L’altro ieri l’on. Marco Fedi, noto esponente della comunità italiana emigrata in Australia, già componente del Cgie ed eletto nella Circoscrizione Estero, ha lanciato un “grido di dolore” a proposito degli interventi finanziari di questo Governo dei tecnocrati nei confronti degli Italiani all’estero che non solo non sono stati agevolati accogliendo qualcuna delle loro richieste, ma sono stati penalizzati con l’eliminazione di agevolazioni fiscali da tempo esistenti e che, sembrerà strano a qualcuno, anche il Governo Berlusconi aveva mantenuto per tutto il 2011.
Fedi parla chiaramente di “sconfitta politica”, ed ha il coraggio di dirlo. “Sconfitta” che si manifesta anche, come abbiamo già avuto modo di scrivere nei giorni scorsi, per la mancata nomina di un ministro ad hoc per gli Italiani nel Mondo che fosse parallela alla nomina di un ministro per l’integrazione degli immigrati o perlomeno di un sottosegretario “tecnico” proveniente dal mondo dell’emigrazione, di qualsiasi orientamento egli fosse (facciamo qualche nome: Lombardi, Ferretti, Mangione, Prencipe, ecc. ecc. se vogliamo stare all’interno del Cgie).
Invece no: si sono scelti due altissimi tecnocrati internazionalisti, la Dassù e De Mistura ai quali peraltro, dopo tre settimane dalla loro nomina, non sono state ancora assegnate le deleghe. Forse la cosa ci è sfuggita, ma chiediamo formalmente: chi ha la delega per gli Italiani all’Estero? La trattiene per sé il Ministro? O, se non è così – come pensiamo non possa essere – cosa si aspetta ad effettuarla?
Dicevamo che Fedi ha avuto il coraggio di esprimere apertamente il suo disagio con un lungo, articolato e motivato comunicato stampa. Il quale appare ancor più evidente ed apprezzabile se confrontato con quello che si usa definire “assordante silenzio” da parte della segreteria del Cgie, che è rimasta forse tramortita dalla scoperta che le dimissioni dell’odiato Berlusconi e la decadenza del vituperato (anche platealmente!) sottosegretario con delega per gli Italiani all’estero Alfredo Mantica, non solo non hanno comportato alcuna svolta positiva nella politica per le nostre comunità, ma invece l’inizio di una dura battaglia per conservare quel poco che c’era.
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