Ormai e’ scontro aperto tra magistratura e politica. Le critiche di Mario Monti all’operato della procura di Palermo, in particolare per quelli che ieri il premier ha definito ‘abusi’ nelle intercettazioni che hanno coinvolto il Capo dello Stato, determinano la dura reazione dei magistrati. L’Anm definisce ‘improprio’ l’intervento del capo del Governo, soprattutto in attesa della decisione della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzione. Mentre Antonio Ingroia, sentitosi chiamato in causa in prima persona, contrattacca e respinge le critiche parlando di ‘sconfinamento della politica’.
In subbuglio i partiti. Il Pdl attacca Ingroia e prova a rilanciare la riforma complessiva della Giustizia e la legge sulle intercettazioni. Il Pd invita alla prudenza. Mentre l’Idv di Di Pietro accusa Monti di ‘fare quel che non riusci’ a Berlusconi’.
A dare la stura al malcontento dei magistrati sulle ‘numerose novita’ legislative’ sulla Giustizia annunciate da Monti e’ Ingroia. Il magistrato di Palermo non nasconde la sua ‘forte preoccupazione qualora si dovesse rimettere in moto il progetto di legge’ sulle intercettazioni. Ma soprattutto replica alle critiche del premier. ‘Non condivido le ultime dichiarazioni sull’operato della Procura di Palermo’, spiega il magistrato protagonista dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia e dello scontro con il Colle sulle intercettazioni. ‘Non posso non osservare – aggiunge – che questi anni sono stati teatro di reciproche accuse e invasioni di campo. Io credo pero’ che da parte nostra, della magistratura, non ci siano mai stati sconfinamenti; semmai ci sono stati da parte della politica’. Ingroia, senza mai citarlo, chiama in causa anche il Quirinale. ‘Credo che il conflitto di attribuzione – spiega – sia uno strumento che al di la’ delle migliore intenzioni di chi lo attiva puó dare luogo a polemiche, equivoci, fraintendimenti, disorientamento da parte dell’opinione pubblica. Crea un clima conflittuale tra le istituzioni stesse’. E parla, a questo proposito, di ‘isolamento della magistratura’. Insomma, dopo il caso Ilva sembra aprirsi un altro fronte di scontro tra la magistratura e la politica. Contro Ingroia va giu’ duro il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: ‘Da tempo – dice – agisce non come un magistrato ma come un militante politico. Mi sembra ormai evidente che la sua azione politica lo renda incompatibile con l’attività di pm’. Quanto alle intercettazioni, Gasparri vorrebbe che la legge fosse approvata, ma non si fida della Severino :’e’ sembrata una che lavora sotto dettatura di Ingroia’. Diverso l’approccio di Fabrizio Cicchitto che invita il ministro Severino ‘a seguire le indicazioni di Monti’ sulle intercettazioni e realizzare una riforma piu’ complessa, ‘apportando qualche modifica sull’anticorruzione e sulla responsabilità civile dei giudici’.
Tutto concorre a un autunno caldo sul fronte giustizia. Nel Pd, il senatore Vincenzo Vita precisa che se una ‘norma di quelle contenute nelle precedenti ‘leggi bavaglio’ venisse ripresentata al Parlamento, non solo non la votera’ ma la contrastera’ esattamente come e’ accaduto in passato’.
Sul tema interviene anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, per il quale ‘sarebbe positivo se si riuscisse a giungere all’approvazione del ddl intercettazioni’.
Durissime, invece, le parole del leader dell’Idv, Antonio Di Pietro: ‘Questo governo – attacca – si prepara a fare quel che Berlusconi non era mai riuscito a fare: una legge contro le intercettazioni. Imbavaglierà la stampa, toglierà alla magistratura l’arma principale per combattere la corruzione, terrà i cittadini all’oscuro delle malefatte dei politici’.
Grillo, infine, ricorda a Monti che ‘le intercettazioni sono affari suoi in quanto rappresenta un governo tecnico’. ‘Le intercettazioni – conclude – servono alla magistratura per ascoltare Mancino in dolce colloquio con il Quirinale per il processo di Palermo sulle relazioni Stato mafia (ed è questo forse a turbare Monti), ma anche per combattere la corruzione (e quindi l’evasione fiscale)’.
INTERCETTAZIONI: LE TAPPE DEL SCONTRO COLLE-PROCURA Risale al 16 luglio scorso la decisione della Presidenza della Repubblica di sollevare il conflitto d’attribuzione dinnanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per l’uso delle intercettazioni telefoniche che, indirettamente, hanno coinvolto il capo dello Stato. Il presidente e’ stato ascoltato mentre riceveva alcune telefonate da Nicola Mancino, ex vicepresidente del Csm, indagato a Palermo per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia. Sui contenuti delle telefonate ovviamente, vige il piu’ stretto riserbo ma la questione giuridica e’ relativa alla possibilita’ o meno di intercettare, seppur indirettamente, il Capo dello Stato e sull’uso da parte dei magistrati delle conversazioni. Nicola Mancino e’ stato piu’ volte intercettato al telefono con Loris D’Ambrosio, consulente giuridico del Quirinale. In alcune telefonate l’ex ministro chiedeva un intervento relativo alla sua indagine da parte della procura di Palermo. In particolare, Mancino chiedeva il coordinamento delle inchieste delle varie procure sulla trattativa Stato-mafia. Un intervento che alcuni commentatori politici hanno definito come un tentativo di ‘insabbiare l’inchiesta’. Alle telefonate di Mancino sarebbero seguiti contatti tra D’Ambrosio con il pg della Cassazione e con il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso. L’inchiesta e’ comunque rimasta a Palermo. Il ‘caso’ delle intercettazioni che coinvolgono Napolitano e’ stato oggetto di una ‘querelle’ giornalistica. Il ‘Fatto Quotidiano’ con alcuni editoriali ed articoli a firma di Antonio Padellaro e Marco Travaglio ha difeso l’operato della procura di Palermo ed ha chiesto al presidente della Repubblica di rendere pubblici i contenuti delle telefonate. Su Repubblica, invece, Eugenio Scalfari ha sostenuto che le conversazioni non dovevano essere ascoltate perche’ l’intercettazione doveva essere subito interrotta. Il primo ‘round’ nel confronto tra Quirinale e la Procura di Palermo e’ fissato per il 19 settembre. La Corte Costituzionale ha stabilito per quella data la Camera di Consiglio che valutera’ il ricorso del Capo dello Stato sotto il profilo dell’ammissibilita’. Ieri l’intervento del premier Monti che ha definito ‘grave’ il caso delle telefonate intercettate dalla procura palermitana: ‘E’ evidente a tutti – ha detto – che nel fenomeno delle intercettazioni si sono verificati e si verificano abusi’. Per cui ‘e’ compito del governo prendere iniziative adeguate’.
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