“Se non si iscrive all’Aire il fatto che una persona si sia trasferita all’estero non ha alcuna rilevanza sul suo rapporto con il Fisco italiano. A ribadire questo oramai consolidato orientamento giurisprudenziale è stata recentemente la Corte di cassazione con l’Ordinanza n. 1355/2022 che ha puntualizzato che si considera soggetto passivo di imposta il contribuente iscritto per la maggior parte dell’anno nell’anagrafe dei residenti in Italia (anche se trasferito all’estero)”. Lo spiega in una nota il senatore del Pd eletto all’estero Fabio Porta.
“La Corte si è pronunciata, dopo una serie di avvisi di accertamento, ricorsi e controricorsi, in merito alla situazione fiscale di un cittadino italiano che nel 2007 si era trasferito in Brasile ma non si era iscritto all’Aire fino al 2011 ed in quel periodo aveva svolto in quel Paese attività finanziarie non dichiarate in Italia – afferma Porta -. Nella sua pronuncia la Cassazione ha ricordato che l’articolo 2 (comma 2) del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
“Dalla norma vigente vengono, quindi, individuati, perchè sussista la residenza fiscale nello Stato italiano, tre presupposti, indicati in via del tutto alternativa: il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato italiano ai sensi del codice civile – prosegue il senatore dem -. Secondo la giurisprudenza della Corte perciò le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano in ogni caso residenti, e, pertanto, soggetti passivi d’imposta, in Italia; con la conseguenza che essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano.
Una volta riportata in Italia la residenza fiscale sulla base della presunzione assoluta prevista dal citato art. 2 co. 2 del TUIR, il contribuente è di conseguenza assoggettato agli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dall’art. 4. comma 1 del D.L. 167/1990 in caso di detenzione, diretta o indiretta, di attività finanziarie o investimenti all’estero”. “Ad aggravare infatti la situazione è quando il contribuente non dichiara i redditi conseguiti all’estero: di fatto a prescindere da quanto disposto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali, il contribuente residente in Italia che non dichiara i redditi conseguiti all’estero in virtù del comma 8 dell’articolo 165 del Tuir, anche se avesse pagato le tasse all’estero, non ha diritto alla detrazione in caso di omessa presentazione della dichiarazione (o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione eventualmente presentata)”, conclude Porta.