Spesso si seguono con attenzione casi di connazionali sequestrati all’estero, come in Iraq, in Afghanistan, in Venezuela. Altri casi, invece, vengono quasi dimenticati. Come quello che riguarda gli italiani sequestrati insieme alla petroliera "Savina Caylyn" lo scorso 8 febbrario, nelle acque della Somalia. Durante gli ultimi mesi se n’è parlato poco, ma alcune fotografie pubblicate nei giorni scorsi dal Corriere della Sera hanno riportato il caso all’attenzione dei media.
La Farnesina, con la sua Unità di crisi, segue con impegno la vicenda, secondo fonti del ministero. Dopo il sequestro da parte dei pirati – tutti giovanissimi, armati fino ai denti e spesso drogati – il ministro degli Esteri Franco Frattini ha dato istruzioni all’Unità di crisi affinchè fossero attivati tutti gli strumenti operativi disponibili di concerto con le altre Amministrazioni dello Stato competenti sulle situazioni di sequestro di connazionali oltreconfine. Eppure i parenti delle vittime, comprensibilmente angosciati, non sono soddisfatti e denunciano: la Farnesina se la prende con troppa calma.
Eppure il ministero a quanto pare ce la mette tutta. L’inviato speciale del ministro Frattini per le Emergenze Umanitarie, Margherita Boniver, si è infatti recata a Gibuti ed in Tanzania dove ha incontrato e sensibilizzato sulla situazione dei connazionali le massime cariche istituzionali, che hanno garantito il massimo impegno a risolvere la vicenda. Anche Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri, si è recato proprio in Somalia e ha incontrato tanto le massime autorità di Mogadiscio che quelle del Puntland, manifestando la viva aspettativa del governo italiano per una rapida soluzione del sequestro senza che venga mai messa a repentaglio l’incolumità dei nostri connazionali a bordo.
Nonostante gli sforzi, però, i nostri connazionali sono ancora nelle mani dei pirati. L’augurio è che prima possibile vengano liberati e che possano tornare in Italia.
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