Una tv accesa e una coppia che ronfa beatamente sul sofa’, dinanzi alle immagini dell’ultimo notiziario. Ci vuole una vignetta un po’ pungente – pubblicata da Haaretz con la beffarda didascalia ‘Attesa spasmodica per le primarie di Kadima’ – per sintetizzare il clima dimesso che accompagna oggi in Israele la sfida per la guida del principale partito d’opposizione del Paese: in maggioranza relativa alla Knesset (parlamento), ma in crisi d’identita’ e di consensi di fronte alla destra di governo di Benyamin Netanyahu.
In corsa, per il timone del partito centrista inventato nel 2005 dall’allora premier Ariel Sharon per sostenere i piani di sgombero di 8.000 coloni dalla Striscia di Gaza, non ci sono volti nuovi. La partita, come nel 2008, si gioca fra la leader uscente Tzipi Livni, 53enne ex ministro degli Esteri, e il suo permanente avversario interno Shaul Mofaz, un ex generale di 63 anni, gia’ capo di stato maggiore e poi ministro a piu’ riprese, mai riuscito finora a emergere come politico di prima fila. Due figure dal carisma opaco, stando alla gran parte degli osservatori israeliani, destinate a un testa a testa che il conteggio dei voti dovra’ sciogliere in nottata. Alle urne sono chiamati i circa 95.000 iscritti di Kadima, ma l’esito della contesa non elettrizza i media ne’ tanto meno la platea piu’ vasta dell’opinione pubblica israeliana.
Il partito di Sharon – un contenitore nel quale inizialmente conflui’ l’ala piu’ pragmatica del Likud (destra), insieme con un’appendice di ex laburisti legati a Shimon Peres – arriva in effetti all’appuntamento quasi in ginocchio. In parlamento resta la forza piu’ consistente, con 28 seggi su 120, ma la sua opposizione al Likud di Netanyahu e agli altri partiti della coalizione destrorsa che regge il governo in carica e’ parsa in questi anni incolore. E i sondaggi, in vista delle elezioni del 2013, lo danno in caduta libera: addirittura dimezzato.
Per uscire dal pantano, Livni punta a dare a Kadima un carattere piu’ marcatamente alternativo alla destra. Per questo cavalca il tema del rilancio dei negoziati con i palestinesi, precipitati in stato comatoso fin dall’avvento del gabinetto Netanyahu. Ma contro di lei pesa l’accusa d’essersi appiattita troppo a lungo per poter ora apparire credibile. Tanto piu’ che su posizioni di ‘centro-sinistra’ Kadima rischia di subire la concorrenza dei Laburisti – affidatisi a un’altra leader donna, Shelly Yachimovic, per provare a risorgere dalle ceneri – o del nuovo movimento di ispirazione laica fondato dal popolare anchorman tv Yair Lapid.
Mofaz, astuto uomo d’apparato originario dell’Iran, insiste al contrario sui problemi sociali interni e soprattutto sulla sicurezza nazionale. Questioni che inquietano gli israeliani, in particolare a causa della minaccia nucleare attribuita al Paese natale dell’ex generale di Kadima, ma che renderebbero piu’ difficile distinguere la piattaforma dei centristi da quella del Likud di Netanyahu (dato solidamente in testa e in ascesa fino a 35-40 seggi da diversi sondaggi). Una contiguita’ che secondo Hanan Cristal, autorevole analista politico della radio pubblica israeliana, potrebbe del resto preludere a un vero e proprio ricompattamento a destra, in caso di vittoria di Mofaz. Con l’ingresso nel governo Netanyahu in cambio di qualche congrua poltrona ministeriale.
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