L’industria italiana torna a centrare qualche segno piu’, almeno sui versanti del fatturato e delle commesse. Dopo i deludenti dati sulla produzione, il bilancio del mese di marzo viene addolcito dalle ultime cifre rilasciate dall’Istat, che, in controtendenza, danno anche speranze di ripresa dal lato della domanda interna.
Guardando infatti al fatturato gli incassi risultano in aumento dello 0,3% su febbraio, quando si era registrato un brusco arretramento. E stavolta il merito va tutto al mercato nazionale (+0,9%), che controbilancia il calo sull’estero (-0,8%). I ricavi interni risultano positivi anche su base annua, con un rialzo dell’1,8% come non si vedeva da circa due anni e mezzo.
Sommando il bottino interno con quello estero (+4,2%), le vendite segnano una crescita, la terza consecutiva, del 2,7% su base annua. Una risalita confermata dagli ordinativi, che a marzo totalizzano un incremento del 2,8%. D’altra parte ormai le commesse viaggiano in territorio positivo dallo scorso autunno. Sul fronte ordini niente sorprese, quindi, anche per quanto riguarda l’origine delle spinta: l’export.
I ricavi l’avrebbero spuntata soprattutto grazie ai beni strumentali, tra cui spicca l’impennata registrata per i mezzi di trasporto (+25,9% tendenziale), fabbricati magari nei mesi precedenti ma venduti solo a marzo. E il momento d’oro per il settore trasporti non sembra esaurirsi qui, visto che dal lato ordini l’Istat rileva un altro balzo a doppia cifra (+21,1%). Le commesse infatti sono un indice anticipatore, un termometro di quanto l’economia stia tirando.
Stando a marzo gli ordini ricevuti dall’industria italiana, nel suo complesso, non solo sono tornati a crescere su base mensile (+1,3%), ma hanno anche infilato il settimo aumento consecutivo nel confronto annuo. Il che fa ben sperare per il futuro. Inoltre, a parte il singolo mese di marzo, a chiudere in positivo e’ l’intero primo trimestre, al contrario del Pil, sia per il fatturato (+0,5% congiunturale) che per gli ordinativi (+0,4%). La differenza tra l’andamento delle vendite e quello della produzione, secondo Nomisma, sta in una probabile ”sottostima” della produzione, calcolata con metodi diversi.
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