L’On. Franco Narducci, Pd, eletto nella ripartizione estera Europa e residente in Svizzera, è alla sua seconda legislatura. Con ItaliaChiamaItalia ha parlato delle elezioni francesi appena trascorse, ma anche del voto greco.
Onorevole Narducci, si unisce al coro di giubilo per l’elezione di Hollande?
Ho l’impressione che, di questi tempi, ci siano pochi motivi per essere euforici. Nonostante la situazione attuale, il cambiamento è sempre un segnale di speranza. Dell’elezione di Hollande voglio sottolineare un aspetto simbolico, legato all’asse Merkel-Sarkozy. Per mesi questa unione ha determinato il corso della politica e gli eventi ma, alla prima prova dei fatti, ha restituito un pessimo risultato.
Era una sconfitta annunciata?
L’asse franco-tedesco ha avuto troppi momenti di indecisione che sono stati fatali, basti pensare alle incertezze che hanno caratterizzato le intere vicende della Grecia, quando bisognava agire agevolmente e invece non c’è stato un intervento rapido e decisivo.
La rottura di quest’asse prefigura ampi margini di intervento per il premier Monti?
Ora ci sono tutti i presupposti affinché il governo italiano possa cogliere questo momento di mutazioni. Più che parlare di un asse Monti-Hollande, però, voglio concentrare l’attenzione sugli interessi convergenti di Francia, Spagna e Italia nella ridefinizione delle politiche di rigore. Il problema del debito pubblico rimane, ma si può superare adottando una strategia diversa. Volendo esemplificare, è meglio mantenere un vita un cavallo di razza, ancora in grado di dare il suo contributo, piuttosto che abbatterlo.
I francesi residenti all’estero hanno votato, per la prima volta, il loro presidente. I cugini d’Oltralpe ci copiano?
In effetti, sia negli appuntamenti del Cgie che in diversi incontri, ripetiamo da tempo che si deve aprire una riflessione su questa sintonia italo-francese e sul nuovo modo di eleggere i rappresentanti francesi all’estero. Con questa elezione viene data una legittimità maggiore a quello che, in Italia, accade dal 2006. Se ne deve parlare, si deve stimolare il dibattito sulle circoscrizioni estero anche per riconoscere l’importante esperimento sostenuto da noi eletti attraverso la mole di lavoro che affrontiamo per risolvere le problematiche dei connazionali residenti al di fuori dei confini.
Hollande è partito da Parigi per incontrare i suoi candidati all’estero, questo fa dire ad alcuni che la Francia ha copiato il modello italiano riproducendolo in maniera migliore…
Voglio ricordare che, nel 2006, Prodi incontrò tutti i candidati esteri a Bruxelles e che anche Veltroni, durante la campagna elettorale del 2008, andò all’estero. Certamente non è semplice andare in Usa o in Sudamerica nel bel mezzo di una campagna elettorale, ma quello che ha fatto Hollande era stato fatto già da noi molto tempo fa. È necessario che gli elettori sappiano la verità, si registra una simbiosi e una forte attenzione dei francesi a quanto noi, per primi, abbiamo fatto.
Mentre Oltralpe si inaugura il voto estero, da noi è in pericolo. La riforma elettorale mira a cancellarlo?
Il voto all’estero è ormai fuori pericolo, poiché è inserito nella Costituzione. Nel caso venisse effettuata una riduzione generale dei parlamentari sarà difficile sostenere il fatto che siamo già sottorappresentati e, alla luce di tutti questi cambiamenti, quello che conta è migliorare la qualità della rappresentanza in maniera tale da salvarci da alcuni episodi incresciosi già accaduti in passato.
Lei è ottimista?
Penso che chi voterà le riforme non metterà in pericolo il voto estero, ma sono consapevole del fatto che, in un paese in cui partiti sono in fibrillazione e non possono più contare sul consenso del passato, tutto è possibile. Diciamo che voglio essere ottimista.
Insieme al risultato francese, sta facendo discutere quello delle urne greche. Non temete l’avanzata delle forze estremiste?
Era da mettere in conto, dopo quanto accaduto. L’impoverimento della popolazione e il dramma vissuto a lungo dalle famiglie ha generato la crescita delle forze più estreme. Proprio per questo motivo dico che è stato letale non agire in tempo, si sono tenuti troppi vertici prima di decidere una linea comune. È normale che l’affermazione degli estremismi crei timori, ma sono convinto che sia giunto il momento di ragionare in termini di ‘popolo sovrano’ che non può delegare le responsabilità solo ai partiti. Nella cabina elettorale il popolo compie una scelta e, di conseguenza, deve anche assumersi la responsabilità. Il popolo deve essere cosciente di quello che vota e, per raggiungere questo scopo, deve essere informato. La democrazia si regge sulle opinioni ed è necessario formarle in base ai fatti e non alle ideologie. Facendo un esempio, se si promette internet gratuito per tutti bisogna anche dire come sarà pagato questo servizio. È tempo di smettere con le proteste demagogiche.
La demagogia si nutre delle mancanze altrui…
È tempo di sacrifici e devono essere fatti da tutti. Il peso della crisi deve riguardare i dirigenti, il ceto medio, i ricchi e i poveri e, ovviamente, i politici, a cominciare dal taglio ai finanziamenti che, come minimo, devono essere dimezzati.
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