Non si può non salutare positivamente l’idea del Turismo delle Radici per gli italiani all’estero e per i loro discendenti. Certamente, è giusto che gli italiani all’estero abbiano contatti con le terre dei loro avi. Ci deve essere una politica che possa favorire ciò. Si è fatto tanto, ma si può e si deve fare ancora di più.
Il Turismo delle Radici può essere utile non solo agli italiani all’estero e ai loro discendenti, ma anche alle varie attività locali presenti nelle singole realtà italiane. Io, però, voglio essere più radicale.
L’Italia è terra di emigrazione. Tuttavia, non vi è solo l’emigrazione dall’Italia all’estero ma vi è anche quella interna. L’esempio più classico è quello del cittadino residente nell’Italia del Sud che si trasferisce al Nord. Una famiglia come la mia ne è un esempio. Mia madre, che purtroppo è deceduta nel 2020, era siciliana (per l’esattezza di Galati Mamertino, in Provincia di Messina), e mio padre è abruzzese, di Tossicia, in Provincia di Teramo. Mio padre vive a Roncoferraro, in Provincia di Mantova, dal 1974 e mia madre si trasferì da lui nel 1979. Io nacqui a Mantova nel 1980 e tuttora vivo a Roncoferraro. Chi, come me, discende da una famiglia del Sud trasferita al Nord vuole mantenere i legami con le proprie origini e conoscere le sue radici e la sua storia.
Purtroppo, specialmente a causa della situazione attuale, tante famiglie non hanno molte occasioni di spostarsi, per motivi economici. Chi ha una casa o dei parenti nella zona d’origine della propria famiglia ha certamente un vantaggio, ma ci sono tanti che non hanno più nulla di tutto questo. Penso che l’idea del Turismo delle Radici possa (e debba) essere estesa anche a coloro che pur stando in Italia sono discendenti di famiglie originarie di altre zone del Paese.
Insomma, il Turismo delle Radici dovrebbe essere un’iniziativa per tutti. Una persona deve avere il diritto di conoscere i luoghi delle proprie origini. Questo deve essere parte del diritto all’identità, un diritto riconosciuto universalmente.