“Fanno la valigia e ciao, ci si rivede forse a Natale, giusto il tempo per un pranzo in famiglia, perché ci sono gli amici, la gita sugli sci, qualche acquisto made in Italy. Poi di nuovo ciao. A mamma e papà non resta che superare il senso di abbandono, la cameretta che torna a essere vuota, e cercare una nuova modalità di relazione in formato Skype. Quando ci riescono… Si parla spesso degli expat, quelli che una volta si chiamavano migranti. Se ne parla perché è la meglio gioventù che se ne va: solo nel 2016 sono partiti 124mila connazionali, e il 39% ha tra i 18 e i 34 anni. Il totale dei registrati all’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, è di oltre 5 milioni. Mentre tre giovani under 30 su quattro, oggi, lascerebbero l’Italia, secondo un’indagine pubblicata dal Corriere della Sera”. Così scrive Cristina Lacava su “Io Donna”, magazine del “Corriere della sera”.
“Molto meno si pensa invece a chi resta a casa, ai genitori dei cervelli in fuga. Come Assunta Sarlo, due figli all’estero, che in Ciao amore ciao (Cairo editore) racconta il punto di vista di questi adulti orgogliosi e confusi, “contenti ma alle prese con un senso di perdita sul domani, a cercare di capire cosa significa essere mamme e papà a distanza”. Una situazione non facile, comunicare con un figlio che vive in un mondo che non conosci, del quale non fai parte. Ma se nel libro ci sono le storie di chi convive con l’assenza, in realtà c’è anche chi non demorde, si fa quattro conti e decide: parto anch’io.
È un fenomeno nuovo, per ora ristretto, che riguarda il 5,2% delle iscrizioni all’Aire del 2016, secondo il Rapporto italiani nel mondo di Fondazione Migrantes. Ma sta facendo breccia.
“Il tema del ricongiungimento familiare è una costante. Tutti sperano in un ritorno dei figli” dice Brunella Rallo, che con il blog mammedicervellinfuga.it ha il polso della situazione. “Pochi di noi, per ora, si trasferiscono. Anche perché spesso abbiamo i genitori anziani da accudire. Molti però ci pensano, si informano, mettono le basi”.
Noi abbiamo trovato qualcuno che ha già fatto la sua scelta. Salendo su un aereo. Senza biglietto di ritorno (o quasi).
Sono ripartita da zero | Rita Circolone, 50 anni
“Cinque anni fa sono rimasta disoccupata. Da Ferrara, dove vivevo, sono tornata a Lecce, la mia città d’origine. Opportunità, zero. Mia figlia Valentina, che lavorava già come manager per Amazon in Lussemburgo, mi ha chiesto di raggiungerla. Non sono una chioccia, non volevo farle sentire il peso di una mamma single. Ma sono partita. All’inizio è stata dura, non parlavo neanche il francese. Dopo qualche mese però ho incontrato un lussemburghese, ci siamo innamorati e sposati. Mi sono trasferita a Esch-sur-Alzette, a 20 km dalla capitale. Ho fatto domanda in Comune e mi hanno assunta, perché prendono gli stranieri di tutte le nazionalità. Ho iniziato una nuova vita, anche se nel 2017 ho divorziato. L’anno prossimo rimarrò sola di nuovo, perché Valentina, che nel frattempo si è laureata in Psicologia, si trasferirà a Seattle. Ma ho deciso: resterò in Lussemburgo. Il mio secondo figlio vive a Bari, ha un buon lavoro, sono tranquilla per lui. Qua ho costruito una rete di amicizie, mi trovo bene. Al Comune lavoro in una Commissione per l’integrazione, perché ci sono tante comunità, ma separate. Non ho motivo per tornare”.
Per stargli vicino, ho fatto la ragazza alla pari | Silvana D’Intino, 65 anni
“Mio figlio Ruggero è partito per l’Australia dopo l’esame di maturità, senza conoscere nessuno. La svolta è arrivata con la laurea in Ingegneria informatica, a Canberra: l’Australia mette i paletti a chi viene da fuori, o trovi un lavoro stabile entro un anno e mezzo o te ne vai. Durante il viaggio che abbiamo fatto insieme per festeggiare il diploma, ho capito che non potevo lasciarlo solo in questo avvio di vita così complicato. Ho deciso di accompagnarlo, almeno per un pezzo, finché non si fosse sistemato. Mi sono ricordata delle ragazze au pair che abbiamo avuto in casa e mi sono messa alla prova. Ho trovato una famiglia di origine italiana, e mentre mi occupavo dei bambini sono entrata in contatto con la nostra comunità. Credo che mettere in collegamento chi è già là e conosce il Paese possa essere un aiuto per chi è in partenza. Così, insieme a mio figlio ho deciso di creare un network tra expat di ieri e di oggi, itaufamily.com che a breve sarà in rete. Lui ci lavora in Australia, io faccio avanti e indietro”.
Con Laura in tutto il mondo | Gerardo Gillini, 73 anni
“Mia figlia Laura è medico infettivologo, lavora per l’Organizzazione mondiale della sanità e si sposta spesso. Ha due figlie, Jasmin, di 11 anni e Yagmur, 9, avute dall’ex marito turco. Da quando è rimasta single, io e mia moglie Rosanna abbiamo deciso di darle una mano con le bambine. L’abbiamo seguita a Washington, in Armenia, alle isole Fidji, poi per 3 anni abbiamo fatto avanti e indietro con l’India. Partiva spesso per lavoro, non volevamo che le nipotine stessero da sole. Non è stato un sacrificio, perché ci è sempre piaciuto viaggiare, e in questi anni abbiamo costruito una rete di amicizie in tutto il mondo. Ma ora siamo un po’ stanchi e anche lei lo è. Le bambine, sballottate da una scuola americana a una internazionale, avrebbero bisogno di maggiore stabilità. Anche didattica; possibile che all’estero non facciano imparare le tabelline a memoria? Sia chiaro: è Laura a decidere per le sue figlie, noi restiamo un passo indietro. Intanto però le bambine sono con noi in Puglia e ora andranno in una scuola pubblica a Brindisi, dove per la prima volta avranno dei compagni italiani. Poi si vedrà. Forse resteranno in Europa. E noi le seguiremo”.
Noi qui, lui lì: non aveva senso | Franca Genesio, 75 anni
“Il mio unico figlio, Enrico, abita a Perth, in Australia, dal 1994. È stato lui a chiederci di trasferirci. Noi tentennavamo. Poi una sera io e mio marito ci siamo guardati in faccia: ma che stiamo a fare qua da soli, se lui è là? Così ci siamo messi in lista d’attesa per il visto, che è arrivato nel 2001. Per me è stato facilissimo ambientarmi, anche perché parlo bene l’inglese, l’ho insegnato tutta la vita. Mio marito è montanaro, aveva nostalgia delle sue camminate, ma pian piano si è abituato a passeggiare sulla riva dell’oceano. Dà una mano a Enrico, che è agente immobiliare; prende gli appuntamenti, apre le case. Io cucino, il posto è strepitoso. Dove siamo noi è pieno di italiani, soprattutto abruzzesi. Anche mia nuora è di origini italiane. E una volta all’anno, d’estate, torniamo in Italia”.
Parigi aspettami, arrivo! | Maria Luigia Argentiero, 68 anni
“Le mie figlie vivono all’estero: Valeria è a Parigi, lavora in una società di servizi per la moda. Laura è assistente parlamentare a Bruxelles. Non sono ancora sistemate, ma non credo che torneranno in Italia. Per questo mi sto portando avanti con un progetto che metta insieme l’amore per le figlie e la passione per l’arte: trasferirmi a Parigi. Sono architetto, ho insegnato Storia dell’Arte, per tanti anni ho avuto un appartamento nella capitale francese. Quindi perché non cercare una nuova casa proprio a Parigi? Non voglio diventare un peso per le figlie, cerco uno spazio autonomo per coltivare i miei interessi. Unico problema: i prezzi alti. Se la Francia è troppo cara, mi trasferirò a Bruxelles””. (aise)