C’è anche un italiano, Alberto Magliano, tra i 13 morti – il bilancio è ancora provvisorio – causati da una valanga che ha travolto decine di alpinisti impegnati nell’ascensione del monte Manaslu, ottava vetta del mondo (8.156 metri) nella catena dell’Himalaya.
Era una scalata “commerciale”, ovvero non formata da professionisti: dopo la valanga, 12 alpinisti sono stati salvati. Fra questi gli italiani Silvio Mondinelli, Christian Gobbi e Marco Confortola. Fra le vittime, anche tedeschi, nepalesi e un francese.
Squadre di soccorso hanno raggiunto in elicottero il luogo dell’incidente, recuperando i cadaveri affiorati, organizzando il recupero di quelli ancora sotto la neve, e trasferendo i feriti, fra cui almeno cinque tedeschi, in ospedali di Khatmandu.
Secondo la ricostruzione dell’incidente fatta da Mondinelli, un seracco di ghiaccio si e’ staccato prima dell’alba dal fianco della montagna e cadendo avrebbe provocato una valanga che si e’ abbattuta sul campo base n.3 del Manaslu che si trova a 7.000 metri di quota. Data l’ora, tutti gli alpinisti stavano dormendo nelle tende con gli sherpa e sono quindi stati investiti in pieno dalla enorme massa di neve e ghiaccio. Per spiegare la morte di Magliano, Mondinelli ha detto che ‘probabilmente la tenda di Alberto era piu’ pesante della nostra dato che conteneva anche delle bombole di ossigeno e quindi il peso le ha impedito di saltar fuori dalla slavina’.
L’APPROFONDIMENTO Gli altri due italiani che erano con Magliano, Silvio Gnaro Mondinelli e Christian Gobbi, sono stati miracolosamente "sputati" fuori dalla valanga dopo essere stati travolti per 200 metri, rifersice il, sito Montagna.Tv. "Io e Christian stiamo bene, siamo arrivati al campo base poco fa – ha raccontato Gnaro al sito specializzato in alpinismo – ma purtroppo Alberto non ce l’ha fatta. L’abbiamo estratto dalla neve con lo sherpa, e siamo rimasti su ad aspettare per portarlo giu’, ma gli elicotteri stanno trasferendo i feriti a valle e ci hanno detto che ci sarebbe voluto tempo. Stasera tardi, o piu’ probabilmente domani mattina, risalgo con l’elicottero per andare a prenderlo. Non riesco a pensarci, era diventato nonno ieri e piangeva di gioia. E’ terribile".
Il racconto della valanga e’ agghiacciante. "Erano le 4.20 – dice l’alpinista – stavo per uscire a fare un bisogno. Si e’ sentito un rumore assordante e non abbiamo piu’ capito niente. Io ero in tenda con Christian, ci siamo ritrovati travolti e copiti da blocchi di ghiaccio e neve. Dopo 200 metri la valanga ci ha buttato fuori. Abbiamo perso tutto, eravamo senza scarpe. Era buio, non c’era luce, non si vedeva niente". "Le tenda di Alberto era proprio vicino alla nostra – prosegue Mondinelli a Montagna.Tv- non riesco a capacitarmi che sia morto. Lui aveva all’interno bombole d’ossigeno che forse hanno fatto peso e l’hanno trascinato in basso, mentre noi eravamo piu’ leggeri. Non lo so. Comunque lui e’ finito in profondita’ e non ce l’ha fatta. Lo abbiamo tirato fuori ma non c’era piu’ niente da fare". "E’ difficile dire cosa abbiamo provato – prosegue Gnaro – perche’ e’ stata una frazione di secondo. Pero’ dopo e’ stato tremendo. Io e Christian ci siamo avvolti i piedi con i sacchi a pelo e abbiamo camminato per un tratto cosi’, poi abbiamo recuperato degli scarponi per scendere".
Secondo le ultime notizie ufficiali, riferite dell’Himalayan times, si parla di 11 morti accertati e 8 dispersi, piu’ un numero imprecisato di feriti. La situazione quando gli italiano hanno lasciato il campo 3 era impressionante "Ho contato almeno 12 o 13 cadaveri – conclude Mondinelli, intervistato dal sito – la valanga era cosi’ grossa che ha polverizzato anche il campo 2 tra spostamento d’aria e neve. Li’ pero’ si sono salvati tutti, ci sono solo due o tre sherpa un po’ malconci ma tutto sommato in buone condizioni".
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