I ristoratori sfidano il Dpcm con #ioapro, un’iniziativa di “disobbedienza civile” che sta raccogliendo sempre più adesioni in tutta Italia. Ma ad aderire all’iniziativa ci sono anche titolari di esercizi commerciali e palestre, è il caso di Patrich Dotti, amministratore delle palestre GymFive in Emilia Romagna, Toscana e Umbria, intervenuto ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente su Radio Cusano Campus.
“Lunedì abbiamo riaperto una delle palestre a Modena e venerdì riapriremo tutte le 12 palestre GymFive – ha affermato Dotti -. Non riaprire vorrebbe dire non poter sostenere i nostri 90 collaboratori, le loro famiglie, vorrebbe dire chiudere un’azienda con un danno inestimabile per tutti. Abbiamo riaperto con un protocollo che rispettiamo e siamo disposti a rispettare anche misure più restrittive qualora ce ne fosse bisogno. Siamo consapevoli che sono restrizioni necessarie, ci adeguiamo, ma non possiamo adeguarci ad una chiusura così prolungata. Lavorare per noi è un dovere e un diritto, non possiamo farne a meno. Nel 2020 abbiamo perso il 40% del fatturato rispetto all’anno prima, ma il problema principale è che stiamo perdendo clienti e la gente ha perso voglia di ricominciare a fare attività fisica. Se la gente si disabitua perde l’abitudine a fare le cose che fanno bene. Lunedì abbiamo aperto, abbiamo avuto un buon riscontro di presenze, ovviamente siamo stati sanzionati con una multa di 400 euro. Il punto se pagare o meno la sanzione in questo momento è relativo, ma pagare 1, 2 o 10 sanzioni quando l’alternativa è abbassare per sempre la saracinesca vuol dire che non ci sono alternative, preferisco combattere. Se l’unione fa la forza chiediamo di esserci vicini. In questi giorni sto ricevendo diverse telefonate da parte di colleghi che non sono più in condizione di riaprire le loro palestre e ci stanno contattando per sapere se conosciamo qualcuno che è interessato a rilevare la loro attività, questo è un grosso dispiacere. Solo oggi ne ho ricevute tre di queste telefonate”.
Non tutti sono d’accordo con l’iniziativa #ioapro, come ha dichiarato Silvio Facchinetti, titolare dell’omonimo ristorante di Torino, intervenuto ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente su Radio Cusano Campus. “Trovo che non sia questa la protesta giusta da fare in questo momento. In una situazione così delicata in cui non ci sono clienti, perché non ci sono eventi, non ci sono cerimonie, non ci sono i turisti, per chi vengo ad aprire la sera? A pranzo abbiamo aperto negli orari consentiti, però subiamo comunque lo smart working, il fatto che la gente non lavora. Le associazioni di categoria non devono spingere noi a fare queste iniziative e a prendere multe, devono interagire affinchè vengano dati i giusti ristori, più crediti d’imposta sugli affitti. Lavorare la sera in questa situazione significherebbe lavorare in perdita, già a pranzo è dimezzato il lavoro. In un’apertura ‘illegale’, i miei clienti che sono persone a modino non credo che vengano a cena in modo così clandestino. Non mi sento di aprire in queste condizioni. Non si può negare che non ci sia un’emergenza sanitaria. Se ci saranno misure più restrittive dobbiamo dire grazie a quei bar che aprivano e facevano entrare gente nonostante non fosse consentito, paghiamo anche l’effetto di queste trasgressioni. Certo, i soldi non ci sono, io me li sono fatti prestare dalla famiglia, dalla banca, li sto finendo anche io. La soluzione però non può essere quella di aprire clandestinamente”.