Buona questa. E anche bella. Principi dei contraffattori e delle imitazioni, i cinesi sottoscrivono un accordo con l’Italia. Il patto antifalsari nasce in occasione del G20, che si è aperto ieri ad Hangzhou, città sinonimo di ricchezza non solo di sovraffollamento di abitati, nel sud Est della Cina. L’intesa di massima c’è già, imminente la firma con il colosso Alibaba.
Fino a ieri la tutela dell’agroalimentare del Made in Italy valeva solo per la piattaforma per il commercio di tre aziende. Ora verrà estesa ai siti Alibaba, dove comprano direttamente i consumatori privati. Diventa quindi totale la protezione del Made in Italy nelle transazioni con 430 milioni di compratori online cinesi. Nuovi numeri dovrebbero superare ovviamente quelli del precedente accordo.
Più che buona e bella, questa è una splendida notizia. L’immenso Paese storicamente abile in contraffazioni sceglie di cambiare totalmente atteggiamento nei confronti dei prodotti dell’agroalimentare con il marchio Made in Italy. Il passo avanti nel rafforzamento dell’industria italiana nella seconda economia del mondo è maturato durante la visita del premier Renzi al campus di Alibaba. La società leader nel commercio elettronico ha base proprio a Hangzhou. L’incontro con Jack Ma, fondatore di Alibaba, è risultato fondamentale per la firma del nuovo accordo in favore dell’agroalimentare italiano in Cina.
Un esempio, soltanto uno. L’intesa consentirà di raddoppiare (questa almeno è la speranza) le esportazioni di vino da 100 a 200 milioni di euro nel 2018. Renzi ha promesso che tornerà l’anno prossimo in Cina, in visita ufficiale, con l’intento chiaro di ampliare lo spazio del percorso appena cominciato. All’accordo con Alibaba hanno lavorato anche i ministeri delle Politiche Agricole e degli Esteri. Oltre all’Ice per la difesa dei prodotti Dop e Igp, intrapresa lo scorso anno con risultati che il Governo italiano giudica positivi. La prima intesa è propedeutica alla seconda. Questa non sulla tutela ma sulla promozione per spingere le eccellenze italiane sulla piattaforma cinese. Come annunciato da Jack Ma lo scorso aprile a Vinitaly Verona e in previsione della giornata del vino del 9 settembre.
Prima in Cina c’erano solo due case vinicole italiane, ora sono 50 per un totale di 500 etichette. Siamo secondi, come rappresentanza, solo ai francesi. Il vino è un settore in forte espansione in Cina. Le importazioni sono raddoppiate fino a un miliardo di euro. L’Italia conta di arrivare a 200 milioni di export entro due anni. Gli accordi di promozione con Alibaba puntano a favorire tutti i prodotti dell’agroalimentare italiano, dal Parmigiano Reggiano all’aceto di Modena. L’intento comune è di proteggere dalle imitazioni, fuori dell’Unione Europea, i marchi del Made in Italy attraverso la piattaforma online cinese. Il Parmesan, per tornare a bomba, è tra i prodotti italiani più contraffatti. Imitazioni sono presenti in tutto il mondo, dalla Cina con
Parmeson al Brasile con Parmesao. Ma c’è dell’altro, molto altro. Sui mercati stranieri si trova spesso pasta di grano tenero. I falsi spaghetti possono essere prodotti anche con farine per l’alimentazione di animali.
I vini rappresentano un fertilissimo mercato per i falsificatori. Chianti e Prosecco non originali si trovano anche sugli store online. In un mese è stata impedita la vendita di 13 milioni di Prosecco non proveniente dal Veneto. Venduto come extra vergine made in Italy, l’olio spesso taroccato è tagliato con oli non d’oliva o prodotti all’estero. Ad Hangzhou, nei preliminari del G20, il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato Matteo Renzi in bilaterale alla West Lake State Guesthous. In occasione del pranzo con I banchieri, presente anche il neo proprietario dell’Inter, Suning Zhang Jingdong, il presidente cinese ha voluto ricordare il gemellaggio tra Verona e Hangzohou, definite entrambe “città dell’amore”. Secondo lo staff di Renzi, Xi Jinping si è mostrato interessato anche alle riforme italiane. Gettate le basi su come aumentare gli investimenti bilaterali in entrambi i sensi. Schizzi di serena polemica sono reperibili nel commento finale di Renzi: “Il mondo va verso una direzione che salta le possibilità dell’Italia purchè il Paese la smetta di piangersi addosso, faccia le riforme e sia pronto a scommettere sul futuro”.
La guerra alle contraffazioni del made in Italy è andata oltre la vendita impedita di 14 milioni di bottiglie di Prosecco: cancellata la vendita di 99mila tonnellate di falso parmigiano. Un numero dieci volte superiore alla produzione autentica. Stappiamo lo spumante rigorosamente italiano, diamo pure vita allo spettacolo pirotecnico, accendiamo innocui botti, e festeggiamo. L’Italia ha tutto il diritto di farlo, visto che il Paese principi di falsari e imitatori ha deciso di vendere in Cina solo “il vero Made in Italy”. Saggia decisione accelera la lotta alla contraffazione e consente alle nostre eccellenze agroalimentari di trionfare sulle tavole di 430 milioni di persone nella Repubblica Popolare Cinese. “Xie xie”. Grazie, Cina.
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