Qualcuno ha detto che avrebbe tanto voluto sedersi dalla parte dei buoni, ma che i posti erano tutti occupati e quindi per evitare l’attesa in piedi, ha optato per una seggiola dalla parte dei cattivi. Già, potrebbe essere una spiegazione, in questo nostro paese pieno, anzi traboccante, di “buoni” che si declamano tali, tracimante di “dame di San Vincenzo” e di carità, nonché crocerossine e missionari che si auto incensano, si lodano e si sbrodolano declinando la propria bontà d’animo, la generosità e assoluta onestà, al punto che cotanta zuccherosità fa raggiungere così elevati picchi glicemici da rasentare il coma diabetico.
Orbene, tutto ciò ha ben poco a che fare con la “bontà”, sinonimo di discrezione e silenzio. Chi fa beneficenza nel senso più autentico del termine, non mette locandine a destra e a manca, ma tace; invece, in un’Italietta di “parvenu” e nuovi ricchi, si blatera e si bercia toppo, con il risultato che di questa bontà decantata non resta che fumo e azioni quasi nulle.
Tutti codesti buoni che spandono incenso e odor di rose e violette, finiscono con il diventare antipatici, urticanti, quasi insopportabili e paradossalmente i “cattivi” diventano magicamente simpatici, almeno non mettono il vestito dell’ipocrisia un giorno sì e l’altro pure, non fingono, non cercano di edulcorare le proprie idee, anche se scomode, ma si mostrano per quello che sono e non temono di avere un’opinione.
Viene quasi voglia di fare il tifo per il cattivo del film, per quello che cerca di saltare la fila in banca, per il tizio che parcheggia in divieto e che fa le corna dal finestrino. Sì, perché quell’aura di intoccabile candore che avvolge taluni personaggi buoni ad ogni costo è insulsa e fasulla, del tutto falsa, poiché nessuno è solo buono o cattivo. In ognuno di noi c’è un lato oscuro; chi non ha mai avuto l’istinto di prendere a calci il vicino che porta il cane a fare la pipì sul proprio zerbino?
Il cattivo dopo tutto ha fascino, possiede da sempre quel certo non so che di oscuro e l’atavica attrattiva del proibito. Siamo onesti, è lui che inconsciamente vorremmo essere tutti almeno una volta nella vita! Del resto anche in letteratura l’antagonista e il rappresentante del male è necessario: Shakespeare non avrebbe potuto scrivere meravigliose tragedie se non si fosse servito di malvagi come Iago in “Otello” o Lady in “Macbeth”. Così come “I promessi sposi” di Manzoni non sarebbero stati tali senza quella carogna di don Rodrigo, anzi, probabilmente il romanzo sarebbe stato un fiasco.
Il nostro narcisismo poi ci rende fragili, vulnerabili allo sguardo altrui. Abbiamo costantemente bisogno di approvazione e affetto, e se non li otteniamo ci convinciamo di essere circondati da gente cattiva. Dunque, la separazione manichea tra bene e male è superata: uno degli elementi della post-modernità è che la società è al contempo sia buona sia cattiva. Genera personaggi di forte impatto anche se dicono le parolacce, e allo stesso tempo con grandi slanci caritativi.
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