Roma – Nuove nomine, vecchi nodi da risolvere. Il rinato Comitato Tricolore per gli italiani nel mondo ha lanciato la prima sfida venerdì 2 marzo, nel corso della riunione straordinaria convocata presso la Camera dei Deputati, in sala della Mercede, conclusa con la designazione dei coordinatori.
Il primo passo da compiere, ora, è “riallacciare i rapporti con le comunità estere” come spiega il neocoordinatore europeo Mario Caruso, a colloquio con ItaliaChiamaItalia.
Mario Caruso, Coordinatore europeo Ctim. Si immaginava questa nomina quando è atterrato in Italia, lo scorso venerdì?
No, non me l’aspettavo. Ero venuto a Roma con un solo intento, trovare una base solida per far ripartire il Ctim.
Quando dice “non me l’aspettavo” si riferisce genericamente alle nomine o, specificatamente, alla sua?
Sapevo che volevamo programmare come andare avanti, ma non mi aspettavo che si arrivasse alla mia nomina, della quale sono estremamente contento. È un segnale forte, è l’indizio che suggerisce quanto siamo intenzionati ad andare avanti e a far carburare quel grande motore che è sempre stato il Ctim.
Questo “grande motore” sta realmente rinascendo?
Sì, il Comitato è già in fase di rinascita. Quello che mi dispiace maggiormente è che, proprio nel momento storico in cui avremmo potuto fare tanto grazie a una scena politica a nostro favore, totalmente diversa da quella degli anni Settanta o Ottanta, ci siamo appiattiti e non abbiamo avuto la forza di sfruttare il vento a nostro favore.
Per quali motivi?
Per tanti motivi. In parte anche perché il nostro segretario generale, Mirko Tremaglia, ha dovuto combattere contro l’avanzamento degli anni e il peggioramento della sua salute. Tutto ciò ha causato rallentamento e incertezza nell’operato del Ctim.
Non vorrà dirci che l’indebolimento del Ctim è stato dovuto solo alla salute di Tremaglia?
No, assolutamente. In realtà la nostra struttura non ha saputo reagire, qualcuno doveva capire che, pur non avendo più ordini precisi dal segretario, era necessario ugualmente prendere iniziativa. Se Tremaglia avesse visto una cosa fatta bene l’avrebbe approvata.
Di che cosa ha parlato nel suo discorso post-nomina? A chi o che cosa ha dedicato le sue prime parole da coordinatore europeo?
Ho sottolineato che, da ben 20 anni, sento le stesse chiacchiere e non vedo visi nuovi.
Se la situazione è questa, come è possibile pensare di far ripartire il comitato?
È possibile, se tutti noi cominciamo a ragionare in maniera più concreta e costruttiva. Dobbiamo ripartire dai fatti e dalla concretezza.
Quali fatti, in particolare?
Dobbiamo ritornare ad avere dei seguaci. Dobbiamo smettere di lamentarci sempre e di ripetere che non ci sono i fondi necessari per portare avanti delle proposte anzi, al contrario, proprio attraverso l’organizzazione di progetti ed eventi che promuovano la cultura è possibile attrarre nuovi investitori.
Dove si possono trovare, concretamente, i soldi?
Ci sono molte regioni che investono, non sono gli stessi fondi di una volta, ma ci sono altre strade che possiamo intraprendere.
Cosa cerca il Ctim di oggi?
Cerchiamo visibilità, basta con le chiacchiere. Vogliamo far tornare in alto il nome del Comitato e trovare nuova linfa vitale nei nostri sostenitori.
La visibilità si crea facendo eventi?
No, il mio ragionamento è molto diverso. La visibilità si crea incontrando la gente e andando sul territorio, stando loro vicino, chiedendo quali sono i problemi delle comunità.
A quale ‘target’ vi rivolgete? Quali sono gli italiani che potranno sentirsi parte di questa famiglia?
Non c’è un solo target. La prima e la seconda generazione di emigrati hanno già vissuto il Ctim, mentre la terza generazione ne ha ancora più bisogno. Proprio il suo essere integrata nel tessuto sociale del nuovo paese, infatti, la porta a distaccarsi dall’Italia e non possiamo permettere che questo accada. I giovani sono un patrimonio di riflesso per il nostro Paese.
Quali sono i vostri riferimenti politici? L’atteggiamento di Futuro e Libertà sembra molto attento. Il partito vi ascolta?
Il Ctim non ha un ruolo politico e non è una formazione politica. Quando un connazionale si rivolge a noi perché vuole iscriversi, non gli chiedo la tessera. Questo è sempre stato il primo comandamento di Tremaglia.
Dalla sua affermazione potrebbe sembrare che lei stia rinnegando il passato…
Nonostante il Comitato sia sempre stato percepito come una formazione di destra, questo non significa che l’Udc, il Pd o qualsiasi altro partito non possa aiutarci nella causa degli italiani nel mondo. Noi non neghiamo nulla a nessuno, siamo al di sopra di queste cose.
Di Biagio e Menia, però, sono di Fli…
Di Diagio e Menia simboleggiano un’importante continuità con la nostra storia, vengono dallo stesso percorso di Tremaglia. Quello che conta, però, è la volontà concreta di lavorare per i connazionali nel mondo. Il tricolore, richiamato nel nome del comitato, è la bandiera di tutti gli italiani.
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