Corruzione, mancanza di addestramento, di leadership, di equipaggiamenti, di intelligence, di motivazione: sono molteplici i problemi dell’ esercito iracheno che si troveranno a dover affrontare i trecento consiglieri militari che Obama ha deciso di inviare a Baghdad. Le forze armate che dovrebbero difendere l’integrita’ dell’Iraq sono al collasso psicologico, dopo sconfitte e diserzioni, e non sono neanche in grado di difendere se stesse. E’ impietosa l’analisi che diversi esperti americani fanno della situazione dei militari iracheni, secondo i quali per riconquistare il territorio finito sotto il controllo dell’Isis, lo Stato Islamico in Iraq e in Siria (o Levante), potrebbero volerci mesi, se non anni.
"Cio’ che e’ successo mostra che l’esercito non e’ in grado di difendere se stesso", dice Rick Brennan, ex consigliere delle forze Usa in Iraq e analista del Rand Corp, un autorevole think-tank. "Se non troviamo il modo per fare la differenza – ha affermato al Washington Post – cio’ che vediamo potrebbe essere l’inizio della disintegrazione dell’Iraq". Michael Knights, dell’Institute fon Near East Policy, ha scritto di recente che 60 dei 243 battaglioni da combattimento dell’esercito iracheno "sono irreperibili e tutto il loro equipaggiamento e’ andato perso".
Fonti Usa citate dal New York Times affermano che secondo le loro valutazioni, cinque delle 14 divisioni irachene sono "inadeguate al combattimento". La situazione si e’ particolarmente aggravata dopo che decine di migliaia di soldati hanno disertato e i miliziani dell’Isis hanno messo le mani su equipaggiamenti militari e armi per centinaia di milioni di dollari. Armi che ora possono peraltro essere utilizzate dai qaedisti, a seconda delle esigenze strategiche, sia in Iraq che in Siria, poiche’ la maggior parte del confine tra i due Paesi e’ ora sotto il loro controllo.
Per far fronte alla situazione, il premier sciita Nuri al Maliki e’ ricorso ai decine di migliaia di volontari sciiti, che sono accorsi in armi, anche sollecitati dal loro massimo leader religioso, l’ayatollaah Ali Sistani. Una mossa che pero’ potrebbe ulteriormente esacerbare le tensioni con gli insorti sunniti, e che secondo molti rischia di spingere sempre piu’ l’Iraq verso una ‘libanizzazione", dove le tensioni interconfessionali sono sfociate in una guerra civile andata avanti per quindici anni. Senza contare che molti dei volontari sciiti arrivano dall’ Esercito del Mahdi, la milizia del leader radicale Moqtada Sadr, che durante la guerra ha dato molto filo da torcere alle forze Usa, con attacchi, battaglie e attentati, soprattutto nel sud del Paese. Di fatto si tratta di un ulteriore grattacapo per i 300 consiglieri inviati da Obama. Anche perche’, secondo alcune fonti, nel sermone della preghiera di venerdi’ scorso, un religioso vicino a Sadr, Nassir al-Saedi, ha definito ancora una volta "occupanti" gli americani, ed aggiunto minaccioso: "se tornate, noi saremo pronti".
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