La prima reazione per l’ipotesi concreta che il governo Monti attui la patrimoniale è il panico. La paura si propaga tra i contribuenti onesti. Sì perché esistono anche i disonesti, quelli che non hanno da perdere nulla, già tenendo il patrimonio oscuro al fisco mentre i (reduci) fedelissimi al fisco e portentosi stanno per vedere ancora di più vessata la loro posizione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, perché "hanno di più e debbono dare di più". E io sarei anche d’accordo con questa affermazione se non fosse che un principio di equità fiscale, di ripartizione della ricchezza e redistribuzione dei redditi in Italia (oggi come oggi) è praticamente impossibile.
Fenomeni di frodi ai danni dello Stato sono elevatissime, l’economia sommersa ammonta a 120 miliardi di euro l’anno, per non parlare di falsi invalidi, esenzioni fasulle dei ticket sanitari, tesserini per portatori di handicap, baby-pensioni (queste ultime legittime ma, ma che hanno portato veri e propri sconquassi nelle finanze dell’Inps). E tutto ciò scaturisce da due principali motivazioni. La prima è la mentalità del nostro Popolo, le radici culturali aggrappate ad un concetto di profondo egoismo e indifferenza per il sociale. La seconda sta nella assoluta ingiustizia del nostro sistema fiscale. Non è tollerabile, in un Paese industrializzato come il nostro, avere una pressione tributaria nominale al 43% (che tocca il 50% considerando quella reale, tenendo conto delle quote di reddito nascoste, con un carico ripartito sulla "componente onesta dei contribuenti") dove noi lavorando, per ogni euro guadagnato, ne dobbiamo 0,50 allo Stato. In questo contesto cosa centra la patrimoniale? E’ un ulteriore balzello posto a carico di coloro che producono e per onestà o impossibilità non eludono né evadono il fisco, dichiarando fino all’ultimo centesimo. E’ la classe medio-alta che ha un tenore di vita più che soddisfacente, ma viene spremuta fino all’ultimo centesimo perché considerata, dalla più meschina cultura figlia di una ideologia comunista antiquata e superata, come ceto sociale da punire. E’ inevitabile che nel momento in cui viene superata ogni qualsivoglia soglia di tollerabilità e di correttezza, anche i più ligi al dovere iniziano ad escogitare artifizi legali e non, per esportare la propria ricchezza all’estero dove la tassazione è molto più equa e i capitali fruttano molto di più.
Anche noti editorialisti di sinistra (come Massimo Fini su Il Fatto Quotidiano) iniziano a rimpiangere Berlusconi. Fu il Cavaliere in primis a ritenere "moralmente giustificati" coloro che evadono le tasse in uno Stato in cui non mi si chiede massimo un terzo del reddito percepito per i servizi ricevuti in cambio, ma la metà di ogni mio profitto. Oggi, con Monti al governo, tra patrimoniali e stretta al contante, sarà possibile dichiarare senza temere contraddittorio che un (dichiarato) liberale uccide il liberismo. Non c’era bisogno di un governo tecnico per aumentare fino all’impossibile la pressione fiscale, non era questo il compito a cui erano chiamati. Semmai, dall’alto della loro esperienza, avrebbero dovuto ingegnarsi nel rilanciare l’Economia del Paese ed abbattere l’imposizione fiscale facendo tornare a galoppare il Pil e dando una frustata al cavallo dell’Economia. Non il contrario. E’ quindi ancora giustificato sognare uno Stato in cui non valga la regola del "Pagare tutti per pagare meno", ma in cui si attui la filosofia del "Pagare meno per pagare tutti". Certo però non sarà Mario Monti il nuovo Berlusconi liberale.
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