L’Italia vista da noi francesi é un paese strano, affascinante, meraviglioso, ma pieno di contraddizioni. Per oltre quarant’anni la politica del Belpaese é stata caratterizzata da un assoluto immobilismo; Dc e Pci si sono spartiti rispettivamente il monopolio del Governo e quello dell’opposizione prendendo insieme ogni grande decisione e dando vita a quel consociativismo che, probabilmente, é all’origine di molti mali italiani. Nel 1992 con l’operazione Mani Pulite si pensava ad un reale rinnovamento, ma tutto é rimasto come prima; anzi i casi di corruzione sono aumentati a dismisura e la politica non é mai stata così impopolare. Essendo di origini italiane e frequentando regolarmente italiani in Francia, mi sono interessata, in questi ultimi anni al mondo degli «italiani all’estero», grazie anche ad «Italia chiama Italia» che si é rivelato uno strumento indispensabile per chi vuole vuole conoscere questo mondo a parte.
Mirko Tremaglia aveva percepito prima di tutti il potenziale degli italiani nel mondo, autentici ambasciatori del «Made in Italy». Trattati da stranieri in Italia e da italiani (quindi da stranieri) nei paesi d’adozione, spesso vittime di pregiudizi e di incomprensioni, gli italiani nel mondo vinsero la loro battaglia dieci anni fa con l’approvazione della «legge Tremaglia» che ha anche ispirato il legislatore francese.
Battaglia vinta? Tutt’altro, visti i risultati: gli eletti all’estero, che dovevano rappresentare l’eccellenza dell’italianità nel mondo, si sono rivelati un bluff, gli organismi creati per dare voce e rappresentanza alle comunità italiane, come i Comites e i Cgie, si sono rivelati inutili e costosi baracconi popolati da patetici dinosauri dell’emigrazione, spesso sorpresi a sonnecchiare dopo i lauti pranzi di gruppo (cosa in cui eccellevano…).
I patronati sono sempre state strutture opache, oscure, dalla gestione poco trasparente: centri di clientele e di malaffare come dimostra la recente condanna, da parte di un tribunale elvetico, dell’Inca-Cgil di Zurigo per il famigerato «caso Giacchetta». Gli enti di supporto alle attività economiche come Enit, Camere di Commercio estere, per non parlare dell’Ice, non servono a nulla e costano centinaia di migliaia di euro ai contribuenti. I direttori di questi enti hanno l’aria dei vacanzieri annoiati e sono poco propensi ad ascoltare le istanze degli operatori economici che hanno imparato, specie in Francia, a cavarsela da soli.
E gli istituti italiani di cultura all’estero? A questo punto una risata vi seppellirà! Le presidenze di questi lussuosi centri vacanze cinque stelle sono molto ambite: si guadagna bene (12 mila euro al mese oltre vitto e alloggio) e si fatica poco o nulla. Unica credenziale domandata: avere un santo alla Farnesina tra i funzionari, quelli che muovono tutti i fili della macchina amministrativa. I politici passano, ma i funzionari restano e fanno le nomine! Una classe politica dotata di un minimo di decenza avrebbe cercato di riordinare le cose, eliminando gli sprechi e potenziando le strutture davvero utili. Invece cosa é successo? Cerchiamo di ricapitolare in sintesi.
Prima arriva un tal Pallaro con la valigia di cartone (culturalmente parlando) direttamente dal Sud America che ci fa sapere che per lui destra e sinistra sono la stessa cosa della serie «Francia o Spagna purché se magna». Poi arrivarono i Blues Brothers de noantri capitanati da quel Sergio De Gregorio, che con Amato Berardi come spalla, farebbe la fortuna di qualsiasi cabaret (basta lasciarli parlare a ruota libera senza bisogno del copione). Questi insieme al gentiluomo di Sua Santità e a Di Girolamo (finito in galera) fondarono la Fondazione Italiani nel mondo il cui manifesto sembrava la locandina del remake del celebre film «la banda del buco».
Raffaele Fantetti condusse una lotta estenuante contro la falsa residenza estera di Di Girolamo; altro mistero italiano! Lui che era residente a Londra ma viveva e lavorava a Roma, probabilmente a sua insaputa…
Il buon Fantetti era solito chiamare a tutte le ore del giorno per perorare la sua causa; aveva l’aria perennemente in pena e si era accucciato ai piedi di Aldo Di Biagio diventandone il fedele lustrascarpe, tanto che il buon Aldo, mosso a compassione, gli trovò una scrivania, una sedia, una penna ed una matita in un ufficetto attiguo al Senato tanto per farlo sentire utile.
Cosa fece il buon Fantetti una volta vinta la sua battaglia? Scappò senza ringraziare, staccando il telefono per quasi un mese e si mise al servizio di un nuovo padrone assai eccentrico: quel Guglielmo Picchi di Firenze noto come il don Abbondio di Montecitorio. La filosofia di Picchi si riassume in un motto: io non c’ero e se c’ero dormivo! Inutile cercarlo alla Camera o sul portatile: non vi risponderà!
E poi c’é la Barbara Contini, accidenti! Nel 2008 era alla testa del Pdl nel mondo, con tanto di ufficio e segreteria al seguito: di lei ci restano le memorabili intercettazioni tra un suo collaboratore ed il faccendiere siciliano Micciché, arrestato in Venzuela, che reclama i soldi per i voti di scambio ottenuti dai suoi corregionali perché «la Sicilia é cosa nostra!». Per la cronaca, dopo essere stata scaricata da Berlusconi, la Contini é passata al Fli.
A sinistra le cose vanno meglio? Non si direbbe. L’altro giorno l’on. Narducci ha dato segni di evidente nervosismo davanti ai commenti di Andrea Verde che accusava il Pd e la sinistra di omertà sulla vicenda Giacchetta. E’ facile tirare sempre in ballo Berlusconi come ben sa la pasionaria alle vongole Laura Garavini e sproloquiare sulla mafia, ma é più difficile vedere il marcio che si ha in casa propria. La sinistra, questa sinistra, non può dare lezioni di morale a nessuno!
E veniamo a quelli che per me sono i due eroi dell’italianità all’estero; Ricky Filosa e Andrea Verde. Entrambi sono sotto querela per un articolo che il sen. Caselli trovò offensivo e il direttore é anche sotto querela da parte di Antonio Razzi, quello dei «cazzi miei». Nessun politico (a parte Massimo Romagnoli, per la verità) ha espresso solidarietà a Verde e Filosa; omertà continua! Eppure in questi anni Filosa e Verde hanno rappresentato altro rispetto al malaffare che ruotava intorno alla grande mangiatoia. Mentre gli altri intrallazzavano, loro facevano informazione, cultura, si occupavano di grandi tematiche, partecipavano (a loro spese) a meeting e riunioni: le loro pagine facebook ospitano giornalmente discussioni molto seguite. Sono forse gli unici che hanno saputo dare un’immagine diversa degli italiani nel mondo. Non hanno mai chiesto niente per loro; posti, stipendi d’oro, cavalierati, nomine in enti. Hanno lavorato sempre per amore del giornalismo e della politica. Eppure c’é sempre qualcuno pronto a rinfacciare a Verde il suo passato professionale nel settore degli audiovisivi per adulti (come se davanti a questo letamaio qualcuno potesse scagliare la prima pietra) e a Filosa una presunta faziosità. In questo mondo di ladri loro rischiano di finire in prigione, loro rischiano ogni giorno di vedersi umiliare dall’arrivista raccomandato di turno. Ma loro almeno hanno tramesso un’altra immagine dell’Italia; un’immagine di pulizia e di onestà intellettuale. Se potessi votare, voterei Filosa e Verde!
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