I social network sono più che altro una forma di cazzeggio virtuale. Sono pochi coloro che li utilizzano per lavoro, o come strumento di partecipazione socio-politica. Tra questi pochi, ci siamo noi. ItaliaChiamaItalia ha una pagina su Facebook dove vengono rilanciate le nostre notizie, le interviste e gli articoli pubblicati sul nostro quotidiano online.
La politica ha imparato piano piano ad utilizzare Facebook e Twitter. I social network offrono diversi vantaggi a un politico: prima di tutto aprire un proprio profilo non costa nulla, di certo si risparmia rispetto alla creazione di un sito web personale. La creazione di un profilo, inoltre, è pressocchè immediata: qualche minuto e voilà, il gioco è fatto; la creazione di un vero e proprio sito web, oltre al costo, richiederebbe molto più tempo. Non è finita qui. Gestire una pagina Facebook è certamente meno complicato che gestire un sito web: basta un post, una nota, per comunicare in fretta con i propri iscritti e – volendo – con l’universo di utenti presenti sulla piattaforma.
Un altro aspetto è quello della partecipazione, del dibattito, del filo diretto insomma: se un politico decide di utilizzare un social network e ‘postare’ i suoi pensieri in maniera pubblica, deve anche essere pronto ad accettare le critiche, le opinioni diverse, anche divergenti rispetto a ciò che scrive. Insomma, avere un profilo Facebook per un politico – per chiunque in realtà – può anche essere un boomerang. Lo sa bene Guglielmo Picchi, deputato PdL eletto nella ripartizione estera Europa e alla sua seconda legislatura (l’ultima, dicono i maligni).
Picchi, infatti, dopo essere arrivato persino ad insultare chi gli rivolgeva su Facebook domande scomode – è arrivato, fra le altre cose, a dare dello "stronzo" al sottoscritto che gli aveva chiesto cosa avesse fatto in questi cinque anni a favore degli italiani nel mondo – consente solo a pochi "seguaci" di commentare i suoi post: con cura e con precisione quasi chirurgica, ha impedito ai contatti "sgraditi" di dire la propria rispetto ai suoi commenti virtuali. Insomma, una vera e propria censura preventiva: se non ti piace quello che scrivo, se continui a criticarmi e se 9 volte su 10 non sei d’accordo con me, allora ti proibisco di partecipare. Male, molto male caro Picchi! Il confronto è l’essenza della politica, anche su piattaforme virtuali come sono i social network.
L’eletto all’estero ormai fra la cerchia degli addetti ai lavori è famoso per la sua "avarizia" da deputato: non ha nemmeno mezzo assistente parlamentare, eppure riceve dalla Camera – come tutti – oltre 3.500 euro che proprio a questo dovrebbero servire, a pagarsi dei collaboratori. Ma lui preferisce evidentemente tenerseli in tasca, per pagarsi il mutuo, per risparmiare, perchè "mica potrò essere parlamentare a vita!", deve pensare il Nostro. Il colmo è che non poco tempo fa si lamentava pubblicamente proprio su Facebook: "Ho così tanto lavoro da fare, e neppure mezzo assistente che mi dia una mano": beh, ovvio, i quattrini a Picchi piace tenerseli stretti. Non un collaboratore, non un responsabile di ufficio stampa, non una segretaria che risponda al suo ufficio di piazza San Silvestro (Palazzo Marini, stanza 416). Certo che non avendo collaboratori poi si trova a dovere copiare il lavoro di altri, come nel caso che riguarda la questione dei ristoranti italiani all’estero. Come disse una volta l’On. Colaninno, del Partito Democratico, "se un parlamentare non ha una segretaria, un ufficio stampa e almeno un altro collaboratore, a Roma praticamente ci viene in vacanza". Condividiamo al 100%. E Guglielmo Picchi è il classico esempio di un parlamentare in vacanza da una vita.
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