Aldo Di Biagio e Ricardo Merlo avranno il difficile compito di dare nuovo lustro alla presenza politica degli italiani all’estero. I casi Pallaro, Di Girolamo, Razzi, la presenza dei vari “Cacho” Caselli, gli scandali che hanno investito Lavitola, Pintabona, Miccichè, le vicende legate al voto di scambio, l’eccessiva litigiosità, la presenza di “notabili” dell’emigrazione attaccati con le unghie e con i denti a strutture obsolete, inutili, costose ed auto-referenziali, hanno di fatto minato il patrimonio di credibilità e di simpatia ereditato da Mirko Tremaglia che, alla causa degli italiani all’estero, ha dedicato l’intera vita politica.
La “legge Tremaglia” fu un atto dovuto: il Parlamento italiano intese riparare in quel modo a tanti anni di oblio verso i milioni di concittadini costretti, nel corso del secolo scorso, ad emigrare in cerca fortuna. Fu un atto dovuto verso le migliaia di italiani che con le loro rimesse dall’estero aiutarono vaste zone del Paese a svilupparsi, fu un atto dovuto verso coloro che subirono ingiustizie e discriminazioni, verso coloro che hanno sempre promosso il “Made in Italy” all’estero e verso coloro che sono caduti sul lavoro come i minatori di Marcinelle. Mirko Tremaglia si fece portatore di quelle istanze e riuscì a portare a compimento quella battaglia. I risultati non sono purtroppo stati all’altezza delle aspettative. L’italianità nel mondo è stata presa in ostaggio da faccendieri senza scrupoli che hanno fatto scempio del messaggio di Mirko Tremaglia. Tutta la vicenda Di Girolamo, per non parlare del caso “Giacchetta” e delle nomine scellerate fatte dai partiti, ne sono la prova più lampante: sono la prova di come sia stato tradito il messaggio di Tremaglia.
In tempi di “spending review” dove vengono chiesti sacrifici a tutti gli italiani per riequilibrare i conti del Paese, noi italiani all’estero, non possiamo rasentare il ridicolo difendendo carrozzoni inutili e costosi che non servono a nulla, che non arrecano alcun beneficio alle comunità italiane all’estero: prendiamo ad esempio i Comites e il Cgie. I primi, che di consultivo fanno ben poco, sono una mini patacca politica per chi vuole distinguersi nella comunità. Il Cgie idem: meglio semmai il Cge spagnolo, incastonato nel ministero del lavoro e politiche sociali. In quella sede le istanze hanno prevalentemente quei contenuti tesi a migliorare la legislazione, per esempio, relativa alle politiche di ritorno e reinserimento degli ex espatriati. Se guardiamo il sistema francese, poi, l’Afe è più incisiva e affronta globalmente il tema della "francesità", con un approccio pratico e non alla “faremo" come quello del Cgie. Sfido a trovare un solo provvedimento serio suggerito dal Cgie approvato con decreto ministeriale o che abbia realmente stimolato il legislatore. Ma vi pare che riunirsi due volte l’anno possa servire a qualcosa? Considerando che abbiamo 18 parlamentari, quindi armati di iniziativa legislativa, cosa ce ne facciamo di decine di consiglieri che non sanno nulla degli iter italiani?
Quanto agli altri enti, l’Enit, in un’era digitale, non serve a nulla che abbia uffici all’estero. È sufficiente organizzare da Roma country-presentation mirate. Camere di commercio all’estero? Pagliacciate, se non costituiscono un reale cartello per tentare di influenzare la legislazione del Paese in cui si trovano in materia eco-fin. IIC: in piena crisi il governo tedesco ha aumentato i fondi per i Goethe, noi li abbiamo ridotti. La programmazione delle attività, peraltro, premia le sedi strategiche a danno di molte altre, anche in presenza di una forte richiesta di italianità. E poi è vecchia, descrive un’Italia superata. Grosso problema è la scelta dei direttori: interamente politica, cioè lontana da criteri di selezione reali. Con la conseguenza che o tutto viene riordinato sulla base di una politica estera al passo con la domanda estera o è meglio chiudere uffici e sedi non produttivi in termini di coinvolgimento dei potenziali "clienti". In altri termini, manca la strategia, problema di sempre della nostra politica estera.
La chiusura di alcuni consolati e agenzie consolari non mi scandalizza: basta digitalizzare tutto. Quei soldi risparmiati si possono girare a capitoli di spesa sulla cultura. Piuttosto metterei in evidenza lo scandalo di chiudere alcune sedi Rai: Argentina, Turchia, Russia… Opera di Lorenza Lei…
Dei patronati taccio per amor di Patria: lo scandalo Giacchetta ha dimostrato che sono carrozzoni inutili, clientelari e dalla gestione poco trasparente.
Da questa breve rassegna si evince come il campo dell’italianità nel mondo sia ridotto ad un cumulo di macerie. Eletti culturalmente inadeguati ed organismi auto-referenziali hanno salvaguardato gli status-quo, le posizioni ed i privilegi di pochi a scapito dell’intera collettività. Il Pdl si è dimostrato il peggiore in assoluto: travolto dagli scandali, non ha saputo minimamente incidere sulle politiche per gli italiani all’estero. Siamo passati dalle intemerate di Caselli ai silenzi di Picchi & Fantetti, sulla cui inutilità non vale nemmeno più la pena di spendere una sola parola. Speriamo che persone come Simone Ceramicola, Massimo Romagnoli o Danilo Benevelli possano ridare un minimo di dignità alla presenza del Pdl in Europa dimostrando che Picchi e Fantetti furono solo un tragico errore di passaggio.
Se il Pdl ha brillato per la sua assenza, il Pd si è dimostrato invece il partito conservatore per eccellenza: si è arroccato in difesa dell’indifendibile ed ha perso la faccia sul “caso Giacchetta” (caso esploso anche grazie alle costanti denunce de L’Italiano) al pari dell’Inca-Cgil.
Restano le note positive di Ricardo Merlo che guida la rinascita dell’italianità in Sud America, distanziandosi sia dalla sinistra, sia da Pdl di Caselli sia da Pallaro e di Aldo Di Biagio giunto al ventesimo giorno di sciopero della fame per ottenere l’approvazione del DDL anti-corruzione al Senato. Casini e Fini, con ogni probabilità daranno vita ad una lista comune per l’Italia alle prossime elezioni. Di Biagio e Merlo sono i deputati che dovrebbero rappresentarne le istanze tra gli italiani all’estero. Personalmente mi aspetterei che Merlo e Di Biagio definiscano strategie comuni e selezionino uomini capaci di rilanciare l’Italia nel mondo: secondo la mia opinione, Ricardo Merlo dovrebbe difendere le posizioni in Sud America, guadagnarne in Nord e Centro America e in Australia: Aldo di Biagio potrebbe avere il compito di organizzare la presenza in Europa, continente molto politicizzato, con un’opinione pubblica molto attenta alle vicende che riguardano le politiche comunitarie. Per sedurre gli elettori europei bisognerà evitare ogni forma di “pallarizzazione” e bisognerà indirizzare un messaggio di rinnovamento chiaro agli elettori. La sfida di Merlo e di Di Biagio è appena iniziata.
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