Cari amici,
oggi si conclude ufficialmente la XVII Legislatura e il mio mandato di parlamentare.
Prima di tutto, desidero comunicare ai pochi interessati che non ho alcuna intenzione di “abbandonare” la politica. Per ora ho solo “abbandonato” questo Partito Democratico.
Per i tanti che hanno provato a contattarmi sul mio cellulare australiano, non sono ancora rientrato a Melbourne, ma lo farò nei prossimi giorni, quando avrete occasione di seguire il mio lavoro nella comunità anche su una serie di questioni importanti per gli italiani nel mondo.
A proposito dell’attualità, ed in particolare della sconfitta PD, del governo e della legislatura che sta per iniziare, credo che il Partito Democratico dovrebbe utilizzare i prossimi mesi per una discussione seria e aperta sulle ragioni politiche della sconfitta, ma soprattutto per discutere le ragioni per continuare a stare insieme, il progetto politico che deve unire gli iscritti e gli elettori.
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Il PD è alternativo al centro-destra ed al M5S. Non ho dubbi che oggi la collocazione deve essere quella dell’opposizione. Il problema è che senza maggioranza e governo non può esistere neanche l’opposizione.
Matteo Renzi si è dimesso assumendosi responsabilità politiche piene, come un buon leader dovrebbe fare. Ha detto cose giuste, purtroppo con la consueta superbia e presunzione. Quella dichiarazione, sulla collocazione politica dopo il voto, doveva farla la Direzione del Partito, in attesa di una discussione piena in assemblea e successivamente di una fase congressuale del tutto urgente. Ed andavano fatte, quelle dichiarazioni, con un forte senso delle istituzioni, tenendo presente che il passo iniziale politico è di chi è stato premiato dal voto, anche se non in grado di formare da solo un governo, quindi Centro-Destra e M5S. Il passo istituzionale, invece, compete al Presidente Mattarella: e qui non possiamo dire “mai” semplicemente perché il “mai” preventivo è poco istituzionale.
Dopodiché mi rendo conto perfettamente della complessità della situazione e del fatto che il Partito Democratico non può scegliere un’alleanza con il centro-destra e tantomeno il M5S.
Il problema, comunque, non è solo Matteo Renzi ma tutta la generazione di leader che a lui si sono accodati, rinunciando a qualsiasi analisi critica. E quelli che hanno espresso una critica non sono riusciti, a volte anche per senso di responsabilità, a dare un peso politico pieno alle loro posizioni all’interno del PD. Un grande partito, così articolato, deve saper strutturare le posizioni interne, altrimenti rischia di dare due immagini opposte, ma sul piano pratico equivalenti: implosione e allineamento. In entrambi i casi l’immagine, e i risultati, sono negativi.