Carlo Erio, presidente della VII Commissione del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), che si occupa di nuova emigrazione, all’Assemblea Plenaria svoltasi la scorsa settimana alla Farnesina ha trattato appunto il tema dei giovani italiani all’estero. Proposta della Commissione è quella di "organizzare a latere della prossima plenaria una tavola rotonda o un seminario, invitando giovani italiani individuati tra i nuovi migranti per garantire la loro effettiva partecipazione democratica e invogliarli ad essere partecipi ai nostri organismi" che, al più tardi nel marzo 2014, dovrebbero essere rinnovati. Buona l’intenzione, proposta più che necessaria: i membri del CGIE, nella stragrande maggior parte dei casi, hanno un’età avanzata. Sono il solo che si chiede cosa succederebbe fra vent’anni, se questo non dovesse cambiare? Cosa succederebbe nel 2030, se i “saggi” dell’emigrazione da qui ad allora non avranno saputo coinvolgere come si deve le nuove generazioni? Facile la previsione: tutto ciò a cui si è lavorato fino ad ora andrebbe perso, tutto ciò che è stato costruito – bene o male – andrebbe dimenticato. Tempo e denaro sprecato, perché non ci sarebbe nessuno a dare continuità ai temi più vicini agli italiani residenti oltre confine. Attendiamo il CGIE e le varie forze politiche che lo compongono alla prova dei fatti.
Per avvicinare i giovani al mondo dell’emigrazione, fra le altre cose – sempre secondo Erio – la Farnesina dovrebbe “promuovere l’iscrizione all’Aire, attraverso i Consolati, insieme ai Comites e alle Camere di Commercio”. La domanda sorge spontanea: perché diamine un italiano all’estero dovrebbe iscriversi all’Aire, al di là di ciò che dice la legge? Chi si iscrive all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero un minuto dopo perde l’assistenza sanitaria in Italia: è questa la maggiore motivazione per cui in tantissimi – non solo giovani – preferiscono evitare l’iscrizione all’Aire pur di mantenere nello Stivale l’assistenza sanitaria gratuita. E allora, come più volte suggerito sulle pagine di ItaliaChiamaItalia, perché non inventarsi una sorta di “Carta dei Diritti” per chi si iscrive all’Anagrafe degli Italiani all’Estero? Suvvia, un po’ di fantasia, uno sforzo in più! Pensiamoci, almeno. Bisogna dare dei vantaggi, e se non ci sono, bisogna costruirli. E fare questo tocca alla politica.
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