La diplomazia si fa anche su Twitter, a spiegarlo è stato direttamente il ministero degli Affari Esteri, questa mattina a Roma durante un convegno in occasione dell’ultima giornata del Forum 2013 della Pubblica Amministrazione. La diplomazia infatti è stata tradizionalmente rappresentata nell’immaginario collettivo come qualcosa di segreto, gestita da pochi attori, con un’opinione pubblica relegata ad un ruolo passivo o del tutto inesistente. Nel corso dell’ultimo decennio, internet, e in particolare i social media, hanno inaugurato una nuova era anche per i diplomatici.
Distanze e tempi si sono ulteriormente ridotti, con un aumento esponenziale del flusso di informazioni condivise. "Si tratta di un cambiamento a cui la diplomazia deve saper rispondere adattandosi e sapendo sfruttare al meglio le nuove tecnologie – ha spiegato Davide Bonvicini, giovane diplomatico italiano, che presta servizio al Servizio per la Stampa e la Comunicazione Istituzionale del ministero degli Affari Esteri -. Un po’ come negli anni ’60 e ’70, quando la radio e la tv hanno cambiato l’attività del diplomatico, quando ti ritrovavi a rispondere a delle domande in diretta mondiale. La stessa cosa sta avvenendo oggi con i social media, dove non c’è più una comunicazione monodirezionale, dall’alto verso il basso, ma bidirezionale. Si costruiscono contenuti insieme, quindi il diplomatico prima ancora di parlare deve saper ascoltare, e poi deve impegnarsi in una discussione con la rete per creare dei contenuti in comune".
I social media avvicinano dunque la politica e la diplomazia ad un pubblico globale, permettendo di raggiungere ampie fette di popolazione che fino ad oggi erano di fatto escluse dalle grandi scelte di politica estera. Ad esempio, con solo 140 caratteri, Twitter crea e trasmette notizie e opinioni in tempo reale, in modo semplice e conciso, creando un dialogo virtuale ma molto efficace tra attori della diplomazia e cittadini. "Twitter è solo uno fra tanti strumenti ma è quello che ti consente in realtà di creare più rapidamente delle comunità – continua a spiegare Bonvincini -, poi è chiaro che ha dei limiti molto grandi, come i 140 caratteri, ma sta in questo l’abilità del diplomatico di spostarsi su altre piattaforme per approfondire determinati argomenti". Il cambiamento è caratteristica genetica delle diplomazia e oggi, da Washington a Bucarest, da Tunisi a Pechino, decine di ambasciate e consolati hanno almeno un profilo ufficiale su un social network, rafforzando ed espandendo in tal modo la portata globale della politica estera e l’interazione con i cittadini stranieri. Come cambierà dunque la diplomazia da qui a dieci anni? "La natura vera e propria della diplomazia non cambierà, rimarrà quella – risponde il diplomatico italiano -. Quello che dobbiamo fare è essere multitasking, saper adattarsi al nuovo ambiente tecnologico per sfruttarlo al meglio, mantenendo però a mente che i nuovi strumenti non vanno a sostituire le forme di comunicazione precedente ma vanno ad arricchirle".
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