Il Prof. Ermanno Leo, Direttore della struttura complessa di chirurgia dell’apparato digerente dell’Istituto dei tumori di Milano, su Radio Cusano Campus ha detto: “Non pensavo di suscitare un tale vespaio con la mia intervista al Giornale. Ho parlato facendomi scudo dei miei 40 anni di esperienza sul campo. Lavoro nel mio istituto occupandomi esclusivamente di oncologia. Ignorare che nel nostro paese ci sono 180mila morti l’anno di tumore non è una accusa, è una constatazione amara, ma viene spontaneo chiedersi perché, dove stiamo andando? Quali sono stati i rimedi che dovevano portare una riduzione di questi numeri?”.
“Io non ne ho fatto e non ne faccio una colpa a nessuno. Guai se non ci chiedessimo a che punto siamo e quali sono le prospettive. L’OMS parla di un aumento vorticoso di cancro entro il 2030. Io ho solo constatato che 180mila morti l’anno non è un bel successo, c’è qualcosa che non va, bisogna chiedersi perché come segno di rispetto per chi non ce l’ha fatta”.
“Quando si parla di malattie che regolano la vita delle persone dire la verità è un atto dovuto, scagliarsi contro chi lo fa mi fa pensare che qualcuno ha la coda di paglia. Ho pensato di fotografare una situazione e non capisco perché si è alzato questo vespaio”.
“Il problema è che si dice che il cancro non guarisce perché non ci sono i soldi, i soldi sicuramente servono ma anteporre solo questo davanti a tali numeri non mi sembra corretto. Bisogna forse prima parlare della malattia, i tumori sono mille malattie tutte diverse anche negli stessi pazienti. Queste sono osservazioni da fare. Tutte le ricerche devono sconfinare nella produzione di un farmaco, non si può osservare solo. Il malato di cancro alla fine dice: La vostra osservazione non mi cura. La vostra osservazione porta poi alla produzione di un rimedio che mi guarisca o mi faccia stare meglio? Purtroppo troppo spesso non sappiamo dare risposta a questa domanda”.
“Io mi aspettavo, e mi aspetto, da chi cura queste malattie un ringraziamento, perché ho detto che se non ce la facciamo non è per colpa nostra o per capacità, questo è quello che abbiamo in termini di farmaci. Guai a chi non mettesse a disposizione della comunità un nuovo farmaco. I protocolli sono internazionali in termini di cura, io parlo sempre di Steve Jobs che non solo aveva la possibilità di comprarsi i farmaci ma addirittura l’azienda che li produceva”.
“Gli stili di vita lasciano il tempo che trovano. Si parla sempre di alimentazione, non ci dicono mai qual è il cibo nocivo o non nocivo. L’oncologia non la possono fare i cuochi. Stiamo degenerando in spot televisivi che dicono: scoperta questa cosa, scoperta quest’altra. Ok il giorno che da 180mila morti ne facciamo 10mila vedremo finalmente un trend in discesa”.
“Se una cosa non va è inutile proseguire all’infinito, facciamo un mea culpa positivo e cambiamo il modo di fare ricerca. I medici devono pretendere meno aiuti dalle industrie farmaceutiche, quando se ne ricevono troppi si resta troppo vincolati e non aggiungo altro, a buon intenditor poche parole”.