Il CGIE, già con le funzioni che la legge gli attribuisce oggi, potrebbe essere di grande supporto alle famiglie degli emigrati italiani coinvolte nel caso che ha visto coinvolto il patronato INCA/CGIL. Di seguito una serie di annotazioni sulle possibilità di intervento del CGIE, auspicando che esse siano oggetto di una valutazione più ampia e che applicando gli articoli del testo unico della legge istitutiva del CGIE e sue successive modificazioni il Consiglio Generale possa essere concretamente un’istituzione che lavora per il rispetto dei diritti e per la tutela degli italiani residenti all’estero.
All’art. 1 della legge istitutiva in vigore, si può leggere: “Il CGIE, in aderenza ai principi affermati dagli articoli 3 e 35 della Costituzione, ha il fine di promuovere e agevolare lo sviluppo delle condizioni di vita delle comunità italiane all’estero e dei loro singoli componenti, di assicurare la più efficace tutela dei diritti degli italiani all’estero”. Con amarezza si deve costatare, che da parte del CGIE, la tutela dei diritti delle vittime italiane della truffa, purtroppo non ha avuto ancora modo di manifestarsi, né sono state ancora prese misure concrete in tal senso, come per esempio un’azione di assistenza legale oppure un’interpellanza al Ministero di competenza se non al governo italiano. Inoltre, in virtù di quanto previsto all’Art. 3 il CGIE avrebbe potuto limitare la truffa intervenendo, dopo la prima denuncia nell’agosto 2008, con un approfondimento chiarificatore usufruendo del diritto di accesso ai vari documenti delle organizzazioni coinvolte.
Il CGIE avrebbe inoltre potuto, fruendo della partecipazione ai propri lavori di esponenti del Ministero del Lavoro e del dicastero di sorveglianza dei Patronati, chiarire gli aspetti ancora oscuri riguardo la truffa, come ad esempio la vicenda dei timbri consolari falsificati e il perché il direttore INCA/ CGIL dopo essere stato licenziato dall’INCA/ CGIL avesse potuto esercitare le stesse funzioni ed operazioni all’INAC continuando a truffare.
Il CGIE sarebbe potuto intervenire, tramite i propri consiglieri della Svizzera, sensibilizzando in tempo il Consolato e il Comites di Zurigo a riguardo della truffa e fungendo da interlocutore con il patronato INCA oppure con il sindacato promotore CGIL.
In conclusione, sono convinto che lo statuto del CGIE se applicato possa dare un contributo considerevole per migliorare la situazione di noi emigranti italiani e che nel caso dell’evento specifico capitato a danno di parecchi connazionali a Zurigo il CGIE non ha ancora dimostrato tutto il suo potenziale.
Credo che se intervenisse decisamente in supporto delle vittime dimostrerebbe a tutti i connazionali sia all’estero che in patria che è un’organizzazione in grado di rappresentarci degnamente e anche di agire. Finora, purtroppo, non l’ha fatto. Sono però fiducioso che se ne cogliesse l’opportunità, e lo può fare ancora, dimostrerà che la sua esistenza è lecita e meritata. La truffa capitata a Zurigo è una prova decisiva per il CGIE. Se l’INCA/CGIL che è stata condannata dai tribunali elvetici per responsabilità oggettiva dovesse eludere di risarcire i danneggiati questo sarebbe l’inconfutabile testimonianza non solo della totale inutilità del CGIE, ma peggio ancora il CGIE si dimostrerebbe un ente che non riconosce e che copre gli atti illeciti.
Una grande responsabilità incombe in questi giorni sui responsabili del CGIE. Invito tutti a vigilare su di loro.
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