L’On. Gianni Farina ha posticipato la partenza per Mosca, in qualità di delegato del Consiglio d’Europa per il monitoraggio delle elezioni presidenziali in Russia, per partecipare ai lavori del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, dove ha commemorato Mirko Tremaglia.
“L’uomo e il politico – ha esordito l’on. Farina – da me conosciuto tanti anni fa in un momento particolare e singolare. Vorrei, nel mio dire, rispettare la persona uscendo, tuttavia, da una certa ipocrisia che pervade talvolta le commemorazioni di chi ci ha lasciato.
Il perbenismo dei sentimenti pietosi, la retorica dell’ovvietà. Erano i primi anni Settanta. Partecipavo come i nostri connazionali ad una delle tante conferenze dell’emigrazione. Toccò a lui prendere la parola. E in un assordante silenzio ogni presente si alzò abbandonando l’ampio salone.
Qualcuno rimase: lo sparuto gruppo dei membri del Ctm, io e un uomo già anziano, austero nel suo portamento, a me sconosciuto. Si trattava di Claudio Cianca, leggendario capo della resistenza, dirigente sindacalista poi, deputato al parlamento repubblicano, nel caso, collaboratore del settore emigrazione dell’allora Pci”. L’Onorevole Farina continua con il racconto di quell’episodio che ha trovato molto interesse tra i membri del Cgie: “Eravamo seduti l’ano accanto all’altro. Mi scrutò con fare indagatore. Chissà?
Sta il fatto che poi scoprimmo di essere rimasti per la stessa ragione. Lui per aver combattuto perché l’avversario, il nemico persino, potesse un giorno esprimere liberamente il suo pensiero.
Io, per essere fedele agli ideali dei Farina, il padre e gli zii che avevano condiviso e lottato – senza conoscersi – con Claudio Cianca per gli stessi valori.
Appresi dallo zio Lino in particolare, il più acculturato dei fratelli, il senso profondo della resistenza, il nesso gramsciano tra verità e rivoluzione, la verità che portò tanti giovani a riconoscersi in una lotta di rinnovamento e cambiamento della patria.
Mirko, in quel tempo, stava dall’altra parte, per me, sbagliata. E tuttavia, io credo, convinto di lottare per la salvezza dell’Italia.
Rividi Mirko Tremaglia sempre più frequentemente negli anni a venire. Riconobbi il di lui impegno quotidiano sulle tematiche dell’emigrazione, in parlamento e nel contesto dei lavori dell’appena costituito Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, dai primi anni Novanta in poi.
Il sacro furore in lui ogni qualvolta parlava all’assemblea. Indicava il percorso per raggiungere la meta: il pieno diritto degli italiani nel mondo a partecipare, da protagonisti, con i loro eletti, alle vicende politiche della repubblica.
Vi era in lui un’ossessione, una scelta di vita, la consapevolezza dell’ ardua difficoltà della sfida. E per tutto ciò alzava ogni giorno lo sguardo oltre l’immane ostacolo dell’alta montagna alla ricerca dell’approdo.
Mai un dubbio, nemmeno nei momenti in cui, un parlamento sordo alle aspettative della comunità italiana nel mondo, cassava brutalmente il sogno di una piena e riconosciuta cittadinanza democratica.
Lo ascoltavo e ne condividevo tante volte il suo dire. Fu anche per tutto ciò grande la mia sorpresa per la lotta senza esclusione di colpi, come lui usava fare, contro la mia candidatura alla segreteria Generale del Consiglio nel 1997.
Una parte delle componenti all’interno dell’allora “ulivo” non tenne fede al patto di rappresentanza plurale per le due fondamentali cariche di riferimento: il Sottosegretariato dell’emigrazione e la Segreteria generale del Consiglio. Proposi la rinuncia alla mia candidatura per l’insieme delle vice segreterie. La componente cattolica ebbe luce verde. Mirko Tremaglia aveva vinto.
Vivemmo, da allora, la splendida stagione dei diritti. La conquista del diritto di elezione e di eleggibilità per la diaspora italiana nel mondo attraverso i fondamentali cambiamenti costituzionali, la legge istitutiva che ne fissava le modalità.
Nel corso dei lavori del Comitato di presidenza imparammo a conoscerci più e meglio. Notai in lui un cambiamento progressivo e positivo nei miei riguardi, così elogiativo da mettermi talvolta in imbarazzo, anche per l’ironia con cui alcuni commentavano la nuova e strana alleanza.
Tant’è. Vi era evidentemente in lui uno spirito autocritico, la capacità, nella fedeltà agli antichi ideali – storica una frase dell’amato figlio Marzio scomparso. Mio Padre: un uomo per cui la guerra non è ancora finita – di cambiare giudizio su uomini e cose.
Mi chiese, da responsabile europeo del Consiglio, di andare con lui a New York a commemorare le vittime del terrorismo fanatico e criminale. Domandò la mia presenza in quel viaggio della speranza per il saluto alla nuova nazione eritrea. L’incontro al porto di Massaua con la mitica Vespucci. La cerimonia all’Asmara, in quel camposanto in cui riposa, tuttora, suo padre.
Lo osservai affranto. Tremante. Rassegnato. Distrutto negli affetti più cari. L’orfano ritornava alle sue origini poco tempo dopo aver perduto il figlio Marzio tanto amato.
Penso, talvolta, che, in fondo, Mirko sia scomparso laggiù. Ora, anche il cuore generoso di Mirko si è fermato. Non tocca a me esprimere giudizi storici sulla persona e sul politico.
Tuttavia – conclude l’On. Gianni Farina tra gli applausi dell’Assemblea del Cgie – mi pongo una domanda: saremmo oggi qua a ricordarlo, da rappresentanti del popolo, se non ci fosse stato questo impegno grande suo perché fiorisse la stagione dei diritti e della partecipazione democratica? Ho un forte dubbio: penso di no!
Ed è per questo che guardo oggi a te, Mirko Tremaglia, come all’uomo che gettando lo sguardo al mondo, si impegnò per alzare il confine dei diritti aprendo una speranza per milioni di nostri cittadini. Il modo migliore di ricordarlo mi sembra l’augurio perché quel sogno non sia stato vano.
Ciao Mirko. Ti sia leggera la terra.
Discussione su questo articolo