi risultati e con grande soddisfazione della comunità italiana. Perché non replicare certi modelli, che funzionano bene, in tutto il mondo?