L’editoriale del direttore Andrea Di Bella sul taglio dei Parlamentari e sul comportamento dei deputati e senatori Pd ha dato una precisa versione tecnica delle risultanze di questa riforma che coinvolge anche gli italiani all’estero. E mi dà spunto per ulteriori riflessioni di carattere politico-funzionale sul peso che i nostri parlamentari hanno avuto e potranno avere in futuro.
I Parlamentari eletti dal 2006 ad oggi sono stati espressione de partiti che hanno gestito il potere in questi ultimi 25 anni, con l’eccezione degli eletti nel MAIE, che come si ricorderà sono espressione delle Comunità e non dei partiti. A chi si affanna a criticare la riduzione dei Parlamentari eletti oltre confine, che non rispecchia altro che la riduzione generale, vorrei chiedere: in cosa questi parlamentari seduti negli scranni dei partiti hanno inciso in questi 13 anni? Quale peso politico hanno saputo conquistare e quale fiducia i partiti hanno avuto nei loro confronti? Insomma, quali risultati hanno portato a noi italiani nel mondo?
La risposta sta nei fatti: zero assoluto. Anzi, a dire la verità il danno ricevuto dalle comunità italiane nel mondo è stato enorme in termini di rappresentanze diplomatiche, di forza della rappresentanza (CGIE e COMITES con valenza ormai residuale e non solo in termini numerici), di finanziamenti a queste istituzioni nonché alla lingua e cultura senza parlare degli organici dei Consolati. Un panorama desolante cominciato con Berlusconi nel 2008 e andato avanti fino a Renzi.
Dov’erano questi parlamentari quando il CGIE fu tagliato nei numeri e nei finanziamenti? Facile tagliare le poltrone degli altri (tra l’altro poltroncine di puro volontariato).
Eppure tra questi parlamentari vi sono stati personaggi di indubbio valore, sia sul piano della competenza che su quello politico. Solo per citarne alcuni (senza che gli altri ne abbiano a patire): Bucchino, Micheloni o Fedi non avrebbero avuto la capacità di assumere una responsabilità di Governo?
L’esperienza di questi Parlamentari mi ha convinto nel 2011 ad aderire al MAIE. Per i partiti (tutti) gli eletti all’estero sono di serie B. E non è che Ricardo Merlo abbia la considerazione per le sue capacità (che sono in ogni caso spiccate, non meno di quelle dei parlamentari citati), ma riceve considerazione perché il suo movimento ha i numeri per essere determinante. La politica funziona così. “Così è se vi pare” diceva un mio conterraneo.
Da quanto esposto, una semplice riflessione: se negli anni passati invece di avere avuto parlamentari servi dei partiti (e quando non servi cacciati come Ferrigno o cortesemente “allontanati”) avessimo avuto un gruppo di tre quatto senatori o di sei sette deputati indipendenti dalle logiche di partito, oggi sono sicuro la considerazione della politica italiana nei nostri confronti non sarebbe la stessa.
Se lo spirito di Tremaglia, che aveva visto lungo, fosse stato messo in atto, la nostra condizione sarebbe diversa. A cosa serve e a cosa è servito avere senatori nei partiti che votano a “sacco d’ossa” quel che comanda il segretario?
Lasciatemi dire, inoltre, che quella dei compagni Pd è una ipocrisia intollerabile: avevano votato la cancellazione del Senato, eliminando così anche i sei senatori eletti dagli italiani nel mondo, e ora si stracciano le vesti?
Cari amici italiani all’estero, oggi grazie ad un movimento indipendente, ma indispensabile, abbiamo un posto di responsabilità governativa: Ricardo Merlo Sottosegretario al ministero degli Esteri è una conquista storica dopo il Ministero per gli Italiani all’Estero di Tremaglia. Riconoscimento di un valore? Anche! Ma forza dei numeri di chi è senza padrone.
In poco più di un anno si sono ripresi discorsi che erano ormai morti e sepolti: riforma del voto estero, valorizzazione del ruolo di CGIE e COMITES, finanziamenti a Lingua e Cultura e riaperture di Consolati, contrattasti assunti e tanto altro che speriamo Merlo sia capace di risuscitare.
Quindi, per concludere: 6, 12 o 18 eletti all’estero è uguale, se quegli eletti sono soldatini di partito. Abbiamo bisogno di parlamentari che mettano sempre al primo posto i nostri interessi, di noi italiani nel mondo. Altrimenti, se per gli eletti oltre confine devono venire prima i partiti e poi gli italiani all’estero, meglio abolirli del tutto.
*Consigliere del Comites di New York