Sembrava essere stata liberata a Marzo, poi silenzio. Infine, ieri, l’agenzia France Presse, in esclusiva, ha annunciato la richiesta di un riscatto da 30 milioni di euro da parte dei sequestratori, per liberare lei ed una cooperatrice spagnola, entrambe rapite la notte tra sabato 22 e domenica 23 ottobre 2011, dal campo profughi di Hassi Raduni, nel deserto algerino sud-occidentale, abitato da rifugiati Saharawi.
Rossella Urru, quindi, è ancora nella mani dei suoi rapitori e Adnan Abu Walid Saharawi, portavoce del Movimento unito per la Jihad in Africa, ha dichiarato alla stessa agenzia francese, che “i negoziati riguardano soltanto l’ostaggio italiano e la spagnola Fernandez de Rincon” e non il terzo rapito: Enric Gonyalons, un altro cooperante spagnolo.
Pare inoltre che il Mujao abbia chiesto anche un riscatto da 15 milioni di euro e il rilascio dei “fratelli imprigionati in Algeria” per liberare sette diplomatici algerini rapiti in Mali. Un gioco al rialzo, quindi, pieno di ombre intricate e di enigmi, un gioco in cui è caduta anche la nostra connazionale, volontaria del Cisp (Comitato internazinale per lo sviluppo dei popoli), trentenne sarda originaria di Samugheo, in provincia di Oristano, che è da 192 giorni nelle mani dei rapitori del Movimento unito per la Jihad dell’Africa occidentale.
Il territorio del Sahara Occidentale, sponda atlantica dell’omonimo deserto, ai confini con Marocco, Mauritania ed Algeria, è flagellato da ormai troppo tempo, da una situazione di conflitto che investe l’intera Regione e che porta inevitabilmente la popolazione civile a subire con maggiore disagio condizioni di vita geograficamente già di per sé non facili.
Le radici del conflitto, possono essere fatte risalire al periodo coloniale, nella fattispecie, all’espansione della Corona Spagnola che, dal 1884, stabilì in quest’area una sua nuova provincia. In un primo periodo, la Spagna, mostrerà alterni interessamenti verso la colonia africana, fino a che, sul finire degli anni ’40, non verranno scoperti gli enormi giacimenti di fosfati nella zona di Bou Craa, che porteranno il Governo di Madrid ad esercitare un maggior controllo sull’area, piegando facilmente le resistenze locali e sedentarizzando forzatamente le popolazioni autoctone (per tradizione nomadi), al fine di avviare lo sfruttamento degli stessi giacimenti minerari.
Il Marocco ha annesso il Sahara Occidentale, ex colonia spagnola, nel 1975, e da allora il territorio è al centro di una contesa tra il governo marocchino e il movimento d’indipendenza sostenuto dall’Algeria, dove molti Sahrawi vivono in campi profughi.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha adottato il 31 ottobre 2007, una Risoluzione che chiedeva la prosecuzione dei negoziati fra il Marocco e il Fronte Polisario sul futuro del Sahara Occidentale. Nella sua Risoluzione, il Consiglio di Sicurezza, sollecitava Marocco e Fronte Polisario a perseverare nella strada del dialogo e ad impegnarsi in negoziati sostanziali sul futuro del territorio. Questa Risoluzione, consolida la dinamica generale tra due cicli di negoziati diretti, precedentemente avviati fra le parti e sostieneva la richiesta del Consiglio di Sicurezza di avviare negoziati sostanziali in occasione del terzo ciclo, da tenersi in termini brevi. Fronte Polisario e Marocco hanno avuto una prima serie di negoziati diretti, sotto l’egida dell’ONU, il 18 e il 19 giugno 2007, quindi il 10 e 11 agosto. Ma poi gli stessi si sono interrotti.
Il 3 marzo scorso Al Jazira annunciò che la Urru era stata liberata, ma poche ore dopo la notizia si rivelò infondata.
Sempre ieri, le autorità locali hanno detto che i rapitori, provenienti dal Mali, hanno attraversato il confine a bordo di veicoli a trazione integrale e che, in uno scontro a fuoco, un ostaggio e una guardia Sahrawi sono rimasti feriti. E a Samugheo, paura e speranza si mescolano, poiché, dopo mesi di silenzio, si ha notizia che Rossella è in vita, ma, pare, sotto minaccia di morte se i trenta milioni richiesti non saranno pagati. Anche Giovanni Lo Porto, cooperante siciliano di 39 anni, è ancora in mano ai terroristi, dallo scorso 19 gennaio, quando venne catturato con un collega tedesco in Pakistan, nella localita’ di Multan (nel Punjab). Ed un terzo italiano sequestrato è anche, sebbene non inserito nell’elenco ufficiale della Farnesina, Bruno Pellizzari, italo-sudafricano ostaggio dei pirati somali dal 10 ottobre 2010.
Infine, un altro “caso-ombra” è quello di Lorenzo Bonaventura, anche esso seguito, comunque dal nostro Ministero degli Esteri che, in ogni caso, segue una linea ispirata alla riservatezza, che privilegia, cioè, il silenzio per favorire il buon esito della vicenda. “Il riserbo è d’obbligo per la soluzione positiva”, ha twittato qualche giorno fa il ministro Giulio Terzi in merito al caso Urru.
Un silenzio, però, talvolta percepito come un inspiegabile oblio dalla società civile che spesso si fa promotrice di iniziative di solidarietà come quelle prese per ricordare il dramma della stessa Rossella a Torino, a Cagliari o sul palco di Sanremo.
E se ancora sono in molti, troppi, gli italiani in mano ai terroristi, va anche detto che altri sono stati liberati. Ricordiamo ad esempio Francesco Azzarà di Emergency, rapito in Sudan e tornato a casa il 16 dicembre. O gli equipaggi della Savina Caylyn (cinque italiani) liberata a gennaio, o della “Rosalia D’Amato” (sei i connazionali a bordo), tornata a solcare i mari a novembre dopo 250 giorni in cattività. E, ancora, Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, sequestrati il 14 marzo in India e, infine, Sandra Maraini, che con i suoi 14 mesi e mezzo, è a tutt’oggi l’ostaggio italiano più a lungo in mano ai terroristi.
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