Non ci sono solo gli Stati Uniti nel mirino delle aziende italiane alla ricerca di un fuga dalla crisi. Se gli States rappresentano un punto di riferimento importante, il secondo mercato estero, almeno fino al 2011 per ciò che concerne i progetti greenfield (cioè avvio di un’impresa operativa in un mercato estero secondo le normative locali), c’è un altro Paese americano che sta accogliendo sempre più l’industria italiana. Stiamo parlando del Messico, una popolazione di oltre 115 milioni di abitanti, una economia in crescita, un punto di riferimento importante anche, ma non solo, per la posizione geografica. E dal momento che il Paese americano cerca investimenti esteri e le industrie italiane stanno proprio puntando a questo, ecco allora che Messico e Italia stanno aumentando, giorno dopo giorno, i propri rapporti.
Secondo i dati forniti dalla Secretaria de Economia infatti sono già oltre 1.400 le imprese italiane, di ogni dimensione, che hanno puntato sul Messico per i loro investimenti lontano da casa. E se i nomi più noti del panorama industriale nostrano sono ormai tutti i quasi presenti in Messico, da Fiat a Pirelli, poi Technit, Luxottica, Barilla, Bulgari, Salvatore Ferragamo, Buzzi Unicem, Campari, Ferrero e l’elenco può continuare, l’aspetto ancora più interessante riguarda la media industria che si può dire ha scoperto nel Paese americano un trampolino di lancio da sfruttare al massimo.
"Negli ultimi 20 anni – ha spiegato Salvatore Parano direttore dell’ICE – Agenzia in Messico – si sono create in Messico le condizioni adeguate per gli investimenti delle industrie italiane, come un quadro macroeconomico stabile e una manodopera qualificata". Un esempio recentissimo il nuovo stabilimento messicano della Ferrero, inaugurato un paio di settimane fa a Silao, nello stato di Guanajuato, frutto di un investimento di 300 milioni di dollari e che impiegherà decine di lavoratori messicani. Sempre nella stessa località c’è poi la Pirelli che ai 200 milioni di dollari iniziali ne ha aggiunti altrettanti per un ulteriore sviluppo della propria produzione. Nemmeno la situazione difficile che si registra in alcuni stati messicani, i problemi legati alla violenza e alla sicurezza, sembra abbiano influito sulle scelte italiane e degli investitori esteri in generale e nessuna azienda, per questo motivo, ha abbandonato il Paese. Anzi le industrie italiane stanno guardando a diverse zone per aumentare la propria presenza e attualmente San Luis Potosì, Queretaro, Puebla, Guanajuato e lo stato di Hidalgo sono in cima alle preferenze.
La conferma che nel prossimo futuro ci si deve attendere un aumento della presenza delle nostre aziende è arrivata anche da un sondaggio svolto dalla Camera di Commercio italiana dal quale è risultato che il 60% delle imprese vogliono aumentare gli investimenti, il 30% li manterrà stabili e solo il 10% pensa di diminuirli, con un livello, generale, di soddisfazione del 7,6 in una scala che arrivava al 10. L’aspetto maggiormente positivo dell’esperienza messicana delle nostre aziende riguarda l’importanza del mercato e le potenzialità dello stesso, poi l’abbondante manodopera, a costi limitati e di buon livello e l’adeguato ritorno che si può ottenere dagli investimenti. Gli aspetti negativi invece riguardano soprattutto la burocrazia e la difficoltà di accesso al credito.
Esempi dell’integrazione nel sistema messicano da parte delle industrie italiane si possono trovare ovunque e una testimonianza importante è arrivata da Lupini Targhe, presente dal 2005 con un impianto a Puebla, che produce accessori per auto e il Gruppo Elica leader mondiale nella produzione di cappe da cucina, entrambi con succursali in Messico. "Qui è obbligatorio investire – ha spiegato Vanessa Zaniboni, direttore generale della Lupini – il Messico ha grandi potenzialità". Anche Marco Bonfigli del Gruppo Elica considera positiva l’esperienza messicana cominciata nel 2006, a Queretaro, e la conferma arriva dal fatto che da il gruppo italiano amministra tutto il continente americano.
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