Roma – Il dopo Monti appare ancora lontano ma, nell’attesa, i partiti si litigano gli elettori anche nella circoscrizione estero. Tutti tranne il Pdl, che sembra totalmente assente in Australia così come nel Nord, Centro e Sud America. Che fine ha fatto il partito di Berlusconi? ItaliaChiamaItalia lo ha chiesto al senatore Raffaele Fantetti che, al sentir nominare il Pdl nel mondo, ha esordito con un sincero “Ahi”.
Senatore, qual è la situazione del Pdl estero? A giudicare dalla sua reazione, non sembra positiva…
Al contrario, in realtà sia io che l’onorevole Picchi ci impegniamo il più possibile. Posso parlare per l’Europa, non per gli altri continenti, poiché non conosco da vicino l’operato che si sta sostenendo negli altri territori. Come tutti sanno sia io che Picchi siamo sempre presenti a Roma nelle commissioni, sullo stesso sito del Senato sono testimoniati tutti i miei interventi su materie come finanza e bilancio. Si tratta di temi molto tecnici che vanno preparati a lungo e questo, purtroppo, porta via molto tempo anche se cerchiamo sempre di essere molto presenti sul territorio. Per me è importante che gli elettori e i colleghi si rendano conto delle capacità di impegno parlamentare che noi eletti all’estero dimostriamo costantemente.
Le “capacità parlamentari” possono tradursi, però, in minore attenzione verso le comunità locali…
No, non accade nulla di simile in Europa. Il mandato elettorale si conquista e si mantiene sul territorio, io e Picchi siamo in viaggio ogni settimana e, anche in questo caso, è tutto testimoniato sul mio sito personale. In Europa, inoltre, si è recentemente costituito un coordinamento informale che ha riunito a Londra tutti i subcoordinatori locali, giunti in rappresentanza di quasi tutti i paesi della Comunità. All’evento è intervenuto l’ex ministro degli Esteri Frattini.
Questa struttura organizzativa è già all’opera?
Il coordinamento europeo funziona bene e l’incontro con Frattini è stato importante dal punto vista politico perché ha dato un segnale di attenzione da parte del partito. L’ex ministro ha elogiato la nostra attività sul territorio, ha incontrato personalmente tutti i coordinatori ed è la prima volta che succede.
Frattini, però, non siede più alla Farnesina e forse avreste preferito la partecipazione di Alfano…
Il segretario sarebbe dovuto intervenire, ma ha dovuto essere presente a impegni di importanza nazionale, incontrando Bersani e Casini. Ha inviato un messaggio e questo, insieme alla presenza simbolica di Frattini, ha fatto sentire la partecipazione del partito alla ratifica ufficiale del coordinamento europeo.
Non è corretto, quindi, affermare che il Pdl all’estero non esiste?
No, ci facciamo sentire anche come parte integrante dei paesi in cui vivono i connazionali. Un altro passaggio importante è stata l’attività di supporto alla candidatura del sindaco di Londra, abbiamo organizzato una serie di eventi per la campagna di Boris Johnson, culminati con una serata all’istituto di cultura con duecento esponenti di spicco della comunità sociale, imprenditoriale e perfino virtuali. Con Picchi avevamo già sostenuto la precedente campagna e si sono creati ottimi rapporti che Johnson ha voluto rinnovare, per me e Picchi è un successo perché ci siamo accreditati presso le istituzioni inglesi. Gli italiani in Inghilterra sono più di 200mila, di cui 90mila votano per le amministrative di Londra. In pratica, a Londra abbiamo fatto quello che Hollande ha fatto con i francesi residenti in Inghilterra, con l’unica differenza che noi non abbiamo ancora avuto l’onore di avere il nostro presidente a sostegno delle nostre campagne.
In Europa le cose funzionano, da ciò che dice lei. E nel resto del mondo?
Non posso esprimermi su cosa accade al di fuori dell’Europa perché le ripartizioni sono enormi e non posso seguirle tutte. Mi auguro che i colleghi mettano il medesimo impegno, sono sicuro che è così. Ho già sostenuto pubblicamente che è tempo di riorganizzare il Pdl estero, effettivamente deficitario negli ultimi tempi.
Solamente negli ultimi tempi? Frattini è venuto a Londra solamente ora che non è più ministro…
A quei tempi non ero senatore, parlo di quello che so e posso dire che all’interno del Pdl c’è sempre stato un atteggiamento ambivalente sull’estero, ci sono alcuni grandi sostenitori e altri grandi critici. Di recente, nel corso dell’assemblea di gruppo dei senatori Pdl, si è dibattuto proprio di noi eletti all’estero, Giovanardi ci ha attaccato ed ho risposto sostenendo le ragioni della nostra valenza.
Non esiste il pericolo che i ‘Giovanardi’ si moltiplichino?
Il pericolo c’è perché sia nel nostro che in altri partiti si sono verificati casi di cattiva rappresentanza dell’elettorato estero che hanno danneggiato la nostra immagine. Tutto questo, però, va bilanciato con argomenti sostanziali basati su dati e fatti.
La riforma del voto mette a rischio la circoscrizione estero?
Abbiamo già sostenuto a gran voce che non si può applicare un’ulteriore aumento della percentuale tra elettore ed eletto perché noi abbiamo già applicato un’elevata leva e, inoltre, noi scegliamo già il candidato con il voto di preferenza. In pratica siamo gli unici che garantiscono la scelta dell’eletto da parte dell’elettore e che vantano già un numero di eletti per elettore basato su una leva molto amplia: abbiamo tutte le caratteristiche che, invece, mancano a chi vota in Italia.
Non temete il rischio di uno ‘sgambetto parlamentare’ durante la riforma del voto?
In realtà abbiamo proposto una cosa molto logica e semplice, se veramente si passasse da sei a quattro senatori e da dodici deputati a otto è necessario cambiare anche le ripartizioni perché si creerebbero delle situazioni irregolari. Sosteniamo quotidianamente tutte queste tesi nelle commissioni e, sinceramente, il lavoro che facciamo è più che dignitoso sia dal punto di vista dell’impegno fisico, con i continui viaggi, che intellettuale, con la preparazione che mettiamo nelle nostre relazioni. Non ci limitiamo a spingere un bottone per votare.
A proposito di chi vota in Parlamento, come commenta l’avanzata delle forze estremiste in Grecia?
Il comune denominatore tra i neonazisti e l’estrema sinistra è la vittoria degli estremismi. I partiti di centrodestra e centrosinistra sono stati puniti perché ritenuti i principali responsabili del fallimento dell’economia greca, è stato un voto di protesta che non porterà a una soluzione perché, così, il Parlamento è ingestibile.
I francesi, invece, hanno votato anche se residenti all’estero…
I francesi hanno votato su un sistema identico al nostro, suggerito proprio da noi molti anni fa nel corso di un incontro a Bruxelles. È molto interessante analizzare questo voto, il loro candidato ha preso sul serio la questione, Hollande è venuto in Inghilterra a sostenere il candidato locale, è un esempio positivo per noi. Per quanto riguarda le posizioni e la visione espressa da Hollande in campagna elettorale, bisogna vedere se porterà avanti questa deviazione rispetto alla linea di rigore fiscale. Se sarà così sarà un grosso problema perché il rigore fiscale è una priorità indispensabile, serve per garantire la crescita.
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