Al 31 dicembre 2022 i cittadini italiani che dimorano abitualmente all’estero sono 5 milioni e 940mila, 97mila individui in più rispetto all’inizio dell’anno. Tuttavia, in termini relativi, l’incremento risulta lieve (+1,7%).
Il numero di cittadini italiani residenti all’estero cresce nel 2022 per varie cause: nei flussi migratori con l’Italia gli espatri oltrepassano di oltre 25mila unità i rimpatri (un po’ più donne che uomini), la dinamica naturale è positiva (25mila nascite contro 8mila decessi) e si registrano 85mila acquisizioni di cittadinanza italiana (la stima comprende, oltre alle acquisizioni per matrimonio e per trasmissione al minore convivente, circa 13% e 38% rispettivamente, soprattutto i riconoscimenti della cittadinanza Italiana iure sanguinis, 49%).
Le acquisizioni sono molto numerose nei Paesi dell’America centro-meridionale (circa 65mila; 34,1 per mille residenti), in particolare in Brasile (oltre 27mila; 49,7 per mille) e Argentina (circa 26mila; 28,2 per mille), soprattutto per effetto dei riconoscimenti iure sanguinis.
I primi due consolati per numerosità del fenomeno sono Buenos Aires (oltre 13mila acquisizioni; 41,7 per mille residenti) e San Paolo (quasi 10mila; 40,7 per mille) che, nell’insieme, raggruppano il 27,1% del totale delle acquisizioni. Sono molte di meno invece nei Paesi europei (circa12mila; 3,8 per mille residenti).
Tra i cittadini italiani all’estero più della metà (3 milioni e 246mila) è residente in Europa e più di 2 milioni e 384mila in America (nei due continenti risiede circa il 95% dei residenti all’estero). L’analisi per luogo di nascita aiuta a interpretare la particolare struttura di questa popolazione che, di fatto, è la ‘sintesi storica’ di migrazioni avvenute in epoche anche molto differenti.
Solo il 31,6% degli italiani residenti all’estero è nato in Italia (1 milione e 900mila). Nei Paesi dove questa quota risulta meno significativa la presenza degli italiani è dovuta prevalentemente alla conservazione della cittadinanza di origine dei genitori o alla sua riacquisizione per discendenza (iure sanguinis) da un progenitore italiano.
È il caso, ad esempio, dei Paesi dell’America centro-meridionale, dove la quota di cittadini italiani nati in Italia è pari al 10,5% in Argentina, al 5,9% in Perù, al 5,6% in Brasile, al 4,7% in Uruguay e al 3,8% in Cile. Ben più alte risultano le quote di italiani residenti nei Paesi di più recente emigrazione come il Regno Unito (48,8%), il Lussemburgo (50,1%) o l’Austria (51,3%). Inoltre, tra i nati in Italia si osserva una prevalenza della componente maschile (l’unica eccezione rappresentata dall’Argentina), mentre tra i nati all’estero la distribuzione per sesso risulta più equilibrata.
L’età media degli italiani all’estero è di 43 anni. Il 53% della popolazione italiana dimorante all’estero è composto da uomini, per quanto la distribuzione per genere risulti eterogenea tra i vari Paesi di residenza.
Analogamente è differenziata l’età mediana che per il complesso degli italiani all’estero è pari a 43 anni, ma mostra una forte variabilità: si va dai 33 anni tra chi risiede in Austria ai 58 anni di chi risiede in Canada. I percorsi migratori degli italiani nel corso del tempo sono ancora oggi ben visibili attraverso la lettura delle piramidi per età distinte per luogo di nascita (in Italia o all’estero) e Paese di residenza.
Tra i principali Paesi di residenza estera degli italiani si osserva in primo luogo una più forte concentrazione nelle classi di età più anziane e una predominanza maschile quando si considerino i soli nati in Italia, conseguenza di una storia migratoria meno recente. Al contrario, tra gli italiani nati all’estero, si evidenzia una distribuzione per genere più equilibrata ma soprattutto un profilo per età più giovane.
In Paesi come Argentina, Brasile e Canada i nati in Italia sono concentrati nelle classi di età più anziane (dai 70 anni) mentre negli Stati Uniti la distribuzione per età dei nativi italiani risulta più omogenea, perlomeno dopo i 30 anni di età. Ciò si spiega attraverso le emigrazioni più recenti degli ultimi 15 anni, per quanto queste abbiano interessato come mete di destinazione maggiormente i Paesi europei.
Da questo punto di vista, Paesi come la Germania e la Francia, e in misura minore la Svizzera, presentano una distribuzione per età dei residenti nativi in Italia molto simile a quella degli Stati Uniti. Nel Regno Unito, Paese assai interessato alle recenti emigrazioni di italiani, la distribuzione per sesso ed età è più equilibrata tra i nati in Italia e i nati all’estero. Inoltre, a prescindere dal luogo di nascita, il Regno Unito vanta in ogni caso un profilo per età nettamente più giovane tra i suoi residenti italiani rispetto al resto del mondo.
Il cittadino italiano che si trasferisce stabilmente all’estero deve chiedere all’ufficio consolare competente per territorio l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), pertanto questo atto formale rappresenta una buona approssimazione di quali siano le città o le zone limitrofe raggiunte dagli italiani residenti all’estero. Il consolato che registra la presenza più alta di Italiani è quello di Londra, dove nel 2022 risultano risiedere quasi 375mila connazionali (su 456mila dell’intero Regno Unito).
Gli italiani iscritti alla sede consolare di Londra sono per lo più uomini e tra i più giovani dell’intero contingente residente all’estero. Segue Buenos Aires, con poco più di 322mila italiani, in questo caso sono di più le donne e l’età mediana è pari a 49 anni.
Restando in Argentina, tra le prime venticinque città sedi di consolato con più registrazioni di italiani ci sono anche Rosario, Cordoba e La Plata (rispettivamente con 137mila, 101mila e 86mila italiani), in lieve prevalenza donne e con un’età mediana compresa tra i 42 e i 47 anni. In Brasile, San Paolo registra 240mila residenti, precedendo Curitiba (105mila) e Porto Alegre (83mila).
Zurigo, in Svizzera, raccoglie 214mila italiani residenti, seguono Ginevra (138mila), Lugano (122mila) e Basilea (104mila). In Germania, la sede consolare con più italiani si trova a Stoccarda (182 mila), seguita da Francoforte (156mila), Colonia (129mila) e Monaco di Baviera (126mila).
In Francia, ben il 38% degli italiani che sceglie tale Paese si è registrato nel consolato di Parigi (177mila su 464mila). Tra le altre città europee sedi di consolato con più italiani si segnalano Charleroi e Bruxelles in Belgio (rispettivamente 168mila e 108mila), Madrid e Barcellona in Spagna (111mila e 102mila), mentre nel continente americano si registrano significative presenze anche a Montevideo in Uruguay (111mila italiani), Caracas in Venezuela (91mila) e New York negli Stati Uniti (91mila).
Nel 2022 i nati da genitori italiani dimoranti all’estero sono 25mila (Prospetto 4), con una prevalenza di nascite nei Paesi europei (70,4%), in particolare in Germania (17,4%), Svizzera (14,6%) e Regno Unito (10%).
Il consolato con il maggior numero di nati da italiani residenti è Londra (oltre 2mila in valore assoluto, 8% del totale), seguono Zurigo (oltre 1.400, pari al 5,6%) e Parigi (oltre 1.000, con il 4,1% in termini relativi).
Le nascite avvengono quasi esclusivamente all’estero (98,8%) ma vi sono anche poco meno di 300 nati in Italia, che sono stati successivamente registrati come residenti all’estero soprattutto nei Paesi europei (Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia). Nel 97,8% dei casi il Paese estero di nascita coincide con il Paese estero di residenza, mentre tra i nati in Italia solo nel 34,9% dei casi il Comune di nascita coincide con quello di iscrizione in AIRE.
Il tasso di natalità complessivo è pari a 4,3 per mille, ma si osservano oscillazioni significative tra i continenti esteri di residenza. Tra essi, i valori più elevati si riferiscono agli italiani residenti in Europa (5,5 per mille).
A un maggior dettaglio territoriale, tra i Paesi dell’Unione europea, la Spagna presenta il tasso di natalità più elevato (5,9 per mille), seguita dalla Germania (5,4) e dalla Francia (5,1), mentre tra i Paesi extra-Ue spiccano la Svizzera (5,8) e il Regno Unito (5,5). I tassi di natalità nel continente americano risultano più contenuti (2,5 per mille), anche laddove si concentra una quota importante di italiani, come ad esempio in Brasile (3,3 per mille) o in Argentina (1,9).
Nel 2022, si sono verificati 8mila 300 decessi di italiani residenti nel mondo corrispondenti a un tasso di mortalità complessivo dell’1,4 per mille. Si tratta per l’87,8% dei casi di decessi di persone nate in Italia. I decessi riguardano prevalentemente persone anziane (ultrasettantacinquenni in oltre il 67% dei casi). Così come per le nascite, la più alta incidenza di decessi riguarda residenti in Europa (83,9%), dove la quota di nativi italiani è più elevata.
I primi quattro consolati per numero di decessi sono Stoccarda, Zurigo, Parigi e Francoforte, in cui complessivamente si registrano 2mila morti. Considerando l’insieme dei Paesi esteri si assiste a un consistente divario di genere per quel che concerne la mortalità. Infatti, poco più di un quarto dei decessi riguarda le donne, per un rapporto di mascolinità al decesso del 272%.
Almeno tre sono le cause alla base di tale squilibrio. La prima è da imputare alla ben nota più favorevole sopravvivenza delle donne rispetto agli uomini, un’altra decisiva ragione si deve al fatto che tra il collettivo dei residenti italiani all’estero si rileva un rapporto tra i sessi sbilanciato a favore della componente maschile, soprattutto nei Paesi europei.
Infine, nei Paesi in cui l’emigrazione italiana affonda radici molto antiche, in particolar modo in quelli dell’America centro-meridionale, è verosimile che parte degli eventi di decesso non vengano comunicati alle autorità italiane, non avendo più gli emigrati o i loro discendenti rapporti in essere con il Paese di origine (di tipo parentale o lavorativo, ad esempio). Nel 2022 gli espatri, ossia i flussi di cittadini italiani verso l’estero, sono quasi 100mila, mentre i rimpatri, ovvero i movimenti di cittadini italiani dall’estero all’Italia, ammontano a circa 74mila.
La differenza tra espatri e rimpatri determina per la popolazione di italiani all’estero un saldo positivo di circa 25mila unità. La maggior parte degli espatriati (79,6%; 79mila) si dirige in un Paese del continente europeo (Figura 2). In particolare, nel 2022, il 67,6% (67mila in valori assoluti) dei flussi di cittadini italiani all’estero ha come meta di destinazione un Paese appartenente all’Ue, mentre quelli diretti verso paesi europei extra-Ue sono il 12% (12mila).
Al continente europeo segue l’America Latina dove, nel complesso, nello stesso anno, gli espatri sono quasi 7mila (7,0% sul totale dei flussi). I Paesi principali verso i quali emigrano i cittadini italiani sono il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Svizzera e la Spagna che, nel loro insieme, accolgono il 58,5% del totale degli espatri. Tra le mete extra europee seguono gli Stati Uniti (4,6%) e il Brasile (3,7%).
Verso i Paesi dell’America Latina si dirigono soprattutto i cittadini italiani nati all’estero, cioè individui precedentemente giunti in Italia che, una volta acquisita la cittadinanza italiana iure sanguinis (in quanto discendenti di generazioni di emigrati italiani) fanno rientro nel Paese di origine. Dei 100mila italiani espatriati nel 2022, quasi 53mila (52,8%) sono partiti dal Nord Italia (30% dal Nord-ovest e 22,8% dal Nord-est), poco meno di 17mila dal Centro (17%) e 30mila dal Mezzogiorno (19,3% dal Sud e 10,9% dalle Isole).
Le regioni da cui prevalentemente ci si sposta sono la Lombardia (19mila espatri, pari al 19,2% del totale), il Veneto (poco meno di 10mila espatri, 9,6%), la Sicilia (8mila, 8,2%) e l’Emilia-Romagna (poco meno di 8mila, 7,6%).
Le province che registrano i numeri più elevati di espatri sono quelle di Milano, Roma, Torino, Napoli e Brescia: nel 2022 un quinto delle partenze ha origine nel complesso di queste province. Gli individui espatriati nel 2022 sono per lo più giovani: il 54% ha, infatti, un’età compresa tra i 20 e i 39 anni e il 18,4% ha meno di 20 anni. Per quest’ultimo gruppo si tratta, prevalentemente, di bambini e giovani che si muovono con i genitori. Gli individui nella fascia d’età 40-64 anni formano il 22,8% dei flussi verso l’estero e, a differenza di quanto si osserva nelle altre classi di età, lo squilibrio a vantaggio degli uomini e più elevato (60,8%, contro il 54,8% del complesso).
Tra gli espatriati del 2022, quasi 31mila (30,7%) sono in possesso di almeno una laurea e 32mila in possesso di un diploma (32,5%). Dei 74mila rimpatri registrati nel 2022 quasi 48mila (63,9%) sono quelli provenienti dall’Europa (52,6% da Paesi Ue e 11,3% da Paesi extra Ue). In particolare, Germania, Regno Unito, Svizzera, Francia sono i Paesi dai quali origina, nel complesso, il 43,0% dei rimpatri.
Sono in prevalenza Paesi che in passato, soprattutto a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, hanno costituito mete principali dei flussi di emigrazione dall’Italia. A questi, seguono l’Argentina (5,5%), il Brasile (5,3%) e gli Stati Uniti (5,1%). Anche in questo caso, si tratta dei tre paesi oltreoceano che, nel periodo della ‘Grande Emigrazione’ della prima metà del Novecento, hanno ospitato ingenti flussi di emigrati italiani. Il 45,9% dei rimpatri è diretto verso il Nord, il 19,7% al Centro e il 34,4% nel Mezzogiorno.
La prima regione per numero di rimpatri è la Lombardia, dove si registra il 17,8% dei rientri, seguita dal Lazio (10,6%), dalla Sicilia (9,5%) e dalla Campania (8,2%). A differenza di quanto si osserva per gli espatri, tra i flussi di cittadini italiani provenienti dall’estero è più contenuta la quota di giovani tra i 20 e i 39 anni (34,6%) a vantaggio sia degli individui nelle classi di età inferiori (25,3% sotto i 20 anni) e superiori (30,6% per la fascia 40-64 e 9,5% per gli over 65).
Come per gli espatri, nelle fasce di età superiori è maggiore la quota di uomini (61,6% e 62,0%, rispettivamente nelle classi 40-64 e 65+). Risulta differente, rispetto agli espatriati, la composizione per titolo di studio dei rimpatriati. Il 47,7% circa ha un titolo di studio inferiore al diploma mentre i laureati costituiscono solo il 22,8%. Nel 2022 gli spostamenti di residenza degli italiani tra Stati esteri (esclusa l’Italia) sono poco meno di 41mila. Le differenze tra entrate e uscite tra Paesi esteri di residenza determina un saldo complessivo pari a zero, ma a livello di area di residenza estera, il saldo migratorio fornisce importanti indicazioni su dinamiche finora non esplorate.
Ad esempio, i tassi migratori degli italiani tra Paesi esteri sono negativi sia per l’America centro-meridionale (-1,4 per mille) che per l’Africa (-0,3 per mille). Il tasso migratorio più elevato si osserva in America settentrionale (+8,1 per mille) e nei Paesi dell’Unione europea (+6,5 per mille). A livello di singolo Paese estero di residenza, la Spagna fa registrare il tasso migratorio più elevato (+30,8 per mille), seguita dagli Stati Uniti (+10,2) e dall’Austria (+7,5), mentre valori più bassi si osservano in Brasile e in Argentina (rispettivamente -1,5 e -2,3 per mille).